Editoriale

Quella notte con Rauti a parlare di Carlo Magno e di Europa

Rispettava il passato sapendo che estirpandone le radici si rinuncia al diritto di dirsi uomini

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

astava guardarlo negli occhi. Non ci voleva molto a capire che le accuse di terrorismo & affini erano senza fondamento, teoremi inventati  da chi non sapeva – o non voleva – andare veramente alla ricerca della verità. Uno sguardo limpido e retto: acciaio sincero, lama diritta.

 Pino Rauti:  il mondo di Destra, quella vera, autentica, che non ha fatto cure termali a Fiuggi né ha mai pensato di doversi vergognare del proprio passato non può oggi che levarsi il cappello e inchinarsi davanti a lui.  Rauti Non  si è  mai vergognato  del suo passato, eppure fu  proprio tra i primi a dire chiaro e tondo che con il nostalgismo e con il torcicollo non si poteva andare avanti.

Conservo qui vicino a me un suo libro su Mussolini , con una dedica e parole di stima che, oggi, mi danno veramente la dimensione che anche la mia vita sia servita a qualcosa; anche se, negli anni del MSI, come tanti, non  avevo pienamente compreso la statura di Rauti e ho avversato  non tanto lui, quanto certi suoi seguaci – alcuni veramente  discepoli non all’altezza di tale maestro  – che erano pessimi banditori delle sue idee . Come il famoso “sfondamento a sinistra”  che molti di noi allora non compresero, anche perché alcuni lo intendevano come un  appiattirsi su posizioni di sinistra (che è poi quanto oggi, ironia del destino sta facendo Fini nella speranza di trovare un minimo di visibilità e legittimazione da parte dei suoi più antichi avversari).  Rauti in realtà aveva capito con grande anticipo sui tempi come le vecchie posizioni di destra e sinistra stessero progressivamente perdendo di senso e di come fosse assurdo lasciare alla sinistra il monopolio di quel “sociale” che peraltro essa stessa si apprestava a liquidare: come possiamo ben vedere e verificare oggi.

E così, gli scontri – a volte duri e difficili – all’interno del MSI, che erano però scontri di idee, animati dal desiderio di cambiare il mondo, di costruire un futuro che non fosse la livida palude della partitocrazia, dell’arrangiansi giorno per giorno,  dei piccoli ras per piccoli fans:  la “città del sole” che Rauti sognava con la consapevolezza, però, che il cammino era lungo e difficile e richiedeva una capacità di pensiero e di progettazione purtroppo quasi impossibili.  Il suo limite, forse, era soprattutto questo: capace di grandi intuizioni e di grandi progetti, non riusciva però a gestire il quotidiano e non aveva  forse  collaboratori abbastanza fidati e capaci per farlo, come dimostrò il breve periodo in cui fu alla guida del partito. E fa un effetto abbastanza penoso vedere oggi tra i fans del presidente della camera alcuni ex “rautiani di ferro”; cosa di cui lo stesso Rauti non era affatto entusiasta.

Ma non è certo questo il momento della polemica e bisogna anche ricordare che buona parte di quanto di meglio c’era a livello culturale nel MSI veniva dall’area rautiana: libri, musica alternativa, iniziative di vario genere che fanno dell’esperienza missina qualcosa di ben di più e di ben altro di un semplice fascio di nostalgie e di nostalgici, come anche oggi qualcuno pappagallescamente ripete.  Il suo fascino, come oratore e come conversatore, era fortissimo e contribuisce a spiegare il grande ascendente che aveva soprattutto sui giovani: su questi ultimi per certi aspetti, forse, più dello stesso Almirante.

Un ricordo personale: la mia esperienza politica stava ormai avviandosi al tramonto: anni ’90,  poco prima di Fiuggi: l’atmosfera era comunque quella.  Fui invitato da parte di alcuni amici (allora si diceva “camerati”) dell’ area rautiana a partecipare a Firenze a un convegno  con lui sulla Repubblica Sociale Italiana: incontro a carattere storico e data la sua presenza di grande livello. Ritenni un piacere e un onore accettare anche se questo (oggi lo ricordo come una medaglia al merito!) mi costò la “caduta in disgrazia” davanti a buona parte dell’area finiana,  grazie anche ai soliti, zelanti lacchè che sono poi quelli che hanno fatto una discreta carriera.  Più che del convegno, che comunque fu brillantissimo, ho un vivo ricordo del dopo: lo riaccompagnai in albero dopo cena ed ebbi la ventura di trovarmi da solo con lui.  Mi invitò a bere qualcosa, la conversazione scivolò sull’Europa, su Carlo Magno …. E si protrasse senza accorgersene fino alle prime ore dell’alba.   Solo da parte di Franco Cardini ricordo lezioni così belle sull’Europa, sulla sua storia, sul suo passato glorioso e sulla sua identità: con tono tutt’altro che cattedratico,  ma con l’amore e la competenza non di chi vive di passato, ma di chi sa che estirpandolo  non si è più degni di essere definiti esseri umani.  

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