Guerra in corso

Siria: da paradiso a campo di battaglia

A rischio sono tutti i paesi che conservano una coscienza di sé in questo nostro tempo

di Marika Guerrini

Siria: da paradiso a campo di battaglia

...è una voce profuga a pronunciare le parole: "la Siria era un paradiso ora è un campo di battaglia". Una voce dal Libano come dalla Giordania, come dalla Turchia, come da qualsiasi luogo oltre i patri confini siriani. Una voce sciita forse, sunnita forse, cristiana forse, ebraica forse e ancora forse, perché questo era la Siria, un ventre accogliente ogni credo, ogni etnia, ogni popolo. Questo era malgrado i regimi, questo nella tolleranza, nella sua civiltà, prima, prima che fosse invasa dallo spirito di menzogna, fomentata da esso. Ma questo lo sappiamo, ci è chiaro così come ci è chiaro che ci sono altre voci, quella di Ban-ki-moon, ad esempio, Segretario dell'Onu, la voce che ha detto alla Comunità Internazionale: " ...sono estremamente preoccupato per il deterioramento della situazione in Siria, bisogna fare di più". E c'è l'altra voce, quella da Damasco, di Brahimi, che rende sonora la Lega Araba oltre che l'Onu di cui è l'inviato: " ...se l'unica alternativa è l'inferno o un processo politico, allora tutti noi dobbiamo lavorare istantaneamente per un processo politico. La pace mondiale e la storia subiranno delle conseguenze se il problema non viene risolto in pochi mesi.", questo dopo l'incontro con al-Assad, cordiale amichevole, dopo l'incontro con Lavrov, Ministro agli Affari Esteri russo. Ma il "problema" come oggi, e da un po', si usa chiamare i preliminari alle invasioni, non lo si vuole risolvere. E Brahimi lo sa, e lo sa Ban-ki-moon, e lo sa Lavrov, sebbene quest'ultimo lo sappia in maniera differente essendo l'unico a dare corpo alle parole, l'unico a proporre concretezze quale l'incontro a Mosca tra al-Assad e al-Khatib, capo della Coalizione Nazionale Siriana,  vale a dire oppositori, ribelli. Incontro a cui al-Khatib, si è negato, che ha rifiutato diversamente da al-Assad resosi disponibile. 

L'Onu, già, l'Onu che non onora le funzioni per cui è nato da molto, in realtà da sempre, forse. Dov'era l'Onu quando l'Afghanistan chiedeva aiuto, prima, prima dell'inizio della fine, prima, negli anni d'occupazione sovietica e dov'era poi quando le bombe hanno iniziato a falciare gli innocenti e dov'era nei preliminari dell'iraq e con la Palestina dov'era, dov'è, e Gaza e ancora. L'Onu è assente da sempre nei fatti ma sa pronunciare parole. E la Siria sarà invasa con alta probabilità e l'Onu lo sa. E la Siria è già invasa, per questo non ci resta che uno sguardo di ricognizione, per il triste gusto di ripetere il già detto, un breve sguardo sul passato prossimo, qualche flash pescato a caso tra i più recenti per restare consapevoli della reale panoramica storica, di questa storia che ad oggi ha procurato 60.000 vittime

21 novembre 2012, la Nato comunica d'aver ricevuto richiesta dalla Turchia, dice, circa uno schieramento di missili Patriot sul confine. Confine turco-siriano in realtà Nato-siriano. 

4 dicembre 2012, la Nato approva il dispiegamento di missili Patriot olandesi e tedeschi sul confine turco-siriano.

5 dicembre 2012, in acque mediterranee di fronte alle coste siriane la USS Eisenhower, portaerei statunitense, con 8 squadroni di bombardieri da combattimento e 8.000 uomini si unisce al gruppo anfibio USS Iwo Jima con a bordo 2.500 marines, si unisce altresì a 17 navi da guerra, 70 cacciabombardieri, 10 cacciatorpediniere e fregate armate di missili a guida militare. Distribuiti e in aggiunta a questo micidiale arsenale sono altri 10.000 combattenti.

6 dicembre 2012, negli States, i media, comprese importanti testate giornalistiche, riportano la menzogna che al-Assad fa uso di armi chimiche sul suo popolo, contemporaneamente da Beirut, Hisham Jaber, capo del Centro Studi e Ricerche per il Medio Oriente dichiara: "...gli Usa conducono un gioco psicologico per annientare Assad" e, Paula Silier, corrispondente dell' RT per il Medio Oriente scrive:" ...gli Usa sono pronti per un attacco diretto contro la Siria".

7 dicembre 2012, Sergey Lavrov dichiara: " La Siria non è la Libia" e l'ambasciatore russo presso la Nato:" Le forze straniere schierate sul confine siriano aumentano le ostilità interne con incidenti voluti".

Intanto dagli States Barack Obama minaccia di ritorsione Assad in caso usasse armi chimiche e la Clinton si "preoccupa" che queste possano cadere in mano ai ribelli. I due si muovono all'unisono a ricomporre il déjà vu del 2003 circa l'Iraq, non manca nulla: guerra di parole, riarmo, assenza dell'uso di armi chimiche da parte governativa, ché sui ribelli abbiamo seri dubbi.

11 dicembre 2012, Obama riconosce il gruppo di opposizione al regime, sempre quello guidato da al-Khatib, come legittimo rappresentante del popolo siriano, allineandosi così con Gran Bretagna, Francia e paesi Arabi del Golfo. Del resto il suo predecessore lo fece a suo tempo con i Talebani in Afghanistan, in quel caso costruiti all'uopo e non solo fomentati e armati come in questo caso i "ribelli".       

14 dicembre 2012, la Bunderstag tedesca vota per la distribuzione dei missili Patriot alla Turchia. Di contro, Salt Jeremy dell'Università di Ankara, dichiara:" Non c'è alcun rischio di attacco siriano alla Turchia. Bisogna vedere se questo non sia il primo passo per organizzare l'intervento Nato in Siria e i Patriot siano solo il gioco programmato contro l'Iran".

22 dicembre 2012, viene ucciso Haidar al-Sumudi, cameraman, mentre riprende azioni dei ribelli. E' il sessantesimo giornalista dall'inizio delle guerra civile siriana, il particolare è che tutti stavano riprendendo o comunicando azioni "incresciose" dei ribelli.

23 dicembre 2012, raid aerei su di una fila di persone, per lo più donne e bambini, in attesa davanti ad un forno per comprare il pane dopo tre giorni di chiusura per assenza di farina. Decine i morti. I media occidentali urlano: "Sono stati aerei dell'esercito governativo".

26 dicembre 2012, più o meno, le voci che hanno urlato il 23 dicono: " Forse erano bombe dei ribelli o non si sa", pronunciando a bassa voce. Noi eliminiamo il, forse.

E' così che continua ad andare in quell'angolo del Mediterraneo mentre noi ci ostiniamo a chiamare ribelli e oppositori una masnada di mercenari assoldati all'estero entro cui si muovono Servizi Segreti d'ogni nazione interessata alla caduta di Assad, all'invasione della Siria, all'attacco all'Iran. Servizi Segreti che vanno dalla Cia ai Servizi israeliani a quelli turchi ai reparti speciali della Nato e così via. Ma anche questo conosciamo, tutti lo sanno. E così riprendiamo le parole dell'Onu facendo eco alla voce di Brahimi che in Egitto, al cospetto di el-Arabi, si è espresso: 

" Cosa accadrà in Libano se mezzo milione di siriani si riverseranno lì, cosa accadrà in Giordania, cosa accadrà...la responsabilità di proteggere la regione è internazionale". 

Ma è la regione che si vuole occupare, è la regione che si vuol rendere inerme, che si vuole assoggettare. E' la  regione tutta che si vuole frantumare in staterelli venduti senza più storia né identità. E' questo che si vuole. A rischio sono tutti i paesi che conservano una coscienza di sé in questo nostro tempo. E  le parole dell'Onu, convenzionali inutili, si fanno imbarazzanti persino all'ascolto.

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