Premio Strega

Piperno vincitore con merito, Trevi protesta e rinnega le regole che gli hanno permesso di piazzarsi

Una volta tanto ha vinto il migliore, ma mancano i criteri che permettano di non selezionare i libri brutti scritti dai soliti noti della asfittica società letteraria italiana

di Simonetta  Bartolini

Piperno vincitore con merito, Trevi protesta e rinnega le regole che gli hanno permesso di piazzarsi

I cinque finalisti al premio Strega da sinistra: Piperno, Trevi, Carofiglio e in primo piano Fois e Ghinelli

Il migliore ha vinto (Piperno, Inseparabili), il secondo classificato punta i piedi e mette il broncio (Trevi, Qualcosa di scritto), il terzo se ne frega (Carofiglio Il silenzio dell’onda), il quarto si consola pensando al Campiello (Fois, Nel tempo di mezzo), la quinta è felice di aver partecipato, di essere stata apprezzata, è la vincitrice morale, anche perché il suo libro è molto bello e ben scritto (Enza Ghinelli, La colpa).

Stiamo parlando del Premio Strega e dei suoi protagonisti nello scontro finale a cinque, giovedì 5 luglio nel tradizionale Ninfeo di Villa Giulia, la cui bellezza vale da sola la faticosa immersione in un caldo opprimente di inizio luglio che sembra incrudirsi con il procedere della notte (misteri romani che si ripetono di anno in anno)

Lo Strega è un premio strano, tanto importante quanto contestato, tanto ambito quanto criticato. Chi scrive ha dovuto prendere atto dolorosamente, e dopo innumerevoli discussioni accese e talvolta aspre con i vertici della Fondazione Bellonci di cui il premio è emanazione, che non si tratta di riconoscere il libro migliore del panorama letterario dell’anno.

Non si tratta nemmeno di cercare di individuare, attraverso la selezione, un canone che, nel mare magnum confuso e scombinato della narrativa italiana, rappresenti quanto maggiormente potrebbe avvicinarsi all’arte.

Non è neppure il luogo dove si cerca di valorizzare la bella scrittura, la prosa raffinata, o magari quella più ardita e innovativa .

Contano forse i temi? Gli argomenti? Le storie? No, anche in questo caso è indifferente quel che il romanzo racconta.

E allora quali sono i criteri di selezione del maggior premio italiano?

NESSUNO.

Non ci sono criteri artistici o letterari, non c’è una grammatica di base da rispettare per partecipare alla competizione. Occorre altro.

Prima di tutto una casa editrice che voglia partecipare, e due “amici –dei 400– della domenica” che presentino il libro al comitato scientifico del premio.

Come è evidente, in questa fase non c’è alcuna forma di selezione se non quella della decisione di partecipare o meno della casa editrice che decide quale libro dovrà concorrere.

Di solito vengono presentati al massimo una ventina di titoli, che dovranno essere ridotti a dodici dall’insindacabile giudizio del comitato direttivo dello Strega.

E qui casca il fatidico asino, nel senso che a questo punto, invece di individuare dei criteri (certo discutibili, certo opinabili, certo non universali, ma almeno letterari)– per selezionare il dodici che si sottoporranno alla lettura e al giudizio dei 400 “Amici della Domenica” che individueranno la cinquina e poi fra questi il vincitore – si procede a lume di naso.

Beh, non proprio, effettivamente dei criteri ci sono, ma vorremmo non doverli enunciare, perché quello applicato, per esempio, al libro di Trevi –arrivato secondo, selezionato in nome del fatto che Trevi non si può non ammettere anche se il suo libro non è gran che – non ci sembra un criterio accettabile.

Eppure è così.

Ecco qual è il vero problema del premio Strega, e il paradosso sta nel fatto che è stato lo stesso Trevi ad evidenziarlo dopo essere stato sconfitto da Piperno che ha scritto un libro migliore del suo.

Trevi infatti, cinquantenne che sembra non accettare di crescere, ama essere alternativo un po’ antiborghese, un po’ provocatore (ma pochino, perché i suoi amici sono tutti nella più borghese e allineata società letteraria che da «Nuovi Argomenti» si dirama nel tessuto soi disant culturale della Roma piaciona); Trevi, dicevo, dopo essersi battuto come un leone per conquistare la palma di più votato, perduta la partita di due soli voti (come spesso è accaduto in questi ultimi anni) ha ingollato male la sconfitta e ha detto che i giochi sono truccati, soprattutto nelle prime selezioni!

Emanulele Trevi 

Evviva, se n’è accorto anche lui, peccato abbia accettato le regole del gioco fin quando le ha utilizzate per classificarsi, per poi contestarle perché non ha vinto. Peccato che proprio grazie a quelle regole del gioco sia arrivato in cinquina.

 

Perché il libro di Trevi non poteva né doveva vincere

Al premio Strega dovrebbero concorrere libri di narrativa italiana, requisito necessario e sufficiente, insieme al periodo di pubblicazione che ovviamente deve stare entro limiti prefissati dal susseguirsi delle varie edizioni.

Il criterio sembrerebbe chiaro, ineludibile e soprattutto inequivocabile.

E invece no.

Nella straordinaria, abdicazione al concetto di canone, lo Strega ha buttato a mare anche quello riguardate il genere, così ormai per narrativa si accetta tutto, anche un testo, come quello di Trevi, che sta fra la cronaca autobiografica e il saggio metalettario, nel quale il fine è esporre le proprie idee intorno alla figura e all’opera di uno scrittore come Pasolini, sottoporre a critica e giudizio il mondo che ruotava intono a lui, rievocare un’atmosfera intellettuale.

Il tutto attraverso l’analisi critica (discutibilissima nei risultati e nella forma in cui viene espressa) di chi Pasolini lo ha conosciuto solo attraverso l’opera e le altrui testimonianze, ovvero della classica figura dello studioso.

Il libro di Trevi, seppure abbastanza originale, come genere è una deriva della saggistica e non della narrativa, e dunque come tale non doveva essere ammesso nella dozzina che avrebbe poi concorso alla selezione dei magnifici cinque.

Ma come si fa? Trevi è un nome, uno conta nella società letteraria, non perché abbia scritto cose memorabili, ma perché rappresenta quel milieu culturale romano dal quale non si può prescindere. Frequenta le persone giuste, e sta dalla parte giusta. Giusta, sia che vinca, perché in quel caso si tratta dell’ovvio riconoscimento dell’indiscutibile merito; sia che perda in tal caso è la moralità, anch’essa indiscutibile che vince sui maneggi che altri fanno alle spalle dei candidi intellettuali senza macchia e senza paura.

La parola chiave è INDISCUTIBILE. Trevi, e quelli come lui, non si sottopongono alla critica e al giudizio, e quel che è peggio, tutti accettano questo assunto aberrante.

Veniamo al merito, lo abbiamo già scritto in queste pagine: il libro di Trevi è brutto, è mal scritto, è un chiaro prodotto fatto per aggiudicarsi la benevolenza empatica e non critica dei giurati dello Strega, ovvero di quella parte sostanziosa di giurati che appartengono direttamente (vecchi protagonisti) o indirettamente (vedove di protagonisti) alla società culturale di Trevi e a quella che popola le pagine del libro.

E allora perché doveva vincere?

Il romanzo di Piperno, invece, è un romanzo; è ben scritto, perché Piperno, può piacere o non piacere, ma è uno scrittore.

Alessandro Piperno vincitore Premio Strega 2012

Racconta una storia che si costruisce sulla narrazione di psicologie romanzesche, nelle quali si specchia il nostro tempo. La contemporaneità nella quale viviamo, fatta di costante attenzione, talvolta morbosa, altre terapeutica, ma anche autoreferenziale e egotistica dell’analisi psicologica ad oltranza, dalla quale il più delle volte scaturisce quella dimensione incapacitante che caratterizza il malessere epocale dal quale tutti siamo afflitti.

Quel malessere che ci fa preferire il vigliacco, il pavido, il frustrato, il meschino cosciente dei propri limiti all’uomo che cerca di superare quei limiti, che tenta l’atto eroico di privilegiare l’altro da sé, si tratti della società, della famiglia, dell’essere amato, o magari della patria.

Piperno mette in scena magnificamente questo nostro mondo diseroicizzato a favore di un angosciante e angosciato ripiegamento cosciente.

E allora perché non avrebbe dovuto vincere? fra i cinque era il migliore, una volta tanto, rispondeva almeno ad una parvenza di canone letterario.

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da Roberta il 08/07/2012 12:35:54

    la casta culturale è imbarazzanteche... autocelebrativa, autoreferenziale... arrogante e prepotente... non accetta il giudizio se non vince quel che dice la cricca.

  • Inserito da Loredana il 07/07/2012 15:30:23

    Quindi, se ho capito bene, cosa premia il Premio Strega? (chiedo scusa per il gioco di parole da cantilena) L'appartenenza ad una data corporazione, che in questo caso si definisce società culturale-letteraria? Mi sembra triste. Ma molto italiano. In questo paese l'unico merito che sembra essere sempre premiato e vincente è l'appartenenza ad una casta.

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