Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Diecimila anni al nostro direttore. Parafrasi senz’altro libera ma per certi versi obbligata del “coro imperiale” della Turandot che ha visto soprattutto il trionfo di Zubin Mehta. Se infatti il fascino dell’ultima partitura pucciniana sta soprattutto nella sua ricchissima tavolozza orchestrale, aperta alle più ardite innovazioni novecentesche (Strauss e addirittura Schönberg) ma senza rinnegare la secolare tradizione del melodramma italiano, la bacchetta di Mehta ha saputo veramente evocarne in modo travolgente tutta la straordinaria magia, dai foschi notturni iniziali sino alle ultime battute totalmente pucciniane della morte di Liù; ma riuscendo addirittura nello straordinario miracolo di far avvertire molto meno del consueto lo stacco con il finale elaborato da Franco Alfano, dopo la scomparsa di Puccini.
“Turandot è stata la seconda opera pucciniana alla quale mi
sono avvicinato e proprio con Turandot ho un legame molto forte” ha dichiarato
Mehta e in effetti la sintonia tra direzione e masse orchestrali e corali è stata semplicemente perfetta. Merito
anche dell’ottima acustica del Nuovo teatro dell’Opera (e meno male, con quello
che è costato e che ancora costerà!), che ha avuto proprio con questo
spettacolo la sua prova del fuoco per il melodramma, ma soprattutto di un
direttore che è ormai l’anima stessa del Maggio Musicale fiorentino, capace di
esaltare al massimo la professionalità e la bravura di tutti gli artisti, in
una sintesi eccezionale e quasi unica di grande fuoriclasse e gioco di
squadra.
Sin dalle battute iniziali, tutti i colori e i chiaroscuri dell’opera sono stati messi in risalto creando un vero e proprio crescendo non solo sonoro, ma anche di emozioni: i cori notturni della folla ora esaltata dalle esecuzione imminente ora commossa dalla giovane età del condannato, il “tema di Turandot”, la scena marionettistica dei tre ministri realizzata con una mescolanza di “scale cinesi ed europee, ritmi binari e ternari e aguzzando legnose armonie politonali” (Roman Vlad), per limitarsi al primo atto; e in generale tutto il fascino dell’opera emerso in modo ora commovente nelle scene patetiche, come quelle legate alla dolce schiava Liù, ora brillante nelle scene ironiche e grottesche caratterizzate soprattutto dalle sonorità orientali, ora travolgente come negli splendidi pezzi d’insieme, quali il grandioso finale del primo atto.
Oltre alla direzione, di grande levatura anche quasi tutti gli interpreti: Il tipo di tenore adatto per Calaf è senz’altro un tenore lirico spinto: infatti, la zona in cui si articola la maggior parte delle sue melodie è nel registro medio-acuto , con maggiore insistenza nell’acuto, il che richiede un impegno notevole. Sicuramente apprezzabile da questo punto di vista Jorge de Leon, che ha dato prova di una robusta vocalità e anche di una buona capacità drammatica, con qualche imperfezione (perdonabile) nel fraseggio: il celebre nessun dorma è stato accolto da una vera e propria ovazione. Decisamente più deludente, invece, la prova nello stesso ruolo di Rubens Pellizzari (28 novembre). Molto apprezzati anche gli interpreti femminili: Turandot, ruolo alquanto difficile perché richiede un soprano lirico spinto o drammatico, capace, soprattutto nel secondo atto, di imporsi alle gradi sonorità orchestrali, era la bravissima soprano americano Jennifer Wilson (il 28 Elena Pankratova), che proprio con Turandot ha fatto il suo debutto nel 2002: bene anche la Liù di Ekaterina Scherbanechenko, capace di rendere in modo adeguato la dolcezza anche “vocale” del personaggio. Tra i ruoli maschili da ricordare i “tre ministri” Ping Pong e Pang ( Fabio Previati, Iorio Zennato e Iorio Zennaro) la cui capacità mimica era perfetta per il ruolo di “maschere” ora grottesche ora sentimentali , ma soprattutto “esotiche” .
E la scenografia, certo, poteva essere la parte debole dello spettacolo, soprattutto per chi conosceva la straordinaria messa in scena di Zhang Yimou: nato nel 1997, portato in tour trionfale a Pechino nella Città Proibita, questo allestimento era già stato riproposto nel 2006, sempre con un travolgente e meritatissimo trionfo. Sarebbe impossibile dire che non se ne sia avvertita la mancanza, dovuta alle note traversie dei due teatri, ancora in riparazione quello vecchio e con palcoscenico non completato quello nuovo; ma bisogna anche riconoscere che il Maggio sa affrontare i momenti di crisi con grande determinazione e capacità e l’allestimento “semiscenico” è stato sicuramente quanto di meglio si poteva offrire in questa circostanza, evitando in pieno la staticità (con forte rischio di monotonia) della “ esecuzione in forma di concerto”. Gli interpreti indossavano comunque i brillanti e fantasiosi costumi di Wang Yin della “China” imperiale, mentre per realizzare un minimo di movimento scenico è stata in alcuni momenti abilmente sfruttata anche la platea; di notevole effetto anche la proiezione su uno schermo di alcune immagini “lunari” e di statue cinesi, oltre ad alcune scene della rappresentazione a Pechino nel 1998.
Uno spettacolo dunque da ricordare, che il pubblico ha giustamente premiato con un grandi applausi e acclamazioni. Sicuramente consigliata la partecipazione alle repliche il 2,4, 5 dicembre; non è il caso di dire “Nessun dorma” perché anzi lo spettacolo emoziona e travolge a tal punto da rendere difficile prendere sonno anche dopo!
Inserito da NewBalance547 il 15/11/2014 10:53:48
Xs235New@163.com
Violetta Valéry ritorna nel suo tempo: una Traviata ottocentesca per il Maggio Musicale
Firenze: una Butterfly d'eccezione per il centenario pucciniano
Madama Butterfly tra Oriente e Occidente: Daniele Gatti legge il capolavoro di Puccini
Una favola che seduce e incanta: Cenerentola di Rossini trionfa al Maggio
Un lampo, un sogno, un gioco: Gioacchino Rossini, Manu Lalli e l'incanto di Cenerentola
Un concerto per il venerdì santo al teatro del Maggio, tra Bach e Rossini
Brahms e Dvořák in concerto al Maggio, tra musica sinfonica e corale. Il concerto del 9 e 10 febbraio scorso, con la bacchetta di un giovane direttore
Un giovane talento tra Brahms e Dvoràk: Hankyeol Yoon debutta sul podio del Maggio
Amore e morte da Wagner a Schonberg: secondo appuntamento del Maggio con un concerto diretto da Daniele Gatti
PEER GYNT: Ibsen e Grieg, inaugurazione in grande stile al teatro del Maggio