Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Guglielmo Marconi
Il 12 dicembre 1932 Guglielmo Marconi rievocava la prima trasmissione transoceanica …. wireless, avvenuta lo stesso giorno di trentuno anni avanti. In quell’occasione Marconi tra l’altro dichiarò:
«Queste esperienze provarono conclusivamente che la trasmissione e la ricezione delle onde elettriche non erano affatto limitate, come a quel tempo credevano tutti gli scienziati, alle brevi distanze, bensì potevano essere utilizzate per le comunicazioni fra il vecchio ed il nuovo mondo, e molto probabilmente anche a distanze assai maggiori. Fu appunto il risultato felice di quelle esperienze che fece intravedere agli studiosi intelligenti quali fossero le vere possibilità e potenzialità di questo nuovo mezzo di comunicazione. Fin dal 1895, all'inizio cioè dei miei primi esperimenti, io ebbi la forte intuizione, direi quasi la visione chiara e sicura, che le trasmissioni radiotelegrafiche sarebbero state possibili attraverso le più grandi distanze (…)Gli apparecchi erano necessariamente assai primitivi e oggi, guardando indietro e ripensando a quegli impianti, non si può fare a meno di meravigliarsi di come la prova sia potuta riuscire: onde continue a quell'epoca non esistevano, non si possedevano le valvole termoioniche, che oggi assicurano così grandi vantaggi, né si conoscevano tanti preziosi apparecchi elettrici divenuti ora di uso comune; in breve i trasmettitori ed i ricevitori di cui allora disponevamo verrebbero oggi giudicati pressoché inservibili.»
Parole che oggi non si possono certo leggere senza un brivido di emozione, pensando appunto a quale grande rivoluzione iniziò in quell’alba del XX secolo: Marconi era sbarcato quasi in incognito sull’isola di Terranova (Canada) dove si trovava solo un cronista dello Herald per seguire l’esperimento. Un XX secolo iniziato tra l’altro in modo drammatico per gli italiani, con l’assassinio del re Umberto I a Monza nel luglio del 1900 e la morte dell’artista italiano per antonomasia, Giuseppe Verdi, il 21 gennaio 1901.
Spettava dunque alla scienza rialzare il morale degli italiani (e non solo). Marconi aveva stabilito la stazione emittente a Poldhu, in Cornovaglia: qui aveva costruito un ‘antenna formata da due piloni saldati al terreno da tiranti, che sorreggevano un robusto cavo isolato dal quale pendevano ben tesi sessanta fili riuniti in basso in modo da disegnare una sorta di gigantesco ventaglio. A Terranova invece, dopo vari tentativi falliti, la mattina del 12 dicembre 1901 fu lanciato nel cielo un grosso aquilone che si era tirato dietro ben 180 metri di un filo di rame che finiva, attraverso una finestrella, in un piccolo edificio di pietra, dove c’era una stanza con alcuni marchingegni, ad uno dei quali era attaccato con un morsetto il fantomatico filo. Lo scienziato aveva ordinato alla stazione di Poldhu di trasmettere, a intervalli regolari, dalle 11,40 alle 14,40 (ora di Terranova) la lettera S in segnale Morse; ed ecco che:
«Alle 12.30, mentre ero in ascolto al telefono del ricevitore, ecco giungere al mio orecchio, debolmente ma con tale chiarezza da non lasciare adito a dubbi, una successione ritmica dei tre punti corrispondenti alla lettera 'S' dell'alfabeto Morse. I segnali, cioè, che secondo gli ordini da me impartiti venivano lanciati nello spazio dalla stazione di Poldhu sull'altra sponda dell'Oceano. Era nata in quel momento la radiotelegrafia a grande distanza. La distanza di oltre 3.000 Km, , che sembrava allora enorme per la radio, era stata superata nonostante il presunto ostacolo della curvatura terrestre che tutti ritenevano insormontabile.»
Quanto affermato da Marconi nel 1932 si riflette perfettamente negli echi dei giornali del 1901. Se La Stampa già nel 1897 aveva esultato “con soddisfazione veramente patriottica” perché “vediamo connesso alla scoperta del telegrafo senza fili il nome di un italiano”,[1] la Tribuna liquida invece la questione in un trafiletto dichiarando tra l’altro sufficienza: “ Il messaggio aveva forma assai embrionale, consistendo nella semplice lettera S; ma dovette pure essere raccolto con un filo telefonico attaccato a un aquilone lanciato in aria. Marconi ritiene nondimeno che questo sia il principio di perfezionamento nella potenza elettrica delle stazioni trasmettenti”.[2]
Quel nondimeno è tutto un programma e fa oggi decisamente sorridere; senza quel nondimeno probabilmente non avremmo né televisore né cellulare. Ma fa ancor più effetto leggere sul Corriere della Sera, che dedica quasi tutta la prima pagina alle disavventure parlamentari di tal deputato Ferri, che “ Edison dice che in omaggio al proprio nome (Tomaso) egli crederà solo quando avrà le prove palpabili”. Anche il Corriere dedica solo poco più di un trafiletto, ma se non altro con entusiasmo ( Lo straordinario successo di Marconi) . Oltre a Edison, scettico (guarda caso!) anche il presidente della compagnia dei cavi transatlantici (tale Ward) per il quale “Marconi è un illuso e la compagnia continuerà a fabbricare cavi come se Marconi non esistesse”.[3] Per il resto, il quotidiano milanese si limita a descrivere brevemente l’evento, ma senza sbilanciarsi troppo.
Ma quell’innovazione volava come un aquilone tra i venti della rivoluzione tecnologica … minato da tentativi di “sabotaggio” per conto di meschine rivalità o miopie da invidia. Senza quell’aquilone non staremmo forse oggi a discutere sull’eccesso di informazioni da internet o sulla dipendenza da cellulare. Si può deprecare il fatto che tali invenzioni alla fine ci abbiano reso schiavi, ma siamo sinceri, sapremmo farne a meno?
In ogni caso …. Grazie Marconi!