Editoriale

A destra c'è voglia di destra senza nostalgismi ma con molti rimpianti

Il raduno di Ascoli ha evidenziato la necessità sempre più urgente di rifondazione, la cronaca ha confermato la profeticità dell'incontro

Giovanni F.  Accolla

di Giovanni F.  Accolla

destra c’è molta voglia di destra. E’ un’urgenza che supera la politica e - nel fallimento o nelle difficoltà del sistema - il desiderio rinasce ancor più improrogabile nella sfera delle istanze culturali e, forse, addirittura in quelle esistenziali. Il raduno di Ascoli, o meglio, l’incontro che si è svolto presso il  monastero di Valledacqua,  indetto da Marcello Veneziani e Renato Besana, a seguito del dibattito su diversi quotidiani (stimolato e ampiamente ospitato da Totalità) su l’ipotetico “ritorno a Itaca”, ne ha fornito la prova che mancava anche ai più scettici.

Identità, comunità, tradizione (intesa come fattore identitario in movimento), sono state le parole ricorrenti,  i lemmi preliminari più gettonati, per una  palingenesi anche politica della destra italiana, che è consapevole di esistere, quanto vuole e sa di essere europea, e, meglio ancora, Occidentale.

Tra gli elementi più interessanti emersi dalle relazioni dei circa cento ospiti, è che la destra italiana, al meno quella (per altro eterogenea) presente ad Ascoli, non è per nulla affetta da nostalgia di qual si voglia natura, ed è, anzi, perfettamente inserita nel solco della modernità che viene interpretata, elaborata e criticata in chiave sempre prospettica e assolutamente pragmatica. In caso, la nostalgia è sostituita dal rimpianto, quello di un ventennio sprecato (o non sufficientemente utilizzato) costellato di occasioni politiche ed assieme culturali, perse nell’urgenza di governare in compagini spesso refrattarie ad assorbire il suo dettato e le sue soluzioni economiche, sociali o più complessivamente culturali.

Certo, al convegno e ai suoi promotori non si poteva chiedere di spazzare in un sol giorno le ragioni della divisione e di costituire una destra unita in un unico solo cartello o partito. Senz’altro, invece, dalle persone, per altro anche influenti ed autorevoli, che hanno risposto all’appello di Veneziani ci si potrà attendere che vigilino su eventuali ulteriori frammentazioni e che continuino con forza nell’azione di stimolo per l’individuazione di una sintesi politica che abbia l’efficacia di un’unica luce da trarre nella costellazione delle varie destre nazionali. Anche se la cultura può prendersi il lusso di perseguire la verità molto più pervicacemente di quanto non lo possa fare la politica, ad Ascoli la speranza e il desiderio non hanno scavalcato il confine del possibile. L’intelligenza non s’è fatta mai lusingare dall’Utopia.

Ma è pur vero che, in un orizzonte affatto ipotetico e per nulla lontano nel tempo, sembra che gli eventi giochino per la soluzione suggerita da Veneziani. Risulta, infatti, piuttosto scomoda l’ipotesi della convivenza degli ex-An all’interno di un Pdl che, su desiderio di un Berlusconi ritornato sulla scena, ripara - in modello elettorale proporzionale - verso la rifondazione di Forza Italia.

Ancora una volta, molto probabilmente, saranno le regole più che le idee e i valori (con buona pace di tutti i principi culturali, tanto ben espressi, ad Ascoli) a indicare la strada alla politica. Se, infatti, il parlamento approverà una legge elettorale proporzionale, con l’orizzonte - al meno per gli ex o neo-forzisti -  di un futuro governo di larghe intese, all’interno del quale saranno protagonisti anche alcuni degli attuali ministri del governo Monti, per gli esponenti provenienti dalle fila di An, sarà piuttosto disagevole il ruolo di “componente destra” all’interno di un unico soggetto politico guidato da Berlusconi. In tal caso Marcello Veneziani più che un novello Ulisse potrebbe assurgere al ruolo se non di profeta, al meno di veggente!

Ora, se Itaca è ovviamente una metafora, per la destra assai reale e impellente è diventato trovare - per rimanere in tale metafora - un Ulisse tanto valoroso da prendere una qualunque rotta che sia abbastanza persuasiva per tutti. Perché, anche ad Ascoli s’è in tutta evidenza compreso, che il vero problema della destra - al di là delle distinzioni, delle eccezioni e dei legami politici e amicali - o meglio, il grave problema che riguarda anche della destra, è quello di una classe dirigente presa in contropiede dagli eventi e oramai priva della necessaria credibilità dinnanzi al proprio elettorato, quanto al proprio popolo, alla propria comunità di militanti e di amministratori locali.

Quest’ultimi in molti casi sia giovani che capaci (se ne sono visti alcuni ad Ascoli, lì pronti ad intercettare l’atmosfera), ma oramai privi di riferimenti e di indirizzi certi da parte di  quello che una volta si chiamava partito.

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