Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Locusta
Locusta nasce in Gallia durante il primo secolo.
Vivendo in campagna, imparerà a conoscere le proprietà delle piante, sia quelle benefiche che le più dannose.
La storia narra che ogni giorno provasse su se stessa un nuovo veleno così da diventarne immune.
Le sue vittime, però, non ebbero mai tale cautela.
Diventerà una schiava di Roma, ma la cosa non la toccherà molto, perché proprio nella Città Eterna riuscirà a costruire la sua fortuna, in quanto la conoscenza delle piante ed erbe era, allora, molto apprezzata. La sua specialità era la trasformazione in polvere di queste piante, prevalentemente a base di arsenico, ma era solita usare, anche, funghi velenosi, cicuta, giusquiamo e altre piante. Quando volevano sbarazzarsi di un rivale politico o raccogliere un’eredità, i Romani avevano come unico contatto Locusta, anche perché il suo lavoro era così perfetto che i decessi sembravano tutti causati da morte naturale.
La stessa Messalina, per sbarazzarsi di Tito, l'amante di cui si era stancata, si rivolse a Locusta.
Agrippina, l’ultima moglie dell'imperatore Claudio, decise di utilizzarla per sbarazzarsi del vecchio marito.
L’Imperatrice ebbe a incontrarsi segretamente con Locusta, dopo che un’amica le disse dell’esistenza di tale donna, per discutere il modo con cui uccidere Claudio. Locusta, intanto, era stata condannata come assassina avvelenatrice, così Agrippina, per tornaconto personale, le offrì salva la vita se avesse accolto la sua richiesta. La donna, ovviamente, non batté ciglio: oramai, non aveva più niente da perdere. Il giorno dopo consegnò una scatola piena di polvere bianca all’Imperatrice. Le garantì che sarebbe stato sufficiente metterne una piccola dose nel cibo della persona che voleva uccidere, e che quest’ultima sarebbe spirata nell’arco di mezza giornata. Sapendo che la vittima era molto amante dei funghi, preparò un miscuglio simile ai miceti, ma mortale.
Così l'imperatore ingerì il veleno per ben due volte. Infatti, come se non fosse abbastanza, Locusta le somministrò anche della coloquintide, un’erba, che accelera gli effetti del veleno, e impregnò con la stessa la piuma con la quale l'imperatore era solito farsi venire lo stimolo del vomito quando aveva mangiato troppo.
Il 12 ottobre 54, dopo aver fatto bere molto vino al marito, Agrippina personalmente gli servì il piatto coi funghi.
Mentre mangiavano, incoraggiò Claudio a testare quello più grande.
Fiducioso si avventò su di esso. Dopo sei ore dall’ingestione iniziò ad agonizzare, andando in coma e morendo poco dopo.
Per tutto il tempo Agrippina non smise un attimo di preoccuparsi del marito, interessandosi alle motivazioni dell’agonia di Claudio.
Locusta, così, ebbe ancora un nuovo periodo fortunato: la morte dell'imperatore, infatti, non fu l'ultimo ordine che ricevette dalla famiglia imperiale.
Il successore fu Nerone, figlio dell'imperatrice, e mentre Locusta era chiusa in una segreta del palazzo, Nerone aveva in mente di eliminare Britannico, il figlio di Claudio, un ragazzo che compiva 14 anni proprio quel giorno.
Per questo Nerone ebbe bisogno di Locusta.
Il nuovo imperatore, senza indugi, gli offrì la libertà se avesse portato a termine il compito affidato.
L'avvelenatrice assassina si mise subito d'accordo con il mandante, e riuscì non solo a risolvere la sua disperata situazione di prigioniera, ma allo stesso tempo divenne una donna molto utile e rispettata.
Splendidamente ospitata nel palazzo, nei quartieri personali dell'imperatore, fece un primo tentativo per trovare il veleno appropriato al caso. Per un eccesso di prudenza, così da assicurarsi che non sembrasse un delitto, il primo tentativo non produsse i risultati sperati, causando solo diarrea al giovane. Nerone, venuto a sapere dell’errore di Locusta, scatenò la sua furia, schiaffeggiando e minacciando di morte la stessa nel caso avesse fallito ancora.
Per essere sicura di non sbagliare per la seconda volta, sperimentò prima il veleno su una capra. L'animale morì dopo 5 ore, ma a Nerone sembrava troppo lunga quell’attesa.
Cosicché, Locusta, ebbe a preparare per la terza volta la sua sostanza letale testandola su un maiale, che spirò più rapidamente, come ambito dall’Imperatore.
Poco dopo, Locusta puntò direttamente su Britannico.
Successe tutto durante un banchetto, quando Nerone offrì del vino al giovane.
Anche se venne prima testato da un assaggiatore di veleno, quel liquido risultò essere troppo caldo e dovette essere raffreddato con dell’acqua. L’ arsenico e la sardonia erano proprio intrisi in quella brocca d'acqua.
Durante il banchetto Britannico, cominciò a soffrire di terribili convulsioni. Nerone, impassibile, minimizzò dicendo che era una delle solite crisi epilettiche, e lo trasportò personalmente fuori dalla stanza.
Nessuno dei presenti osò esprimere ad alta voce i loro sospetti in merito all’accadimento, ma molti pensarono subito a un avvelenamento.
Ore dopo, il 14enne morì e fu sepolto la stessa notte. Il suo corpo, fu bruciato e sotterrato a Campo di Marte, senza pompa magna e senza dissimulare la fretta di quell’azione.
Dione e Tacito diranno nei loro scritti che “in quel momento una pioggia violenta cadde evidenziando la furia degli dei”.
Nerone ricoprì Locusta di onori e parole grandiose, le donò una preziosa terra e le permise di aprire una scuola per insegnare i segreti delle piante. I veleni, da allora, vennero testati sugli animali, e talvolta sui criminali condannati a morte, nella nuova dimora dell’assassina, in un bel quartiere vicino al Palatino, dove vivevano molti cittadini potenti che iniziarono a frequentare la sua abitazione in cerca di un rimedio. Le loro richieste erano abbastanza di routine.
Locusta si coricava presto la sera, salvo quando veniva visita da qualche amante anonimo, e la mattina portava a spasso i cani, che comprava di frequente perché utilizzati nello sperimentare i veleni assieme a certuni schiavi ormai vecchi e malridotti.
Tacito dirà che “l'imperatore era così affezionato a lei, che per paura di perderla, metterà vicino alla sua casa degli uomini che la sorveglieranno affinché non le succeda niente”.
Ma dopo la caduta di Nerone, finì anche la fortuna di Locusta, poiché Galba suo successore, nel mese di gennaio del 69, l’accusò di 400 omicidi.
La punizione fu certamente ritenuta da tutti più che stravagante: secondo il filosofo di scuola platonica Apuleio, il nuovo imperatore ordinò che fosse legata e violata pubblicamente da una giraffa ammaestrata, per essere, dopo, lasciata in pasto ai leoni.
Locusta era diventata il primo assassino seriale documentato dalla storia.
Inserito da Loredana il 19/12/2012 20:11:23
Un'assassina molto competente e scaltra, se prendeva le sue precauzioni perché le sue vittime morissero avvelenate senza imprevisti che potessero salvarle all'ultimo momento. Fece una fine orribile, ma era anche difficile che dopo 400 omicidi, dopo aver somministrato la morte a così tanti uomini, potesse sfuggire al destino che si era preparata da sola. Chissà, magari Locusta era la lontanissima ava dell'altra famosa avvelenatrice della storia, Lucrezia Borgia...
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