Editoriale

Cosa a accadrà domani? Astensionismo e sfiducia crescente nella politica.E poi?

Le elezioni siciliane ci fanno riflette sul nostro futuro che si rivela sempre più preoccupante

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

ll’indomani della vittoria del pd Rosario Crocetta nelle elezioni regionali in Sicilia, abbondano i commenti sui risultati e sui flussi elettorali, sul crollo di questo o quel partito, sull’affermazione del “Movimento Cinque Stelle”, sulle prospettive (problematiche) di formazione di una stabile alleanza di governo e così via. Si parla meno, invece, dopo le preoccupate constatazioni della prima ora, dell’astensionismo record.

Considerata la percentuale degli astenuti, si calcola che il nuovo Presidente della Regione Sicilia sia stato eletto con il 14% dei suffragi degli aventi diritto, e questo la dice lunga sulla forza e sul prestigio che dovrebbe derivare da un successo coronato da un’investitura popolare e che invece, in questo caso, minaccia di essere una fonte di debolezza e di “ricattabilità”.

Certo, le regole della democrazia contemplano anche questa ipotesi, forse per scoraggiare la fuga dalle urne: così, da queste uscirà comunque un vincitore; tanto vale, allora, partecipare con il proprio voto. Questo, almeno, predicano le vestali della democrazia; e dicono anche che, in fondo, un’elevata astensione dal voto è prassi corrente in quelle mature - USA in testa – e denotano tranquillità e fiducia nelle Istituzioni da parte dei cittadini.

Sull’argomento, vale la pena di rileggere “Saggio sulla lucidità”, un romanzo – a dispetto del titolo – di Josè Saramago, con una vaga aura di preveggenza.

La storia si svolge nella capitale di un imprecisato paese democratico, appunto, dove inaspettatamente, in occasione di una consultazione amministrativa, si determina una massiccia maggioranza non di astensioni – come nel caso siciliano – bensì di schede bianche. Ne consegue una serie di avvenimenti, alcuni dei quali improntati alla “strategia della tensione” orchestrata da un governo cinico e deciso a conservare il potere- Una linea ispirata alle regole di una democrazia di facciata, che interpreta qualsiasi anomalia nel comportamento dei cittadini come un tentativo di destabilizzare il Sistema.

In effetti, la vicenda narrata da Saramago ci fa comprendere come un popolo vessato e disilluso possa arrivare, con un inafferrabile passaparola, a scelte estreme, seppur legali. Ne deriva una sorta di teorizzazione della possibile autonomia anarchica di una Polis, che peraltro non porta affatto alla rovina. Certo, in Italia non siamo ancora a questi esiti; ma non vi è dubbio che i partiti usciti dalla “Seconda Repubblica” – già molto diversi da quelli della Prima – siano tutti in crisi (anche quelli che poi riescono a conquistare il governo di città o regioni: basti pensare che il Pd ha sì ottenuto la Presidenza della Sicilia, ma vi ha perso centinaia di migliaia di consensi).

Tutti ora guardano al “Movimento Cinque Stelle” e al suo leader, ma è lecito nutrire dubbi sulle capacità di gestire la cosa pubblica, specie in momenti di crisi generalizzata – e tralasciamo gli argomenti della politica “alta”… - di schiere di esponenti della società civile, alle loro prime prove. Si capisce allora come sia forte la tentazione di disertare le urne, non solo per le pessime prove fornite dalla classe politica nel suo complesso, ma anche per la mancata formazione di élites di ricambio all’altezza della situazione.

L’astensione, dunque, è un segnale non solo di irreversibile disistima verso i “vecchi” politici, ma anche di una diffusa perdita di fiducia nel futuro, della ineluttabilità di una deriva che investe le Istituzioni, gli apparati produttivi, i meccanismi della rappresentanza, gli stessi costumi dei singoli e delle famiglie. Qualcuno sostiene che addirittura dietro l’astensione – così come dietro l’affermazione di personaggi quali Renzi, ma anche De Magistris, Pisapia e Doria – vi sarebbe un rinnovato e disperato amore per la politica: ce lo auguriamo, perché la sopravvivenza stessa di un popolo è condizionata dalla sua capacità di esprimere leader, formazioni e meccanismi della politica.

Purtroppo, le risposte che vengono dai partiti, anche dopo i risultati siciliani, sono deludenti: si continua a parlare di alleanze – rifomisti? Sinistra radicale? Lega? Moderati? – e si fa un gran parlare delle “primarie”, per tentare di recuperare un qualsivoglia rapporto con l’Elettore, ma non si intravede una sola grande idea, un obiettivo in grado di rinfocolare gli entusiasmi collettivi. Siamo schiacciati dalle necessità, dall’assenza di alternative largamente condivise, da un’emergenza che non accenna a passare e che, con il peso della sua concretezza quotidiana, distoglie da ogni superiore istanza di spiritualità e da ogni strategia di ampio respiro.

Allora, questa crescente disaffezione nei confronti della pratica del voto presenta una duplice valenza alternativa: o si risolverà in una vera e propria abdicazione dalla sovranità popolare - come sostiene Marcello Veneziani – con la costituzione di governi privi di una genuina legittimazione popolare e magari dotati di una presunta connotazione ”tecnica”, oppure prenderà la forma di autentica rivoluzione di massa, i cui esiti potranno condurre agli scenari descritti da Saramago. Senza dimenticare che di regola, al termine delle rivoluzioni, si consolidano regimi autoritari.

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