Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Direttore de «il Borghese»
n un mio precedente intervento in questo spazio, scrissi: «Nessuno si ribella. Forse perché molti cittadini pensano che sia “illegale” mandarli a casa con la forza. È un dovere, al contrario. Per i fissati della Costituzione “nata dalla resistenza”, ricordiamo che l’art. 50, 2° comma, recita: “Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”. … Ora, è il momento di recuperare quella direttiva. Il popolo è sovrano ed ha tutto il diritto, anzi il dovere, secondo la Legge, di cacciare, anche con la forza, chi occupa il Paese».
Un lettore attento, mi ha fatto presente, con parole secche e vibranti, che «il 2° comma dell'art. 50... semplicemente... non esiste!». Giusto. Ammetto l’errore, dovuto alla buona fede nella lettura di alcuni articoli, ed alla voglia di trovare elementi in grado di scardinare questo regime di banchieri e loro «maggiordomi».
Avevo dimenticato, anche, di aggiungere che in sede di costituente era stata avanzata la proposta di inserire quel comma, ma questa fu bocciata. Piero Ostellino sul Corriere della Sera del 5/12/2012, scriveva. «La Costituente aveva respinto l’introduzione, nella Carta fondativa della Repubblica, di un comma che diceva: “Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”. ... In seno alla stessa Assemblea, Nobili Tito Oro aveva precisato che “la resistenza non è un’aggressione e tanto meno una rivoluzione; essa è una difesa”. Costantino Mortati aveva ricordato che “nessuno potrebbe sollevare delle obiezioni, e tanto meno noi cattolici, poiché è tradizionale nel pensiero cattolico l’ammissione del diritto naturale alla ribellione contro il tiranno”. Crisafulli si era detto certo che “laddove vige il principio della sovranità popolare, ivi è da ritenersi esistente, anche nel silenzio dei testi costituzionali, il diritto di resistenza”.»
Alcuni lettori potranno argomentare che è dovere di ogni cittadino conoscere la Costituzione del proprio Paese. Giusto. L’Italia è il mio Paese, la mia Patria. La Costituzione, no. Non mi appartiene.
Essa fu scritta dai vincitori della guerra civile, spartendosi i poteri. In essa, mancano completamente le basi di uno Stato moderno, fondato sui tre poteri fondamentali: l’esecutivo, il legislativo ed il giudiziario. I costituenti decisero che il potere era quello dei partiti, vollero un sistema parlamentare, con un esecutivo, espressione dei partiti e non del popolo. La magistratura fu dotata delle più ampie libertà.
Perciò, sì, questa non è la mia Costituzione. E alla luce degli ultimi dodici mesi di governo Monti, è ora di buttarla via e scriverne un’altra, nella quale il potere torni a chi è chiamato sempre a pagare i guasti dei partiti e dei poteri globali, ma mai a goderne i frutti attraverso il lavoro onesto ed una vita degna di questo nome.
Il debito (?) nazionale è arrivato ad oltre 2mila miliardi, dopo dodici mesi di sangue, suicidi, fallimenti. Per tutti meno che per i politici, che adesso si vogliono riciclare in qualcosa «di più bello e più forte che pria».
Monti è stato nominato «senatore del Regno» e imposto per applicare una politica di rigore e sanare i conti. Ci ha massacrato, eppure il debito aumenta ancora. Le entrate fiscali sono aumentate, eppure il debito non è diminuito. Dovremmo pensare, allora l’aumento delle spese ha annullato l’effetto positivo delle maggiori entrate.
Non è così. Nel 2012, l’aumento delle spese è stato del 3 per cento, mentre nel 2011 era stato del 3,7 per cento. Scorrendo il Bollettino della Banca d’Italia, alla voce «erogazioni» ai vari fondi «salva Stato» troviamo uscite che passano dai 3,9 miliardi del 2010, ai 13,12 del 2011, per poi arrivare alla fine del 2012 alla spaventosa cifra di 30,2 miliardi. Siccome questi fondi, in sede di bilancio, sono segnati a debito pubblico, ecco l’aumento. Grazie a Monti, invece che uscire dal baratro, siamo andati ancora più a fondo, e tutte le tasse sono servite a finanziare un sistema economico e finanziario completamente sbagliato.
Monti doveva risanare i conti. Con lui i tassi, scesi un poco all’inizio del mandato, hanno poi ripreso a salire, e soltanto l’intervento della Bce, guidata da Draghi, ha sgonfiato la speculazione. Il debito pubblico, lo spread, i tassi d'interesse, sono soltanto strumenti usati per incidere sui salari, sullo Stato sociale, sui settori privati della società e per sistemare le lotte interne ai gruppi finanziari ed economici globali. Quello che è certo che dietro ai sostenitori di Monti e dell'«agenda europeista» si muovono forze che sfruttano le istituzioni comunitarie per ridisegnare il nostro continente.
In tutto questo, cosa fanno gli italiani? Nulla. Si fanno prestare i soldi dalle banche per pagare le tasse, con le quali lo Stato pagherà alle banche gli interessi sul debito pubblico.
Di fronte a tutto ciò, nessuno batte ciglio. Soltanto mugugni al bar o al supermercato. Ormai prevale la rassegnazione, ed i cittadini, passata l’IMU, si preparano a pagare le nuove tasse che verranno.
Una rassegnazione che uccide la speranza. Contro questo, dobbiamo trovare il coraggio di reagire, perché la ribellione al tiranno è un diritto naturale. Di più. È un dovere nei confronti delle generazioni future affinché non siano schiavi di tecnici e banchieri.
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