Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
SANTA LUCIA DA SIRACUSA
Una volta, nel Medioevo, a causa del calendario giuliano che anticipava rispetto all’anno reale, il giorno del solstizio invernale era retrocesso dal 21 al 13 dicembre. Per questo motivo Santa Lucia, martirizzata a Siracusa proprio in quella data, assunse il patronato sul solstizio: un momento magico perché segna la rinascita simbolica del sole. L’errore fu corretto poi nel 1582 col nuovo calendario gregoriano ancora in funzione, ma tuttora un antico proverbio afferma che “Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia”.
In ogni modo, proprio quella coincidenza calendariale, ha trasformato Lucia in una dispensatrice di doni per il nuovo anno, come accade con san Nicola, Babbo Natale, il Bambino Gesù oppure con la Befana; tant’è vero che nelle Tre Venezie Santa Lucia porta regali ai bambini a cavallo di un asinello, ma anche una piccola frusta per castigare i più capricciosi.
La santa, fra l’altro, è diventata popolare nel Veneto e nelle regioni limitrofe perché le sue reliquie si trovano a Venezia fin dall’inizio del secolo XIII. Vi furono trasferite nel 1203 dal doge Enrico Dandolo quando Costantinopoli cadde in mano ai Crociati. Nella capitale dell’impero bizantino erano state trasportate nel 1039 dal generale Giorgio Maniace, che aveva liberato Siracusa dai musulmani, per farne omaggio all'imperatrice Teodora.
Per tutto ciò San Lucia, la piccola martire siracusana, è attesa come portatrice di doni in alcuni paesi del bellunese e del trevigiano, compresa Treviso, ma anche nel veronese, tant’è vero che ai bambini di quei luoghi si racconta ancora che Lucia sale le valli, provenendo dal capoluogo, seguita dall’asinello carico di doni: per l’animale i più piccoli preparano nella stanza dove dormono un piatto con fieno e semola.
Anche in alcuni paesi del Trentino, e particolarmente nella Valsugana, i ragazzi pongono sulle finestre piatti o scodelle con la crusca per l’asinello. E nel bergamasco, nella notte fra il 12 e il 13 dicembre, mentre si attende l’arrivo della santa con il somarello, si mangiano dei dolcetti speciali detti “badì dè dama”: zuccherini grandi quanto una moneta e infiocchettati di carte colorate.
Santa Lucia è festeggiata anche a Udine e nella pianura friulana: per l’occasione, nei pressi della chiesa del Redentore del capoluogo, si allestiscono bancarelle di giocattoli e dolciumi.
Una volta i bambini veneti più “saputelli” e anche quelli della Dalmazia, che una volta era veneta, declamavano questa filastrocca che non mostra molta fiducia nella santa:
Santa Lucia, mama mia,
porta bomboni in calza mia,
se la mama non me mete
resta svode le calzete,
con la borsa de papà
Santa Lucia portarà.
E la mattina del 13 dicembre si domandava ai bimbi con un tono malizioso: “Cossa tala portà santa Lucia?”. I bambini soddisfatti fingevano di credere nella santa quale “portatrici di regalini”; quelli invece che non avevano ricevuto niente si vendicavano svelando la realtà ai più fortunati:
Santa Luzia vien de note
con le scarpe tute rote
con el capelo a la romana
Santa Luzia l'è to mama.
Ma il 13 dicembre, a Siracusa, nella Sicilia più suggestiva, terra di “Grandi Madri” fecondatrici, si festeggerà alla grande la santa patrona: Lucia, la fanciulla che secondo la tradizione fu martirizzata all’inizio del quarto secolo proprio a Siracusa. Il suo nome, Lucia, deriva dal greco “luke”, “luce”, e anche dal latino “lux”, o “lucis”, che significano entrambi “luce”.
E la “luce” , il dono di vedere sempre la luce, e cioè di “vegliare per la loro vista” sarà quello che molti italiani chiederanno alla santa quando si recheranno nelle chiese dedicate a Santa Lucia, considerata infatti la patrona della vista.
Le spiegazioni di questo patronato sono tante e alcune proprio leggendarie. Si dice, ad esempio, che nella durante il suo martirio lei esclamò a un certo punto: “Ai non credenti toglierò l’accecamento”, che in realtà voleva dire “li convertirò”. D’altra parte c'è chi sostiene che il patronato è stato ispirato da una leggenda medievale dove si narrava che Lucia, per non cedere la sua verginità al fidanzato imposto dal padre, si sarebbe strappata gli occhi. Per questo motivo in molti quadri santa Lucia appare con i due occhi su un piattino che tiene in mano.
Ma in realtà l’ipotesi più fondata è che il patronato di santa Lucia sulla vista sia dovuto proprio al significato del suo nome e al fatto che il culto della santa sia nato nell'Isola di Ortigia, la zona greca più antica di Siracusa, dove vi era un tempio in onore della fanciulla Artemide, che i Greci consideravano “la dea della luce”, simboleggiata dalla Luna. E, quindi, questo ancestrale legame con la luce ha ispirato nei secoli il patronato di Santa Lucia sulla vista.
In ogni modo, e di là dalle varie interpretazioni, secondo il Pitrè, lo studioso delle tradizioni siciliane, si dice che porti bene alla vista sciacquarsi gli occhi il giorno 13 dicembre, appena svegli: naturalmente nel nome di santa Lucia, “è la santa più luminosa che ci sia!”.
La “luce” di Santa Lucia illuminerà ancora le giornate festaiole di due località del sud: Paola, in provincia di Cosenza, dove dal 13 dicembre e fino a Capodanno si possono degustare i prodotti tipici e ammirare bellissimi presepi. Mentre a Lecce ci sarà fino a Natale la “Festa di Santa Lucia”: un antichissimo mercato dedicato soprattutto alle figurine dei presepi e agli addobbi natalizi; ma ci saranno anche canti, e piatti tipici come i “Purceddhruzzi”, detti anche “Purcidduzzi” o “Pizzi cunfitti”: i tipici dolci natalizi del Salento e della Basilicata, il cui nome deriva dalla loro forma che ricorda piccoli porcellini. La tradizione tarantina vuole che l’ultimo “Purceddhruzzi” si riservi per il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, il “santo del porcellino”.
Ma torniamo a Siracusa dove il 13 dicembre una processione grandiosa accompagna l’immagine di santa Lucia: una statua secentesca d’argento, alta tre metri e settanta centimetri, che racchiude nel petto una teca d’oro con alcuni frammenti delle sue costole. La processione con il simulacro della santa parte dalla bellissima Cattedrale sull’isola d’Ortigia, preceduta da una schiera di pellegrini con ceri votivi e trasportata da un gruppo di devoti fino in terraferma: arriverà poi alla Basilica di Santa Lucia, dove rimarrà esposta per tutta l’ottava. Infine, il 20 dicembre, sarà ricondotta in Cattedrale fra luminarie e fuochi d’artificio.
Ma Siracusa festeggia la sua patrona anche ai primi di maggio con una festa che era detta una volta “Santa Lucia delle quaglie”: si narra che una grave carestia aveva colpito Siracusa nel 1646 e, consumate le scorte, molti cominciavano a patire la fame. Allora il vescovo invitò la cittadinanza alla preghiera e il 13 maggio, mentre la cattedrale era gremita per la messa, una quaglia entrò volando nella chiesa e, poco dopo, alcuni bastimenti carichi di grano e di legumi entravano nel porto. Si fece allora voto che ogni anno, alla prima domenica di maggio, il simulacro della santa venisse trasportato nella chiesa del suo monastero, Santa Lucia alla Badia, che si affaccia sulla piazza della Cattedrale, e vi fosse esposto per otto giorni, come infatti accade tuttora.
In ricordo di quel prodigio in tutta la Sicilia, nella festa del 13 dicembre e in quella di maggio, non si può consumare pane e nessun prodotto a base di farina di frumento; ma, per penitenza in onore della martire siracusana, soltanto legumi, verdure e altri simili cibi. Si mangia soprattutto la tipica “cuccìa” a base di grano, cotto nell’acqua semplice oppure nel latte e poi condito con ricotta, zucchero o cioccolato. Tipiche di Santa Lucia sono anche le “panelle”, di farina di ceci, che ricevono varie forme e anticamente erano dette anche “pisci-panelli” perché somigliavano pesci.
La festa di Santa Lucia è popolare anche in Svezia fin dal 1927, quando un quotidiano della capitale decise di bandire un concorso per eleggere la cosiddetta Lucia di Svezia: una ragazza che, con una corona di sette candele in capo e accompagnata da compagne vestite come lei di una tunica bianca, deve raccogliere i doni natalizi da distribuire il 13 dicembre ai bisognosi, ai malati e agli anziani in occasione delle feste natalizie. L’iniziativa è diventata nel tempo una tradizione nazionale. All’origine della “Lucia” svedese vi è forse la “Leggenda del giorno di Santa Lucia”, scritta nel 1912 da Selma Lagerlof, premio Nobel per la letteratura. Dal 1950 la festa svedese si è collegata a quella siciliana: sicché una giovane svedese eletta “Lucia” si reca a Siracusa, invitata dalla cittadinanza, per partecipare alla processione finale che conclude, appunto, con l’ottava. Inoltre, ormai da decenni, nelle case della nordica Svezia, le ragazze vestite di bianco con le sette candeline accese in testa, e cioè le varie “Lucia”, hanno anche il compito di svegliare i propri familiari e amici cantando la napoletanissima canzone “Santa Lucia!”
Inserito da Loredana il 12/12/2012 13:01:25
Ho sempre amato la figura di questa santa, probabilmente perché è connessa con la luce. Mi è piaciuto moltissimo rileggerne la storia completa in questo articolo, poiché ne conoscevo solo dei pezzi. Mi sono sempre chiesta dove nascesse la connessione con la Svezia, che non si trova esattamente alla stessa latitudine della Sicilia, e con la luce avrebbe poco a che fare. In realtà, la festa della luce rappresentata da Santa Lucia è molto sentita da quelle parti, proprio per la collocazione geografica della Svezia.
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