Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
San Nicola
Ora che è cominciato dicembre gli appuntamenti festosi sono proprio tantissimi e molti legati ad antichi riti del solstizio d’inverno, per propiziare il ritorno della luce e le giornate più lunghe. Certo, molti di quei riti, fra cui i falò, che dalla sera del 5 dicembre iniziano ad accendersi dappertutto, sono stati “cristianizzati” dalla Chiesa nei primi secoli: e infatti molti, per la loro collocazione calendariale, coincidono con le feste religiose, come ad esempio, la Madonna Immacolata del 8 dicembre, quella di Loreto del 10, oppure il “misterioso” santo della barba bianca, san Nicola di Bari, in Puglia, festeggiato il giorno 6 e la piccola Santa Lucia del 13 del mese.
Molti di questi santi, come il buon san Nicola, santa Lucia e altri, e poiché portano regalini ai più piccoli, si possono definire “dispensatori di doni solstiziali”.
A Longarone, in provincia di Belluno, san Nicola di Bari, che in altri luoghi è detto san Niccolò, si festeggia con l’accensione dei falò: in alcune frazioni del paese i bimbi si radunano nelle piazze e nei cortili portando ognuno una specie di torcia fatta con paglia e legna, detta “frasela” e dopo averla accesa la fanno ruotare disegnando dei cerchi. Ebbene, si dice che grazie a quel fuoco san Nicola riuscirà a trovare la strada per arrivare fino a Longarone e lasciare regali ai piccoli. Prima di andare a dormire infatti i bambini mettono sul tavolo una letterina con le loro richieste e anche un bicchiere di vino per il santo con po’ di fieno per l’asino che lo trasporta. La mattina del 6, naturalmente, sul tavolo ci saranno i giocattoli e dolciumi!
San Nicola, d’altronde, è diventato il patrono dei bambini e dei ragazzi per alcune leggende che si narravano sulla sua vita e miracoli. Aveva fatto risorgere tre studenti, che un oste criminale tagliò a pezzi e messo in salamoia e aveva liberato miracolosamente un ragazzo rapito dai pirati e venduto a un re straniero.
Ma san Nicola è anche il santo protettore delle “ragazze da marito” perché aveva fatto un grosso regalo a tre fanciulle povere che non possedevano dote e che il padre voleva avviare alla prostituzione: per tre notti di seguito il santo, impietosito, gettò nella loro casa, attraverso una finestra aperta, tre sacchetti di monete d’oro che, secondo altre versioni della leggenda, furono tre palle d’oro. Perciò, quando in alcuni affreschi medievali si vede un vecchio con la barba bianca e con tre palle d’oro in mano si tratta proprio di san Nicola. Per questo motivo a Castelvetere in Val Fortore, vicino a Benevento, la ragazze che voglio trovare un fidanzato, dette “priore”, festeggeranno il 6 dicembre il loro protettore offrendo durante una processione i cosiddetti “pani di san Nicola”.
Ma chi era san Nicola di Bari, questo simpatico santo dalla candida barba, raffigurato in genere vestito da vescovo, e atteso dai bambini di molte città europee come fosse Babbo Natale?
Era, e tuttora lo è in molti luoghi dell’Europa del nord, ad esempio in Germania, un santo molto popolare che in realtà non era nato a Bari: era invece un vescovo dell’Asia Minore. Ma nel 1087 i baresi, grandi navigatori, riuscirono a impadronirsi dei suoi resti portandoli nella loro città dove venne costruita subito la magnifica cattedrale che esiste ancora oggi e che , con tante riforme posteriori, racchiude opere d’arte a non finire.
Da quel momento il suo culto si diffuse dappertutto; e, a poco a poco, grazie alle leggende che prima ho citato, divenne il protettore dei bambini in età scolare. Ancora oggi ad esempio a la festa del santo è attesa con impazienza dai bambini triestini che la sera della vigilia, la notte del 5 dicembre, pongono sul davanzale un piatto oppure gli stivaletti ben lucidati e corrono a letto seguendo il consiglio dei genitori che hanno loro raccomandato “de tegnir ben seradi i oci e de dormir presto, perché se no San Nicolò no ve porta gnente”.
La mattina seguente troveranno i regali desiderati e i più grandicelli non andranno a scuola, come recita una vecchia filastrocca che viene canticchiata dai bambini di Trieste proprio per indicare l’obbligatorietà di far festa il 6 dicembre:
San Nicolò de Bari,
la festa dei scolari.
Se i scolari no farà festa
San Nicolò ghe tajerà la testa
Il culto di san Nicola è documentato fin dal secolo VIII quando ancora i baresi non si erano impossessati delle sue spoglie; sicché è probabile che fosse giunto direttamente dall’Oriente grazie all’Impero bizantino. E perciò la festa di San Nicolò, che è anche una specie di piccolo carnevale, viene celebrata anche lungo la cerchia delle Prealpi Venete dove i genitori raccontano ai bambini che san Nicola scende dal cielo cavalcando una mula volante ma senz’ali.
Il vecchio santo è popolare anche in tutto l’Alto Adige, dove si svolge la “Fiera di San Nicolò” con la vendita dei piccoli “San Nicolò” di zucchero e dei diavolini di frutti secchi, detti in tedesco “Kletzenkrampus”. L’usanza proviene dall’Austria dove si diceva che Sankt Nikolaus, coperto dal manto vescovile rosso, la mitra sul capo e un sacco pieno di doni sulle spalle, era accompagnato da “Krampus”, una sorta di diavolo che incuteva terrore nei piccoli con la sua figura villosa e che compariva con un sacco che serviva per rapire i più capricciosi.
In questo originale modo san Nicola viene festeggiato anche a Tarvisio, vicino a Udine; a Vipiteno, nella provincia di Bolzano; oppure a Stelvio, dove addirittura fin dal primo sabato di dicembre si svolge la “Festa dei Klosen”, cioè dei “santi Nicolaus”.
Ebbene, il nome che il santo vescovo ha nel nord d’Europa, Sankt Nikolaus, che proviene dal latino “Sanctus Nicolaus”, venne storpiato dagli olandesi in “Santa Claus”. E quando i loro discendenti emigrarono nell’America del Nord, portarono nel nuovo continente la tradizione europea pre-natalizia del santo di Bari con la barba bianca che porta i regali ai bambini.
Successivamente, ai primi dell’Ottocento, gli americani trasformarono completamente quella figura di Santa Claus : il suo mantello vescovile divenne una sorta di tuta rossa ornata di pelliccia e la mitra un cappuccio. Gli assegnarono anche una slitta trainata da renne: era insomma diventato Babbo Natale. Il Babbo Natale, che pubblicizzava anche la Coca Cola, che a partire dal dopoguerra sarebbe approdato in Europa, sull’onda della colonizzazione americana, e che già in questi primi giorni di dicembre è cominciato a comparire per le vie e le piazze di molte città. Si favoleggia di una sua casetta in un paese del nord - chi dice in Islanda, nel Santa’s Cottage; chi in una cittadina della Finlandia, Joulupukin Kammari - dove riceve le richieste scritte dei bambini di tutto i mondo, prepara i doni e li carica sulla slitta per poi distribuirli a Natale.
Ma torniamo al vecchio e italico san Nicola di Bari, che porta i regali ai bambini pugliesi di Molfetta, i quali, la sera del 5 dicembre, mettono la calza accanto al camino. Mentre invece a Bari il santo, che non porta regali, viene trasportato in processione per le vie del borgo vecchio e poi lo si onora con una solenne messa in cattedrale: la vera e popolare festa di San Nicola si celebra invece l’8 maggio, anniversario della traslazione delle sue ossa dall’Asia Minore, al capoluogo pugliese.
Un’altra leggenda su san Nicola narra che nel 1673 il santo avrebbe salvato dalla fame la popolazione di Pollutri, nei pressi di Chieti, facendo arrivare sei caravelle piene di fave: ebbene per commemorare l’evento, ogni anno, dal 4 al 6 dicembre, davanti alla Chiesa di San Nicola si organizza l cosiddetta “Cottura delle fave” con circa cinque quintali di fave cotte che vengono poi distribuite fra i presenti: si cuociono all’aperto, in 12 grandi calderoni di rame posti su enormi fuochi accesi contemporaneamente al grido di “fuoco!”
Invece a Monteleone di Spoleto, nella provincia di Perugia, la vigilia della festa si cucina in piazza, in una pentolona di ottanta litri, il cosiddetto “Farro Di San Nicola”.
Ma san Nicola si festeggia anche in Sicilia, a Mezzojuso, nel palermitano, con la tradizionale “distribuzione dei panuzza”, che sono piccoli pani con l’effigie del santo. C’è infine un’altra festa da non perdere, veramente originale, in onore del patrono del paese, san Nicola, che si celebra a San Polo dei Cavalieri, in provincia di Roma, dove ldopo la processione c’ il “Ballo della pupazza” e cioè degli uomini vestiti da “pupazze” con pesanti costumi di cartapesta ai quali viene appiccato il fuoco: balleranno fin che resistono senza bruciarsi! Si tratta, naturalmente, di una tipica festa per propiziare il ritorno della luce nel periodo del solstizio invernale.
Insomma, San Nicola, che poi diventerà l’americano Babbo Natale, è uno dei santi dispensatore di doni nel periodo prossimo al solstizio d’inverno, come d’altronde sant’Andrea del 30 novembre, santa Lucia del 13 dicembre, il Gesù Bambino del Natale e infine i Re Magi e la vecchia Befana. Questa loro funzione di “dispensatori di regali” nasce, come scrive Alfredo Cattabiani nel suo “Calendario” (Mondadori), dal processo di cristianizzazione delle feste collegate al solstizio, che a Roma erano presiedute da Saturno: il dio che “rifondava” periodicamente il cosmo offrendo i suoi doni come segno beneaugurante per l’anno nuovo
Inserito da il 03/12/2022 22:10:58
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