Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Bersani e Renzi al momento del voto
Non c’è niente da fare, non si cambia. Chi avesse avuto una minima speranza in un rinnovamento del sistema della politica dopo il ballottaggio delle primarie può tranquillamente acquistare un biglietto per l’Australia e andarsene da un paese che ha scelto di non cambiare, di rimanere con la corrotta, privilegiata, casta politica italiana, tale e quale da troppi anni.
Come da previsioni Renzi ha perso il ballottaggio delle primarie del centrosinistra contro Bersani. E con Renzi ha perso il tentativo, come ha detto lo stesso sconfitto, di cambiare tutto e non perché tutto rimanesse com’era, ma per compiere una rivoluzione pacifica.
Voleva mandare a casa l’apparato di partito, Renzi, voleva che chi aveva contribuito in maniera decisiva al fallimento dell’Italia (la sinistra per la sua parte) lasciasse il parlamento e i posti di comando per provare con uomini e politica diversi.
Niente da fare. D’altra parte viene una gran voglia di commentare che era sciocco illudersi che dal vero e unico partito conservatore e reazionario (nei modi, nel sentire e nel gestire il potere) cioè il Pd potesse venire il cambiamento.
Però infondo in molti ci avevano sperato, e Renzi sembrava avere i numeri qualitativi per farcela. Da agosto a oggi avevamo visto crescere, politicamente, il sindaco di Firenze: da Berluschino simpatico, accattivante con la battuta facile egli scarsi contenuti quale lo avevamo visto sul palco della “Versiliana la sera” a Forte dei Marmi, era piano piano diventato una vera possibile alternativa politica, credibile. Forse troppo credibile e dunque pericoloso.
Così da domani ecco cosa ci aspetta:
-Il Pd di Bersani per vincere le elezioni e avere una chance di governare, cioè avere i numeri per farlo dovrà allearsi con Vendola e Casini: dal primo ha avuto i voti e quindi deve restituire il favore, al secondo ha promesso un’apertura e quindi dovrà includerlo in qualche modo.
Il problema è che non si capisce come Vendola e Casini possano stare insieme in un ipotetico governo (unioni di fatto, adozioni gay, ecc saranno uno scoglio insuperabile)
-Dopo la fine della possibilità di un candidato premier che avrebbe potuto raccogliere anche molti voti dei delusi di destra rappresentando un importante (soprattutto in questo momento di disastro economico e politico) elemento di trasversalità unificante, gli schieramenti torneranno a radicalizzarsi, ma frantumandosi e questo premierà Grillo e il suo M5Stelle.
-Poiché il Pdl è ormai morto, anche con le miracolose capacità di Berlusconi di ribaltare le situazioni più drammatiche, non è immaginabile una resurrezione significativa dal punto di vista elettorale, ciononostante la sconfitta di Renzi darà un po’ di ossigeno al fuocherello berlusconiano, confrontarsi con Bersani è più facile che farlo con il Sindaco di Firenze, i possibile elettorato transfugo verso il Pd delle novità se non restituiranno il voto alla destra si asterranno o andranno verso Grillo mettendo il Pd nella situazione di cui si diceva sopra.
Insomma nihil novi sub soli, ci ritocca la Bindi!
E per concludere due parole a Renzi. Non so, caro sindaco, cosa avrà intenzione di fare, a caldo ha dichiarato di chiamarsi fuori e di voler tornare a prima della corsa per le primarie.
Non so se potrà veramente tornare in Palazzo vecchio e dire heri dicebamus in ogni caso non si rilassi troppo le prossime elezioni non porteranno un governo stabile , fra un paio d’anni torneremo a votare e allora chissà!
D’altra parte chi abbia ascoltato il discorso di vittoria di Bersani avrà riconosciuto con un brivido i toni dipietreschi ( e abbiamo visto com’è andata a finire il buon tonino) del segretario. Ormai anche Bersani rivendica con orgoglio il “bersanese” come lingua scombiccherata e approssimativa, oltre che bersaglio dell’ironia dei comici e non solo. Con un’aggravante da brivido, ha definito bersanese non la metafora (?!) del tacchino sul tetto e del passerotto nel pugno, ma la battuta (da lui applicata ad altro, ma non conta) di Flaiano: «La mamma dei cretini è sempre incinta»
Caro Bersani, due parole anche a lei, non dica sciocchezze, per favore, e soprattutto se per disgrazia nostra dovesse diventare premier, per l’amor del cielo non vada a parlare in bersanese all’estero (domani ha detto andrà in Libia cominci subito a parlare italiano standard) altrimenti le irrituali e non felici battute di Berlusconi appariranno ai nostri partner internazionali alate parole dense di saggezza e serietà!
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