Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Rosanna Bettarini
«Sono Rosanna Bettarini, Simona Costa mi ha detto che mi cercavi per dei testi del '200...» Iniziò così la telefonata che Rosanna Bettarini, la più grande filologa italiana, mi fece uno dei primi giorni di settembre di questo 2012.
Da un paio di giorni dovevo chiamarla per proporle di curare l'edizione dei sonetti dei mesi "cortesi" e "scortesi" di Folgòre da San Gimignano e Cenne da la Chitarra.
L'idea era quella di fare un'edizione particolare delle due collane di sonetti duecenteschi: un mese cortese di Folgòre e, nella pagina a fronte, la risposta burlesca di Cenne: 12 mesi cui si aggiungevano una dedica e, solo nel caso di Folgore, una conclusione. In tutto 27 sonetti illustrati con i disegni a matita litografica che Sigfrido Bartolini aveva realizzato nel 1994.
L'edizione sarebbe stata corredata da un atlante dei mesi (piccola antologia di detti, tradizioni, usi, costumi popolari collegati all'anno solare e alla sua divisione in periodi lunari) anch'esso illustrato con disegni e xilografie dei segni zodiacali dello stesso Bartolini.
Dovevo dunque chiamare Rosanna Bettarini, ci conoscevamo da anni, anzi meglio, io la conoscevo da quando avevo seguito il suo corso di Filologia Italiana all'università, poi ci eravamo incontrate da colleghe (si parva licet) e avevo avuto modo di apprezzare la simpatia che restava talvolta nascosta sotto un'apparenza di burbanzosa timidezza.
Di Rosanna Bettarini, fino da studentessa, mi aveva attirato la straordinaria elegante bellezza che si coniugava con una carriera rapidissima e fitta di allori. Di lei avevo mantenuto il ricordo dell'immagine legata alle sue lezioni (quell'anno faceva il Novellino ) dove la dottrina filologica–materia solitamente, e non sempre a torto, associata a docenti fané (nel migliore dei casi)- veniva porta a noi studenti da una donna alta, dai capelli mossi, intensamente scuri, tagliati appena sopra le spalle e pettinati all'indietro; la carnagione olivastra, i tratti forti sottolineati da un trucco che ne esaltava l'intensità. Non si poteva non dichiarare bella, Rosanna Bettarini, una bellezza che ella sapeva sottolineare con abiti eleganti di quella raffinatezza da gentildonna fiorentina, non chiassosa, ma certo tale da non passare inosservata.
E poi la sua voce, il timbro arrochito dalle tante sigarette e la cadenza fiorentina ne facevano una sorta di immagine vivente della filologia stessa, chi aveva contribuito a restaurare le edizioni originali di Petrarca, Dante o dei poeti del Duecento in genere (perché anche questo è la filologia, un'operazione di "restauro" di recupero oltre i guasti e le modifiche introdotte dal tempo e da infedeli copisti o "traduttori" troppo liberi) sembrava aver scelto di non piegarsi alla standardizzazione della lingua omologata in un formale bon ton omogeneizzato dall'uso. Quel forte, nobilissimo timbro fiorentino (lo stesso di un altro grande medievista, nel suo caso storico, Franco Cardini) la sottraeva a certa banalizzazione accademica.
Così come l'avevo conosciuta da studentessa l'avevo ritrovata anni più tardi e avevamo solidarizzato (con inaspettata facilità Rosanna aveva abbattuto il muro della mia timidezza ossequiosa di ex allieva), inizialmente sulla noia di una serata salottiera e poi sulla letteratura, gli scrittori, insomma il mondo nel quale lei era ormai maestra e io ancora giovane alle prime armi.
Ci eravamo perdute un po'di vista quando mi ero trasferita a Roma, ma il suo nome e il suo lavoro naturalmente uscivano dall'asfittica piazza fiorentina: dopo la monumentale edizione di Montale, che negli anni '80 aveva portato a termine con il suo maestro Gianfranco Contini, aveva continuato a occuparsi del poeta degli Ossi di seppia, curando nel '91 testo e apparato critico del Diario postumo e nel 2006 delle Lettere a Clizia. Nel 2007 aveva ricevuto il prestigiosissimo premio Antonio Feltrinelli dell'Accademia dei Lincei, l'anno prima aveva preso in mano le redini del premio Viareggio imprimendogli una vigorosa rinfrescata che aveva indispettito non pochi intellettuali e politici.
Ecco, dovevo telefonarle per chiederle di curare l'edizione dei Mesi di Folgòre e Cenne, che volevamo pubblicare come Associazione Centro studi Sigfrido Bartolini con il contributo di un istituto di credito pistoiese per i tipi di Pagliai Polistampa. Dovevo telefonarle, ma indugiavo, mi chiedevo se si sarebbe ricordata di me, se l'avrei disturbata a chiederle un lavoro da fare oltretutto in breve tempo, la timidezza e un po' di rispettoso timore mi avevano fatto prendere tempo nonostante il tramite rassicurante di Simona Costa (che Rosanna aveva designato alla successione per la Presidenza del Viareggio dopo le sue dimissioni).
Quel «Sono Rosanna Bettarini....» mi tolse d'impaccio. Già, perché questa è la caratteristica della gran signora che ella era, l'intelligenza di confermare il valore della convenzione formale scavalcandola con la superiorità di chi ha la grazia e il potere di farlo.
Le dissi del progetto, le spiegai che tipo di edizione intendevo fare, e pur protestando di essere oberata di lavoro mi fece capire che Folgòre e Cenne sollecitavano la filologa più di quanto ella stessa forse volesse. Poi l'idea di fare finalmente un'edizione con il testo a fronte dei due poeti, mai realizzata fino ad oggi, anche se si aveva notizia, nel '700, di un codice siffatto ma andato perduto, la allettava.
Mi promise di pensarci, ci demmo appuntamento telefonico di lì a due giorni.
Il libro è uscito pochi giorni fa, ho davanti a me una copia fresca di stampa Folgòre da San Gimignano- Cenne da la Chitarra, Sonetti de'Mesi , saggio critico e note di Rosanna Bettarini, postfazione di Franco Cardini, Mesi cortesi e scortesi, illustrazioni di Sigfrido Bartolini, Edizioni Polistampa.
Mi ero riproposta di chiamarla per ringraziarla, attendevo che passasse il Natale, poi la notizia il giorno di Natale: Rosanna ha avuto un'emorragia cerebrale ieri (il 24 dicembre) è in coma irreversibile, mi ha scritto Simona Costa rispondendo al mio sms di auguri.
Il grazie che le dovevo rimane in gola, insieme al rimpianto di aver rimandato ancora una volta una telefonata (maledetta timidezza) e a quello di averle sottratto forse un po' della vita che avrebbe voluto vivere: quando le chiesi di fare questa edizione uno dei motivi di dubbio era la voglia di riposarsi: «Alla mia età - mi disse- comincio ad avere voglia di più tempo per la vita oltre la filologia, di prendere i miei spazi, di godermi il tempo, magari facendo delle belle passeggiate, o anche niente...»
Con colpevole ritardo, che da gran dama qual era mi saprà perdonare, glielo dico adesso: Grazie, Rosanna.
Inserito da Meertaire il 20/11/2024 21:12:50
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Inserito da NewBalance547 il 15/11/2014 11:04:09
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