Editoriale

Centro-destra incapace di uscire dal guado e allora torna Berlusconi

Con un Pd in crisi di voti rispetto alle precedenti consultazioni e di centristi a far da rete in una partita a tennis, il Cav rischia anche di farcela

Giovanni F.  Accolla

di Giovanni F.  Accolla

’ difficile dire: è tornato, per chi - di fatto - non se n'è mai andato. Ma Berlusconi è  tornato. E’ riapparso in senso politico e direi caratteriale, per battere il destino, per invertire il flusso della storia che lo avrebbe visto fuori dalla vita pulsante del nostro Paese. Forse Berlusconi s’è non s’è ripreso quello spazio, e quella centralità della scena che da circa vent’anni a questa parte aveva avuto, ma ora lo ha riacquistato, al meno, nel centro destra italiano.

Sono molti i motivi che concorrono a tale scelta, o a tale situazione, e uno su tutti è la totale mancanza di leadership alternativa. Non solo dentro il Pdl, ma anche al Centro - quell'eterogenea galassia in attesa di un federatore - nessuno, non solo è parso alla sua altezza (per quanto assai ridimensionata da molte vicende politiche, giudiziarie e para-giudiziarie), ma non ha ancora saputo esprimere con la forza sufficiente un progetto persuasivo e alternativo alla riedizione della “gioiosa macchina da guerra” della sinistra.  

Non c’è riuscito Alfano che avrebbe avuto tempo e strumenti politici, non ci sono riusciti i pur volenterosi fautori delle primarie, Giorgia Meloni in testa, intelligente e combattiva (la quale, nella migliore delle ipotesi,  si troverà leader della destra italiana, che non è poco), non c’è riuscito Guido Crosetto passionale e coerente, né Gianni Alemanno, né tantomeno il giovane sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo.  Non è mancato solo il coraggio (che pure non lo si inventa), ma il progetto e la capacità di imporlo.

L’unica alternativa credibile ad un Berlusconi radicale ed incazzato (seppure sono convinto smorzerà presto i toni soprattutto sull’Europa, sull’agenda Monti e sul presidente del consiglio stesso, distinguendolo dal governo), era (ed è) la federazione dei partiti e dei movimenti che si riconoscono nella cornice istituzionale e valoriale del Partito popolare europeo. Così è rinato il centro destra in Francia, così in Spagna. E così sembrava volerlo Alfano, per un lasso minimo di tempo che s’è consumato nell’incertezza e nel rifiuto (di fatto), di Casini e compagnia centrista. E nessuno può biasimare Franco Frattini che, da principale fautore di tale linea programmatica, per un semplice fatto di coerenza, ha voluto e dovuto distinguere in Parlamento la sua posizione all’interno del Pdl. E’ Alfano, semmai, che lascia perplessi: negli ultimi due-tre mesi ha annunciato qualunque cosa e qualunque strategia.

Ma che il super prudente Passera sia passato, nello spazio di un mattino, da tecnico incerto a politico determinato, sentenziando contro Berlusconi, la dice lunga sulle manovre centriste tutte costruite a discapito dell’ex-presidente del Consiglio. Ma ora il rischio dei centristi  - sono molti a segnalarlo - è quello di rappresentare la rete in una partita di tennis: poco più che una linea divisoria, dove non i giocatori ma la pallina, al massimo, può andare a sbattere per essere rigiocata magari con più prudenza. Per questo pezzi del centro, movimenti cattolici come le Acli, sembrano pronte a salire sul carro della sinistra di Bersani lasciando soli gli ex-Udc.

Per  il segretario del Pd la strada per palazzo Chigi sembra essere sgombra, soprattutto con un sistema elettorale come l’attuale (il Pd è il partito al quale più conviene la riedizione integrale del porcellum), ma è una visione più che semplicistica. In tutti gli appuntamenti che contano, la sinistra non è davvero cresciuta nel numero degli elettori: a Milano, Pisapia è diventato sindaco con le medesime percentuali con cui in precedenza la sinistra aveva perso, in Sicilia - nonostante la vittoria di Crocetta - il Pd ha perso un considerevole numero di voti rispetto a quelli ottenuti dalla perdente Anna Finocchiaro. E, infine, le tanto strombazzate primarie di coalizione, hanno registrato un calo netto di un milione di voti, rispetto a quelle che incoranarono Prodi.

La componente che fa riferimento a Renzi ancora è un’incognita, a sinistra Vendola vede nascere una sinistra ancor più radicale e di ispirazione giustizialista inquietante con cui, comunque, fare i conti  e se Bersani non avrà la forza di escludere i soliti noti dalla sua squadra: le Bindi, i D’Alema, e via dicendo, in campagna elettorale c’è da giocarsela eccome.

Il centro destra è, dunque, ancora artefice del suo destino. Ricordo, come spero tutti, i ventiquattromila voti di distacco nelle politiche del 2006, ricordo anche l’errato clima da sconfitta certa che si respirava in molti ambienti del centro destra durante la campagna elettorale. Conta sempre più il carattere del destino, Berlusconi - ad essere onesti, al di la di ogni critica - lo ha sempre dimostrato. E conta, soprattutto, più il centro destra di ogni pur legittimo e sacrosanto distinguo.

Lo dico anche a coloro che al Centro stanno lì, a girarsi i pollici, in attesa di un Monti che, con ogni probabilità, non verrà. Chi è in grado di dare al centro destra delle alternative di unità e possibilità di concorrere per la vittoria, si faccia avanti, o ci si divida - se serve ad essere più credibili e vincenti - in una coalizione di distinti e distinguibili, ma federata saldamente grazie a valori irrinunciabili. Bisogna dimostrare all’elettorato, ecco la vera prova, che questi valori ci sono ancora ed ancora vale la pena battersi, andando al voto, per la loro affermazione.

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.