Editoriale

Non volevamo morire democristiani, ma moriremo montiani

Scenari futuri niente affatto esaltanti, ma drammaticamente realistici

Giovanni F.  Accolla

di Giovanni F.  Accolla

anto tuonò che piovve. Il centro destra si è scoperto più montiano di Monti. Berlusconi dixit: per favorire l'unità dei moderati di centrodestra e per non consegnare il Paese alla sinistra di Fiom, Cgil e Vendola, sono pronto a fare un passo indietro.

Mi fa tristezza dire “lo avevo detto”, ma lo avevo detto più volte detto e scritto. E’ un percorso obbligato al quale, in fine (ma davvero alla fine o già da principio?) lo stesso leader del Pdl ha aderito pubblicamente, prima facendolo annunciare al segretario Alfano (dinnanzi ad un incredulo Casini e ad uno stizzito Enrico Letta), poi affidando il suo pensiero e la sua voce a Maurizio Belpietro.

Berlusconi ha aperto alla possibilità che sia proprio l'attuale premier a guidare il rassemblement di moderati dal quale (attenzione, che paura!) non può restare fuori nemmeno Fini. “Quando i moderati devono fare massa - ragiona Berlusconi - tutti devono esserci, non si possono sottrarre voti, nemmeno quelli di un singolo partito, è quindi obbligatorio che siano tutti assieme”.

E se "Casini e Montezemolo per dar vita a un nuovo schieramento con il Pdl non vogliono Berlusconi, Berlusconi si toglie dalle scatole" ha chiosato. "Non c'è trucco né possibilità di ripensamento" ma c'è un grande lavoro da fare per unire i moderati che poi dovranno "scegliere tutti insieme il loro leader". Intanto il Pdl cambierà simbolo perché "Popolo della Libertà è un bel nome, ma l'acronimo Pdl non comunica nessuna emozione".

Questa è la cronaca delle ultime ore. Non c’è tempo per chi si meraviglia. L’operazione è ufficialmente partita: certo rimangono ancora abbastanza oscure molte modalità - che non sono affatto dettagli - con le quali il progetto potrà dirsi compiuto. Certo, poi, che se la forza centripeta a cui il centro destra si affida è solo e, ancora una volta, la chiamata all’unità contro le armate comuniste… il messaggio è davvero assai debole. Ma è un progetto, in fin dei conti neanche così scontato - al meno nel suo cuore: il passo indietro di Berlusconi - che pone non poche questioni e conseguenti imbarazzi sulla scena politica generale.

A sinistra, Bersani sarà ora costretto a tenersi sempre più vicino Vendola e probabilmente a lanciare messaggi di distensione a Di Pietro (che alzerà la posta e lascerà Grillo al suo destino di performer), mentre Renzi sgombrerà il campo dall’equivoco di “intelligenza con il nemico” acquisendo più considerazione e consensi all’interno del Pd.

E’ sempre sul fronte del centro destra che le questioni del centro destra si fanno complicate. A parte una smilza schiera di esponenti del Pdl, da sempre favorevoli ad un orizzonte montiano - se non aperti sostenitori di una riedizione ragionata dell’attuale governo - come Franco Frattini (il quale ha sempre guardato con fiducia al PPE come contenitore naturale), le posizioni sono parecchio distinte e un po’ - mi si passi il gergo -  incasinate.  

Alemanno, Crosetto, gli stessi “Formattatori” capitanati dal sindaco di Pavia, Cattaneo (il quale ha detto chiaramente che, però, non crede affatto nelle doti di talent scout di Berlusconi),  invocano le primarie del Pdl (o di tutta l’aria del centro destra, a tal punto?), altri vecchi leaders (non faccio i nomi per pietas) sono rimasti abbastanza basiti.

Gasparri, La Russa e buona parte degli ex-An, poi, al momento tacciono. Forse che oltre al passo indietro, Berlusconi non pensi anche a quello che oggi viene chiamato spacchettamento del Pdl? Je ne sais pas. Ma pare un’ipotesi ancora aperta.

E ora Casini? Vien da legittimamente chiedersi. Eh, per il centrista son finiti gli alibi, è terminata la politica dei due forni. Le ragioni del terzopolismo (semmai ce ne siano mai state) non hanno più ragion d’essere. E’ giunto il momento che Pier spieghi al suo elettorato qual è la rotta da seguire, e soprattutto, di che pasta è fatto. Pur rimanendo aperta la frattura con la Lega… già, Maroni? Non ho trovato sul tema nessuna dichiarazione.

Due questioni, a mio avviso, permangono di fondo. La prima un po’ sciocca, ma che s’impone all’evidenza: non si poteva arrivare prima a questa, diciamo la verità, abbastanza logica (se non banale), decisione? Credo che in cuor suo Berlusconi sperasse in Alfano per fargli piazza pulita intorno. Credo che se Berlusconi avesse, poi, preso tale decisione un anno fa, Monti sarebbe rimasto alla Bocconi.  

La seconda più complessa: al di la dell’agenda Monti, quali saranno i contenuti non solo della campagna elettorale, ma costruiranno l’identità di questa nuova, ritrovata unità del centro destra?

Il Paese ha bisogno di regole inedite che aiutino e sostengano la buona politica che a sua volta sia capace di far dimenticare buona parte di quella degli ultimi anni.

Sarebbe bello, straordinariamente alto e necessario credo, se, almeno coloro che auspicano per davvero il passaggio alla terza Repubblica e che si dicono antagonisti della sinistra stantia e conservatrice (nell’accezione tutta comunista) ponessero come condizione di governo una legislatura costituente.

La Carta costituzionale (ho messo la maiuscola per rispetto e per non essere equivocato) non è un feticcio (è come la tradizione che deve essere viva per essere la stella polare) in essa si annidano molti vincoli (dettati dal tempo e dal clima di emergenza in cui fu vergata) alla crescita tanto politica che generale del Paese, e va cambiata.

A partire dall’articolo 49, quello che - definendoli associazioni tra cittadini -  non circoscrive e non pone controllo sui partiti. Lusi, Fiorito e compagnia bella insegnano.

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