Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
e a suscitare tante accese reazioni sono bastati due articoli di giornale, uno di Marcello Veneziani sul “Secolo” e uno mio su “Libero”, vuol dire che l’argomento affrontato aveva, come i decreti legge, le caratteristiche della necessità e, speriamo, dell’urgenza: sottrarre all’afasia e all’inconsistenza una parte importante della politica italiana, riunendo le tribù in cui si è frammentata.
Destra, siamo tutti d’accordo, è parola logorata dall’uso e riuso, come sinistra del resto, ma è difficile fare a meno delle vecchie signore che, da due secoli a questa parte, tante volte si sono scambiate di posto. Tutti vorrebbero spingersi oltre la destra e oltre la sinistra, e magari oltre il centro, ma non c’è scelta, almeno finché le aule parlamentari saranno disposte a emiciclo e il criterio geometrico rimarrà il più semplice per capire da che parte si sta. Se Camera e Senato fossero come i cinema di una volta, con la platea e la galleria, potremmo divederci in insuisti e ingiuisti, rubando i neologismi a un aureo librino di Montanelli; al momento, però, tocca accontentarsi.
Giusto vent’anni fa Giuseppe Sermonti, nell’aprire un convegno promosso da “L’Italia settimanale”, si affidò alla parafrasi ironica di uno scioglilingua per riassumere gli effetti del governo Ciampi: “Sopra la banca la patria campa, sotto la banca la patria crepa”. Non ci siamo mossi di lì; anzi, appena toccato il fondo, abbiamo cominciato a scavare. Oggi siamo soggetti a un governo d’occupazione, per il quale lo Stato è il gabelliere della finanza mondialista. Politici di lungo corso, in evidente stato confusionale, cercano di rubarsi la battuta in quella forma di avanspettacolo che va sotto il nome di talk-show. Il Pdl, concepito come un mero comitato elettorale, non è mai riuscito a trasformarsi in un partito vero: perso il potere, ha perso tutto, proprio come accadde a Dc e Psi nel declino della prima repubblica. Gli elettori gli hanno voltato le spalle; le diverse anime che pur detestandosi hanno convissuto sotto l’ombrello berlusconiano cercano di riprendersi ciascuna la propria identità, cattolica o socialista o d’impronta liberale. Una manca all’appello. L’ultima volta che è stata intravista era intenta a celebrare lo scioglimento della sigla nella quale aveva sperato di riconoscersi. Per carità: nessuna nostalgia per la diafana Alleanza nazionale, né per le care memorie del vecchio Msi. Grandi battaglie, grandi illusioni, grandi sconfitte: non è il caso di rivangare.
Neppure è il caso, tuttavia, di assistere a braccia conserte, magari invocando, in bilico tra nobiltà e narcisismo, le ragioni del disincanto. È questo il momento di rivoltarsi le maniche, per quel poco o quel tanto che si può. Mai come ora il nostro squinternato Paese, spossato dall’ideologia, ha bisogno di una destra: per ristabilire il senso dello Stato, emancipandolo dalle fameliche clientele che lo spolpano; per reclamare la preminenza degli interessi nazionali; per restituire una speranza a chi l’ha perduta. E l’agenda certo non finisce qui.
L’Italia, come cento anni fa, è tornata a essere la Grande Proletaria che cerca di alzare la fronte al cospetto delle potenze egemoni. Serve una seconda ricostruzione, morale e materiale. Questo è Itaca: un’idea in movimento, un ritorno che sia punto di ritrovo dal quale intraprendere un nuovo viaggio. Ci si vede domenica 15 luglio al Monastero Valledacqua, ad Acquasanta Terme. Benvenuti a bordo.
Inserito da ghorio il 10/07/2012 19:20:04
D'accordo con Renato Besana, del quale ricordo un articolo proprio su "Italia Settimanale" dove si menzionacva Rosario Assunto che vale 100 Gramsci(vado a memoria) ma nel centrodestra nessuno lo conosce. Adesso c'è da sperare che dal ritrovo del 15 luglio nasca un movimento di intellettuali di area che svegli questa classe politica che pensa ai propri privilegi e e si guarda bene dal fare rilanciare l'economia anche per dare speranze alle future generazioni, con le riforme necessarie, per esempio agire sulle liberalizzazioni, abolendo i vari ordini e non la presa in giro del governo Monti, e tagliando i veri sprechi che non hanno niente a che fare con lo stato sociale . Giovanni Attinà
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