Editoriale

Non potendo vincere, Berlusconi punta alla instabilità che sarà la sconfitta di Bersani

Sarebbe una buona strategia se non ne andasse di mezzo la sopravvivenza dell'Italia

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

a “ridiscesa in capo” di Silvio Berlusconi può – come a noi – non piacere. Può non piacere non certo per un pregiudizio nei confronti del fondatore del PdL o per  un rifiuto politico verso il centrodestra. I limiti della sua azione di governo e la mentalità stile usa-e-getta, applicata nei confronti di un partito-mai-nato e di una classe dirigente sotto tutela, la sua “corte dei miracoli” e le sue  “amazzoni”  hanno oggettivamente usurato l’immagine del personaggio. Dell’ultimo Berlusconi c’è ben poco della visione strategica, che aveva portato alla nascita del PdL, grande contenitore maggioritario del  diverse “anime” del centrodestra  (la cattolica, la liberale, la social-riformista, la nazionale).

Messe da parte le preannunciate “primarie” ed accantonato il confronto non solo o non tanto   tra Angiolino Alfano, Giorgia Meloni e gli altri competitori, quanto  sui programmi e  sulle idee in grado di informare gli impegni elettorali del PdL, l’offensiva berlusconiana ha mirato a scompaginare il quadro politico, sia nei confronti del governo-Monti, sostenuto fino all’altro ieri, sia con la  ripresa di tematiche tradizionalmente rodate, come il “pericolo comunista”, incarnato dall’asse Bersani-Vendola,  la rapacità del fisco, resa palese dalla prossima scadenza dell’IMU, lo strapotere giudiziario.
Più che  sofisticate  opzioni politologiche (del resto i  “consiglieri” del Cavaliere, oggi, sono Briatore, Bondi e la Santanchè, laddove ieri erano Gianni Baget Bozzo, Lucio Colletti, Antonio Martino...) l’azione del  Cavaliere ha orizzonti minimi: recuperare quella parte di elettorato orientata verso l’astensionismo, frenare l’avanzata del Pd, “blindare” la rappresentanza parlamentare con una pattuglia di fedelissimi.
Una  mission,  solo in apparenza  impossibile. Per quanto usurata l’immagine di Berlusconi continua ad incutere paura nel fronte avversario. Lo si registra nelle scomposte dichiarazioni di questi primi giorni di campagna elettorale, nell’uso terroristico dello spread, nella cassa di risonanza mediatica offerta dalla stampa estera, perfino nel ritorno di un becero cabarettismo televisivo.  
Quello che certa sinistra non sembra volere capire è che gli attacchi nei confronti di Berlusconi paradossalmente lo rafforzano. Dalle varie Littizzetto ai grandi potentati dell’informazione internazionale il fuoco di fila, tra il ridanciano-volgare ed il moralistico-finanziario, non fa che rilanciare  il clima da derby che, in più occasioni, ha favorito il Cavaliere.
O di qua o di là. O con lui o contro di lui. Ed il gioco è fatto, a tutto vantaggio di un Silvio Berlusconi che torna al centro della scena che impone il suo gioco, che detta le regole, un po’ vittima, un po’ guascone (stile ghe-pensi-mi’).
Siamo ancora al gioco delle parti:  di qua i buoni di là i cattivi e viceversa. Con buona pace per chi sperava, passata la parentesi-Monti,  in un confronto sui contenuti  e sulle strategie non solo del sistema-Paese ma anche dei rispettivi schieramenti politici. Soprattutto di un centrodestra finalmente costruito intorno ad una nuova classe dirigente, a valori e a programmi presentabili ed adeguati alle attuali emergenze epocali. Tutti in attesa, passate le elezioni, dell’ennesimo “governo tecnico”, se la partita – come pare – finirà in un pareggio, che, viste le premesse, sarà – di fatto -  una quasi-vittoria per Berlusconi.
 

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