Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
“Il primo round è finito. Ora dobbiamo prepararci per il secondo, contro l’Austria”. Così parlò Nicola Pasic, primo ministro serbo, all’indomani dei negoziati che chiusero la prima guerra balcanica, nei primi mesi del 1913, solo per dare il via nell’estate dello stesso anno alla seconda per la spartizione del bottino tra gli ex alleati diventati ora acerrimi nemici (come del resto sin troppo facilmente prevedibile). Soprattutto però la prima guerra balcanica ebbe l’effetto innescare fatalmente la polveriera dei Balcani, ponendo i presupposti di quella immane tragedia europea che fu la Prima Guerra Mondiale, che segnò il collasso e il suicidio non solo della potenza, ma anche per certi aspetti della civiltà del vecchio continente. E le sinistre parole del primo ministro serbo lasciano poche incertezze su chi abbia il dubbio onore non delle responsabilità non del conflitto (molto più diffuse e complesse), ma almeno della scintille che lo fece deflagrare.
Esattamente cento anni fa, nell’ottobre 1912, si consumò dunque il prologo di una tragedia per l’epoca inimmaginabile , anche se poi il “secolo breve” riuscirà a fare persino di peggio. Ma quando scoppiò, il nove ottobre 1912, la prima guerra balcanica stupì il mondo per la sua rapidità e per come quattro stati di nuova o recente creazione, ovvero la Serbia, il Montenegro, la Grecia e la Bulgaria, riuscissero nel giro di 40 giorni a mettere in ginocchio l’impero Ottomano; che sebbene fosse il “Grande Malato” della ribalta internazionale aveva ancora una potenza di discreto livello. Nacque forse proprio allora quel mito del “Blitzkrieg”, la guerra lampo che sarebbe stata per ben due volte il tragico miraggio dello stato maggiore tedesco. Per molti aspetti, il conflitto era stato una conseguenza del congresso di Berlino del 1878, che aveva dato ai Balcani una sistemazione mirante soprattutto ad equilibrare gli interessi delle grandi potenze e ad evitare una egemonia dell’impero russo, che fu scongiurata specialmente grazie a Bismarck. Ma sia la Bulgaria, stato di nuova creazione nella forma di principato tributario all’impero Ottomano, sia la Grecia ne uscirono fortemente insoddisfatte.
Nel 1908, la rivolta dei “Giovani Turchi” a Costantinopoli aveva messo fine al dominio assoluto del sultano Abdul Hamid II, che si era impegnato a concedere un regime costituzionale. Pochi mesi dopo però (aprile 1909) vi fu un tentativo controrivoluzionario ispirato dallo stesso sultano: il suo fallimento comportò l’abdicazione e l’esilio del sovrano, sostituito dal fratello Maometto V che era però privo di potere effettivo.
Di questa ennesima crisi approfittò l’Austria per annettersi la Bosnia – Erzegovina, che amministrava già dai tempi del congresso di Berlino; ma rimise in modo anche le mire dei giovani stati balcanici nei confronti della Rumelia o Turchia europea ; anche perché i Giovani Turchi cercarono di dar vita a un rinnovamento dell'Impero, che però puntava soprattutto ad eliminare la coesione su base musulmana del regno di Abdul-Hamid cercando, in linea con le tendenze nazionalistiche del periodo, di puntare a un ruolo centrale dell’etnia turca. Le riforme dei Giovani Turchi colpirono così tutte le minoranze dell'Impero. La Rumelia, all’inizio del XX secolo, era costituita da sei vilayet (provincie) : Adrianopoli (la Tracia orientale e centrale), Salonicco (la Macedonia egea e la Tracia occidentale), Monastir (la Macedonia centrale ed occidentale e la parte centrale dell'odierna Albania), Giannina (l'Epiro e l'Albania meridionale), Scutari (l'Albania settentrionale) ,Kosovo (l'odierna regione più Sangiaccato e Macedonia settentrionale ). Una bella … macedonia etnico religiosa, in cui la situazione era tutt’altro che tranquilla: rivolte locali, attentati e guerriglia permanente rappresentavano per così dire la “normalità”.
A dare il “segnale” ai nuovi stati Balcanici e soprattutto alla Bulgaria fu proprio la guerra italo – turca del 1911, che sembrava accelerare il processo di disgregazione dell’Impero ottomano. E’ di questo periodo una canzoncina satirica “il lamento del Gran Turco” in quest’ultimo si lamentava degli attacchi che gli giungevano da tutte le parti (“Gli italiani – pure quelli! – mi fregarono i Dardanelli … e persino la Bulgaria volle fare la porcheria!) Nel 1911 partirono anzitutto contatti bilaterali Bulgaro Serbi, incoraggiati dalla Russia che più tardi se ne sarebbe amaramente pentita, una volta compreso cosa stava contribuendo a mettere in campo. Lo scoglio più grave rimaneva il futuro destino della macedonia: scartata l’idea iniziale della Bulgaria di farne una provincia autonoma ( per poi … mangiarsela meglio!) si giunse a definire una parte spettante alla Serbia ed una spettante alla Bulgaria, con in mezzo una vasta "zona contesa" che sia Serbi che Bulgari rivendicavano per sé. Si convenne infine che la sorte della zona contesa sarebbe stata definita a guerra conclusa, tramite l’arbitrato dello zar russo. In realtà, la questione macedone si rivelerà cruciale per la rottura dei rapporti tra gli alleati e lo scoppio del secondo conflitto balcanico. Ben presto si aggregarono anche la Grecia, interessata soprattutto al possesso di Creta, e il Montenegro. Fu proprio quest’ultimo a dar fuoco alle polveri per una disputa di confini su un villaggio albanese: si trattava di una questione già scoppiata in luglio ma allora abbandonata, perché i tempi non erano sufficientemente maturi. Il fronte, molto vasto si allargava dal Mar Nero all’Egeo, i teatri principali erano la Tracia e la Macedonia. I Bulgari arrivarono a mobilitare quasi trecentomila uomini, i Serbi altrettanti , i Greci circa centomila, i Montenegrini trentacinquemila. Le loro armi erano di fabbricazione soprattutto austriaca e tedesca. I turchi avevano in Rumelia circa cinquecentomila uomini, dall’armamento abbastanza composito. Tutte le nazioni belligeranti, a eccezione del Montenegro, misero in campo apparecchi più pesanti dell'aria soprattutto come ricognitori, anche se vennero improvvisate anche alcune azioni di bombardamento .
Già alla fine di Novembre, quasi tutti i territori europei dell’impero ottomano erano in mano ai quattro alleati. Vi fu dunque un primo armistizio, ma si trattò di una manovra diversiva ottomana e i combattimenti ripresero già in gennaio. Peri turchi fu un disastro ancora peggiore: il 26 marzo si arrendeva ai Bulgari la piazzaforte tracia di Adrianopoli, che era il punto di forza della potenza turca nella zona. Era come se la sconfitta di Bisanzio fosse stata finalmente vendicata. Il 15 aprile si arrivò a un nuovo armistizio che condusse infine alla pace siglata dal trattato di Londra il 30 maggio 1913. Il 29 giugno già scoppiava il secondo conflitto.
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