Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
e polemiche nei confronti della “casta”, ormai dilaganti, sotto la spinta del movimento dei “grillini” e delle inchieste della “grande stampa” , non rivelano niente di nuovo, almeno dal punto di vista di una destra che contro gli eccessi della partitocrazia è sempre stata in prima linea.
Intellettuali come Panfilo Gentile e Giuseppe Maranini, emarginati, negli Anni Sessanta, per le loro robuste critiche verso le “democrazie mafiose”, o politici “fuori dal coro”, seppure con una storia personale e politica agli antipodi, come Giorgio Almirante e Randolfo Pacciardi, hanno rappresentato i punti di riferimento “alti”, culturalmente e politicamente, di una polemica non qualunquista, rispetto agli eccessi della partitocrazia e ai privilegi del potere politico.
Le campagne di stampa contro l’occupazione partitocratica (pensiamo, in questo ambito, al ruolo che hanno avuto riviste come “il Borghese”, “Candido” e “Lo Specchio”, tanto per citare le principali), le denunce contro le inefficienze “strutturali” del bicameralismo e la dispersione dei poteri (tra comuni, province e regioni), la necessità di una nuova “etica pubblica” contro il regime dei “forchettoni” (democristiani e social-comunisti) rimangono esempi unici ed emarginati, ma non marginali, di una battaglia politica che ha segnato,da destra, i decenni del lungo dopoguerra italiano.
Di quella fervida stagione rimangono inalterate molte delle ragioni di fondo che l’animarono: gli eccessi del bicameralismo, lo strapotere della partitocrazia, l’instabilità politica, la lontananza tra Paese reale e Paese legale.
Vedere sbandierate, oggi, queste polemiche come una novità ed una necessità, soprattutto da parte di organi d’informazione che, per anni, su queste questioni, hanno adottato la politica dello struzzo (rispetto alle palesi debolezze del nostro sistema democratico) accusando di lesa maestà (contro la democrazia) chi denunciava, da destra, gli eccessi del sistema dei partiti, lascia più che perplessi, rendendo ormai palesi, dietro queste polemiche, interessi e poteri reali, pronti al “rimpiazzo” della vituperata “casta” nel nome di oscure alternative.
Più che rimarcare la dose, occorre allora, su questo versante, sgombrare il campo dagli equivoci, al punto, quale doveroso contraltare di certe sfibranti polemiche “anti”, di rivendicare, con orgoglio, il ruolo della rappresentanza politica. Non certo quello di oasi di privilegio, quanto di manifestazione della volontà popolare, di fattore di indirizzo politico, di espressione del Paese reale, nelle sue diverse componenti territoriali e sociali.
Pensiamoci bene. Un potere politico debole, sotto pagato, non garantito nel suo ruolo, rischia di restare in balia di lobbies e “poteri forti”, pronti a sostenerlo in modo più o meno occulto. L’autonomia dei “rappresentanti del popolo” viene messa sotto scacco da poteri extraparlamentari ed extrapolitici. Il denaro “pubblico” (i costi della cosiddetta “casta”) sono sostituiti da quelli privati, rendendo ancor più manifesto quello che un grande polemista francese, Charles Maurras, individuava come le leve del comando in “regime di democrazia”, il Denaro: “Niente denaro, niente opinione espressa. Il denaro è il genitore e il padre di ogni potere democratico, di ogni potere eletto, di ogni potere tenuto nella dipendenza dell’opinione”.
I partiti , pur con tutti i loro limiti, sono stati, per anni, un elemento di moderazione rispetto a questo potere, facendosi certamente essi stessi strumento di potere, ma anche di partecipazione, di cooptazione politica, di selezione del vituperato ceto politico.
Da destra, da parte di una destra che, per anni, da sola, ha evidenziato i limiti e le storture di un sistema, può venire l’appello al buon senso e alla “buona politica”, che non è necessariamente tornaconto personale o di gruppo, ma è, deve tornare ad essere, passione civile, partecipazione, onestà, radicamento territoriale e sociale.
Per arrivare a questo occorre però uno scarto culturale e generazionale, che riattivi i canali – oggi interrotti – tra Paese reale e partiti, che riaggiorni modalità d’intervento e proposte, che rilanci quella passione civile, smarrita e confusa.
Tutto questo – ne siamo ben consapevoli – non si crea a tavolino. Spesso sono le contingenze, politiche e sociali, a favorire questi “scarti” (pensiamo solo a ciò che avvenne nel 1994).
Quello che appare prioritario è che, pur in presenza delle esasperazioni di un sistema fatto di privilegi e di inefficienze, non si può gettare con la classica “acqua sporca” anche il bambino, con il rischio di favorire così l’emergere e l’affermarsi di una nuova casta, al servizio di “poteri” non meglio identificati.
Inserito da Crispino il 27/07/2012 19:56:15
Bene Bozzi Sentieri, ci voleva da tempo un richiamo alla buona politica, tradizionale aspirazione della destra. A tale specifica caratteristica, spero non sia illusione, dovrebbe innanzi tutto richiamarsi l'appello lanciato da Venezioni e Besana. A proposito ,da parte di tutti noi a destra , l'iniziativa per ridare alla classe politica un minimo di credibilita' dovrebbe essere piu' incisiva.. E' inutile che i soliti furbetti consiglino di aspettare che passi la bufera mediatica. I privilegi della "casta" restano scandalosi; dobbiamo batterci affinche' cessino. Non si puo' lasciare strada libera a Grillo.
Inserito da pietro46 il 27/07/2012 15:20:56
"da ds può venire l'appello alla buona politica".Sicuramente l'appello ci sarà dato che il terreno rimasto incomincia ad essere troppo vicino al baratro...ma dopo siamo sicuri di non ritrovarci ancora con nani,ballerine, suocere,mogli,premiate dinastie ,premiate famiglie ecc.ecc.dato che messo il dito nella marmellata è meglio mettere tutta la mano e magari riempire il congelatore e fregarsene(anche solo nel rispondere)di qualche LECITA richiesta?45anni persi per l'arrivismo personale degli alrtri?a malincuore no grazie.
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