Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
uò bastare qualche lavagna interattiva e qualche tablet a rendere “moderna” la scuola italiana ? La domanda viene spontanea alla notizia dell’ “accordo operativo”, firmato il 18 settembre a Roma, nella sede del Ministero dell'Istruzione, università e ricerca, dal ministro Francesco Profumo ed i rappresentanti di undici regioni (Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Molise, Marche, Piemonte, Umbria).
Scopo dell’accordo favorire l’innovazione pedagogica, investendo sulla formazione degli insegnanti, premessa necessaria per realizzare la “rivoluzione digitale” nelle aule, attraverso le cosiddette ''cl@assi 2.0'', classi dove, oltre alla presenza della lavagna digitale, ogni studente ed ogni insegnante ha un proprio portatile tablet con cui dialoga con gli altri e con la stessa lavagna, accede alla rete, utilizza libri e contenuti digitali.
Uno scenario da “guerre stellari”, che purtroppo si scontra con le gravi carenze strutturali e gestionali di una Scuola in affanno e non certo perché poco…”tecnologica”.
Le scuola italiane sono vecchie, strutturalmente vecchie (quattro edifici scolastici su cento risalgono all’Ottocento e il 14,8% degli istituti risulta riadattato per uso scolastico), perché su di esse, a partire dagli Anni Novanta si è investito poco e male, limitandosi a gestire l’esistente, anche dal punto di vista del corpo docente,
Vecchi, demotivati e mal pagati sono gli insegnanti italiani, secondo l’ultima indagine dell’Ocse, L’Italia investe il 4,7% del proprio Pil in istruzione contro una media Ocse del 5,8%, mentre gli stipendi dei docenti restano fra i più bassi d’Europa, con il massimo dello stipendio che arriva dopo 35 anni di lavoro. E anche raggiunto l’obiettivo si resta sotto la media degli altri stipendi: 39.762 dollari in Italia, oltre 45.000 mediamente negli altri paesi.
Il dato più allarmante e inedito è quello relativo all’ereditarietà del titolo di studio.
In Italia chi nasce in famiglie con redditi poco elevati e con genitori con titoli bassi di istruzione ha scarse possibilità di avere un lungo percorso scolastico. Ad esempio il 44% di giovani 25-34enni i cui genitori non hanno completato l’istruzione secondaria superiore fa la stessa fine, si ferma alle medie.
Strutture, corpo docente, percezione sociale: reggendosi su queste “tre gambe”, la Scuola italiana mostra tutta la sua gracilità.
Al fondo una sostanziale assenza di meritocrazia e di consapevolezza del ruolo per la stessa tenuta del sistema-Paese. Senza meritocrazia non ci sono sistema premiante e giuste remunerazioni per il corpo docente, Senza un’autentica consapevolezza del suo ruolo non ci sono strutture adeguate e strumenti di sostegno atti ad evitare gli abbandoni scolastici.
Per questo l’idea della “rivoluzione digitale” nella Scuola ci lascia un po’ perplessi. Non tanto per un rifiuto verso le nuove tecnologie quanto per la loro inadeguatezza a rispondere alle autentiche necessità di modernizzazione del sistema scolastico italiano. Un po’ come mettere il motore di una Ferrari su una vecchia 127…
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