Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
S’apre la scena col morto in casa. \ Tutt’i parenti borbottan preci, \ viene quel Gianni-tabula rasa: \ fiorini d’oro diventan ceci. Così, con questi cinici e irriverenti versi Giacomo Puccini commentò la vicenda di Gianni Schicchi che il suo librettista, il mugellano Giovacchino Forzano (1883-1970), gli aveva ricavato nientemeno che da un passo dell’Inferno di Dante, o più precisamente dal commento dell’Anonimo Fiorentino del XIV secolo. Ed è proprio la più “toscana” tra le opere pucciniane a chiudere la stagione 2012 del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino con uno spettacolo che vede in scena, nella prima parte, il balletto Il Mago di Oz, nuova creazione di Francesco Ventriglia, direttore di MaggioDanza. Spettacoli al Nuovo Teatro dell’opera di Firenze da mercoledì 19 a domenica 23 dicembre (da mercoledì a venerdì ore 20,30, sabato ore 18 e domenica 15,30).
Tratto dall’omonima fiaba di Lyman Frank Baum (The Wonderful Wizard
of Oz, 1900, illustrata da William Wallace Denslow), questo balletto,
ispirato al celebre film di Victor Fleming del 1939 con Judy Garland, bene
si inquadra nel periodo natalizio, proponendo il viaggio avventuroso di Dorothy
Gale, con una nuova coreografia di Francesco Ventriglia, modellata sulle grandi
e commoventi partiture del compositore francese Francis Poulenc, (1889 – 1963) eseguite dal
vivo dall’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, diretta da Andriy
Yurkevych.
“Ispirato all’omonimo romanzo di L. Frank Baum, Il Mago di
Oz, questo balletto racconta del ‘’viaggio’’ onirico che la piccola Dorothy
compie per diventare donna. La ricerca di quei beni preziosi che fanno di un
individuo una “bella persona”, il coraggio , il cervello, il cuore, che troppo
spesso erroneamente si cercano solo negli altri, con la speranza che possano
farcene dono, diventa la consapevolezza che il viaggio stesso per cercarli è
già un arrivo e che solo dentro a se stessi si può trovare la pagina bianca
sulla quale scrivere il proprio nome e il proprio essere” dichiara Ventriglia e la grazia giocosa e
a tratti un po’ malinconica di Poulenc
può in effetti rendere benissimo
un simile “programma”. Le scene e i
costumi sono di Valerio Tiberi; tra gli interpreti, nel ruolo del mago (e del
primario) si alternano Alessandro Riga e Michele Satriano (21, 23), in quello
di Dorothy Gisela Carmona Gálvez e Zaloa Fabbrini (21, 23), mentre Il boscaiolo
di latta (nonché clown di corsia) è interpretato da Zhani Lukaj e Cristiano Colangelo (21,
23).
Certo, Nuovo Teatro dell’Opera significa forma semiscenica (ma Renzi non aveva assicurato che il vecchio Teatro Comunale doveva essere riparato quanto prima, in attesa dell’auspicato completamento del nuovo? Ma certo quelli erano i tempi del camper, per cui il ritmo doveva essere sempre e comunque di marcia trionfale e di presto agitato. Ora si torna all’andante, e neppure con moto.) Ma se come sempre la politica langue la cultura fa miracoli e se si ripeterà l’exploit di Turandot il pubblico riuscirà a non sentire troppo la mancanza delle scene dimezzate,anche perché la grazia della coreografia potrà facilmente sostituirle. Non sarà però altrettanto facile per Gianni Schicchi. Il capolavoro pucciniano, andato in scena il 14 dicembre 1918 al Metropolitan di New York, andava a formare insieme al corrusco, quasi “veristico” Tabarro e alla lirica e mistica Suor Angelica un nuovo, originalissimo esperimento del compositore lucchese: il Trittico, tre atti unici di soggetto diversissimo, il primo dei quali su libretto di Giuseppe Adami e gli altri due di Forzano. Gianni Schicchi era l’atto “comico”, con una colorazione particolarmente …. Mugellana; non solo per il librettista ma anche per i bozzetti della prima che furono di Galileo Chini. E questa rappresentazione , programmata per luglio ma rinviata per il celebre incidente al soffitto del vecchio teatro, avrebbe dovuto riprendere proprio i bozzetti del Chini. Consola se non altro il fatto che i costumi saranno comunque quelli realizzati dalla Fondazione Cerratelli con la partecipazione degli allievi del progetto Opera Futura.
Opera comica? Opera sarcastica, di un umorismo acre, “cattivo” , toscano, ebbe un successo e una popolarità ben superiore a quella delle due “sorelle”; ma non senza riserve da parte della critica. Leonardo Pinzauti, che pur ne apprezzava “l’uso geniale delle più raffinate risorse del linguaggio timbrico” ne lamenta “ certo suo ‘fiorentinismo’ da strapaese (imputabile prima di tutto al libretto di Forzano), con inserti musicali, falsamente popolareschi, che di fatto rompono la preziosa unità stilistica dell’opera”. Viceversa Enzo Siciliano elogia (giustamente) il libretto, ma “Il gioco di marionette che è lo Schicchi, troppo magro e così avaro di più sostanziosi motivi, lascia freddi: fredda è la sua concezione”. Sinceramente, a dare i brividi sono piuttosto certi giudizi ….
La trama parte per l’appunto d un episodio del XXX canto dell’Inferno di Dante (falsari);
Quel folletto è Gianni Schicchi, /e va rabbioso altrui così conciando (…)
per guadagnar la donna de la torma,/falsificare in sé Buoso Donati/testando e dando al testamento norma.
Notazione tanto scarna quanto efficace, che però viene chiarita e approfondita dal commento dell’Anonimo Fiorentino, che Forzano seguì abbastanza fedelmente, costruendo uno dei libretti più belli ed “efficaci” del primo Novecento (e non solo) inventando i personaggi dei parenti avidi e interessati (chi l’avrebbe mai detto che quando Buoso andava al cimitero, si sarebbe pianto per davvero! cantano sconsolati quando si scoprono diseredati) , mentre l’anonimo parla solo di un “figliolo”:
Firenze, Anno Domini 1299. I parenti del ricco Buoso Donati fingono ipocritamente di piangerne la dipartita (rappresentata dalle stesse prime battute dell’orchestra, a cui segue immediatamente il tema del” finto pianto”) ma in realtà sono interessati solo al testamento, soprattutto perché “dicono a Signa” che l’erede sia …. Un convento di frati (Se Buoso crepa, pei frati è manna; diranno pancia mia fatti capanna!) La ricerca del testamento rivela che le cose stanno davvero così ma il giovane Rinuccio propone di rivolgersi all’astuto Gianni Schicchi, padre di Lauretta di cui è innamorato. Questi, esponente della “gente nova” detesta i Donati che lo snobbano; ma convocato da Rinuccio si reca da loro con la figlia. I Donati, soprattutto Zita la Vecchia, lo accolgono con sdegno e lui li manderebbe volentieri al diavolo , ma per l’intervento della figlia (con l’aria più celebre, O mio babbino caro) decide alla fine di aiutarli. L’ispirazione gli viene dalla visita del medico, il borioso e ridicolo maestro Spinelloccio; imitando la voce di Buoso gli fa credere che questi è vivo e che sta meglio. Ma se ha ingannato così facilmente il medico, potrà farlo anche con il notaio, e dettare dunque un nuovo testamento. E così accade, ma ….
La trama è sicuramente molto nota ma lasciamo a chi ignora il finale
il piacere della sorpresa. Così come una
sorpresa è questa partitura ricca di invenzioni e “novità” novecentesche,
godibilissima nella sua complessità e nella sua … perfidia. Sul podio il direttore d’orchestra Gaetano
d’Espinosa, regia, scene (anzi, semiscene)
e costumi di Mario de Carlo. L’opera è
realizzata in collaborazione con Maggio
Fiorentino Formazione Cantanti perfezionati al Corso di Alta Formazione per
Cantanti Lirici. Personaggi e interpreti principali: Gianni Schicchi (baritono)
Donato di Stefano, in alternanza con Leonardo Galeazzi (20/22 dicembre); Lauretta (soprano) Lavinia
Bini; Rinuccio (tenore) Filippo Adami.
Inserito da NewBalance547 il 15/11/2014 11:10:15
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