Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Un momento dello spettacolo di Fiorello.
D’accordo, la dittatura dei numeri, la tirannide dello
share, consiglierebbe prudenza. Fiorello ha vinto, evviva Fiorello. I dati -
ufficiali, si badi bene - raccontano di quasi dieci milioni di spettatori, pari
al 39,1% di share, incollati davanti al
televisore per vedere lo show che, secondo l’Auditel, ha battuto tutti i record
di ascolti. Il tutto per la gioia dei vertici Rai, a partire dal direttore
generale, Lorenza Lei, che sull’operazione Fiorello si è giocata tutto. A lei
gli onori, al suo predecessore, Mauro Masi, l’onere di aver condotto la
trattativa. Così va il mondo.
Eppure “ Il più
grande spettacolo dopo il weekend”, questo il nome dello show
dell’artista siciliano, realizzato nello studio Cinque di Cinecittà, quello di
Fellini per intendersi, con tutti quegli ospiti vip che hanno riso a comando, a
beneficio delle telecamere che gli inquadravano, zeppo di parodie viste e
riviste, giocate sul dimissionario Silvio Berlusconi e sulla cancelliera
tedesca Angela Merkel, l più
grande spettacolo dopo il weekend. Un
deja vù ben fatto, confezionato ad arte, con maestria, ma non venite a dirci
che questo circo Barnum da villaggio Med è il nuovo linguaggio televisivo, la
nuova grammatica del piccolo schermo, o altre scempiaggini di questo genere. Il
canovaccio della serata, lo si è visto, sin dalle prime battute, è quanto di
più scontato ci potesse essere. L’arrivo in Taxi a voler dimostrare che
l’uscita dalla Rai di qualche anno fa era solo una “libera uscita” e non una
fuga, è stata l’evidente dimostrazione che Fiorello stava aspettando questo
momento. Quando al governo non ci sarà più Berlusconi, torno in Rai. Fiorello,
e come per Berlusconi si è parlato di berlusconismo, per l’artista siciliano è necessario parlare
di fiorellismo, essendo democristiano
dentro, intimamente convinto che sia necessario soddisfare destra e sinistra
guardando al centro, non ha fatto altro che riportare indietro di vent’anni le
lancette della televisione, tarandole su quanto Mike Buongiorno gli ha
insegnato, trasmesso attraverso mille spot, confenzionando una sorta di Gran
Varietà, una Canzonissima senza la Lotteria Italia né Corrado Mantoni, di cui
avvertiamo la mancanza. Ecco, questo è il gioco al quale ha deciso di divertirsi
Fiorello: propongo un finto nuovo,
saccheggiando il vecchio. E proprio perché questa è l’equazione uscita
dalla prima puntata del Fiorello show, la convinzione che la Rai abbia speso
troppo - 12 milioni di euro in totale, 300 mila euro a puntata il cachet
dell’animatore siciliano –. Se la seconda puntata dovesse rivelarsi un flop che
succederà? Se il circo mediatico organizzato per la prima serata dovesse manifestarsi
in un tendone instabile, chi pagherà il conto? E soprattutto, se il pubblico
televisivo, dopo aver scoperto il trucco, chiedesse indietro il prezzo del
biglietto, la Rai che farà? L’aver incensato a prescindere lo spettacolo – leggi
l’impagabile Aldo Grasso sul Corriere della Sera –: “No, per divertirsi con
Fiorello c’è poco da fare, basta lasciarsi trasportare,entrare nell’universo
pop del vecchio varietà (niente di più nuovo dell’antico) non fare resistenza”.
Allora non è meglio la replica delle repliche degli originali, che la
rifrittura?– Tutto ciò significa che nessuno ha più nulla da dire. Conta
soltanto come lo si dice. E’ come se fossimo diventati tutti dei confezionatori,
non degli animali dotati di cervello, muscoli e anima. Massì, allegria a tutti
e che Mike, assieme a Corrado, abbia pietà di noi.
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