Editoriale

La porti un vaffa... a Torino, caro Marchionne

Oggi solidarizzo con il mio non troppo amato sindaco e soprattutto con la mia amatissima città.

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

errebbe da ricordare all’egregio sig. Marchionne, che tra l’altro tutto è fuorché torinese, che Vittorio Alfieri era talmente disgustato del Piemonte da volersi “spiemontesizzare” e scelse questa povera e piccola città in riva d’Arno per i suoi ultimi anni e venire sepolto in quella chiesetta chiamata Santa Croce, che un certo sig. Foscolo immortalò in una poesiola che ancora oggi si legge nelle scuole e che forse sopravviverà anche ai barbudos in versione manageriale.  Forse un remoto domani, dato ma non concesso che ci sia ancora una civiltà da ricordare, qualche studente di storia contemporanea dirà … “Marchionne, chi era costui? “ sforzandosi di ricordare qualche noterella a piè di pagina.  D’altra parte, bisogna compatire Marchionne: avendo compiuto i suoi studi in Canada, deve essersi evidentemente perso tra le renne che saranno anche eccellenti guide manageriali, ma evidentemente poco formate e informate in storia, storia dell’arte, etc.; per quanto, spesso e volentieri, anche le renne, per non dir del ciuco, siano preferibili a quel carrozzone che è la Fiat, con tutto il rispetto delle vere e autentiche professionalità che ci hanno lavorato e ci lavorano.

Come ha magistralmente sottolineato Simonetta Bartolini, la cafonata – cantonata dell’amministratore delegato Fiat  è tra l’altro un grosso regalo alla causa di Renzi, che rischia alla fine di venire eletto per davvero suo malgrado e malgrado non abbia certo dato eccellente prova di sé nel gestire quella “piccola e povera città” che però è anche una delle capitali della cultura, europea e non. Ebbene è forse emblematico il caso recente (per tacer del pregresso)  del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, dove nel maggio scorso è crollato un piccolo pezzo di soffitto, sufficiente però a bloccare le rappresentazioni. Ebbene, tanta è stata la solerzia nel ripararlo che anche la grande Turandot della città proibita, in programma a fine novembre (!), dovrà rassegnarsi a una forma semiscenica nel nuovo teatro incompiuto: da una parte crolla il soffitto, dall’altra manca il palcoscenico; e questo non per l’appunto in un povero teatruccio come potrebbe pensare il  Marchionne della situazione, ma in uno dei primi teatri  Europei; e il presidente del consiglio di amministrazione è precisamente il sindaco.

È proprio il caso di dire Nessun dorma, caro il mio Renzi! Se poi però l’orizzonte politico non sembra offrir di meglio di un cocktail tra Bersanodonti e vispi Vendolovich da un lato e dall’altro un bel fronte che dai democristiani di Casini arrivi al Depretis in ventiquattresimo di Montecitorio e a vari materiali più o meno galleggianti del PDL ( per tacere pietosamente dei relitti di marca AN)  per offrire di nuovo la seggetta a mister Mario e alle sue schiere di tagliatori di tasche, ecco che  anche il” pupo” di Firenze (o per esser precisi, di Rignano sull’Arno) può apparire una sorta di Gandalf, difronte alla schiera di Gollum avida di inghiottirsi quel poco che resta del tessoro  nazionale (chi non ha letto Tolkien mi perdoni la citazione …. E soprattutto mi perdonino Gandalf e anche Gollum). C’è pertanto da temere che gli italiani, da tanto, troppo tempo avvezzi alla logica del “meno peggio”, dai tempi dell’aureo montanelliano consiglio di votare DC turandosi il naso, finiscano per davvero per risciacquare i panni in Arno …. che però è leggermente più inquinato di quello dei tempi di Manzoni. Anzi, sarebbe il caso di dire, parafrasando Boito: “E non votando il Bello, ci abbranchiamo all’orrendo”.

Ma nonostante tutto questo, da fiorentino e da toscano anche io oggi solidarizzo con il mio non troppo amato sindaco e soprattutto con la mia amatissima città, che sarà sicuramente piccola e povera per chi ha un calcolatore di profitti al posto del cuore e il cervello in una parte anatomica decisamente più bassa della testa  e che tra l’altro, forse proprio in virtù di tale deretanesca fattezza, dimentica che la “prodigiosa” azienda che si trova a dirigere è stata più volte salvata dal “sangue” degli italiani, toscani e fiorentini compresi. Pertanto, caro Marchionne, la porti un bel vaffa a Torino (con tutto il rispetto per i torinesi, s’intende) . Vorrà dire, mi si passi la battuta, che da oggi Firenze avrà un motivo in più, oltre alla Juventus, per non amare troppo il capoluogo piemontese.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da antonino57 il 14/10/2012 15:00:53

    Forse, stimando la ricchezza di una città solo sulla base della auto che riesce a venderci, Marchionne ha concluso che Firenze è "piccola". Comunque il commento dal sen fuggitogli ne svela l'animo. Occorre farne tesoro e ricordarselo.

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