Cortei dei Tre Re

«Siamo venuti ad adorarlo»: i Re Magi nelle tradizioni Popolari dell'Epifania

"La dodicesima notte" che conclude il periodo di passaggio dal vecchio anno al nuovo cominciato col Natale

di Marina Cepeda Fuentes

«Siamo venuti ad adorarlo»: i Re Magi nelle tradizioni Popolari dell'Epifania

Nel 1164 Federico I Barbarossa, dopo aver conquistato Milano, fece trasferire le ossa dei Magi a Colonia dove furono deposte nella cattedrale di San Pietro, diventando meta di continui pellegrinaggi:  secondo  una leggenda erano state portate nella capitale lombarda dal vescovo Eustorgio, che nel  IV secolo le aveva avute dall’imperatore di Costantinopoli. 

Dei misteriosi personaggi si parla nel Vangelo di Matteo, l’unico dei Canonici che li cita: “Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: - Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”.

Matteo narra  anche del turbamento di Erode il Grande per l’arrivo di quelle  illustri personalità che cercavano il nuovo Re della Giudea e di come il monarca prego loro di tenerlo informato quando lo avessero trovato; ma i Magi, dopo che ebbero offerto a Gesù i loro doni, soggiunge Matteo, se ne andarono: “Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, fecero  ritorno al loro paese per un’altra strada”.

 L'adorazione dei Re. A.Balestra

L’episodio dei Magi venne ripreso in alcuni Vangeli Apocrifi, e cioè non riconosciuti dalla Chiesa, e in tante leggende medievali dando luogo  nei secoli  a usanze, folclore, feste  e persino ad alcuni dolci tipici da consumare il giorno dell’Epifania in molti luoghi dell’Europa.

Ma ritorniamo a Milano, che  non ha mai dimenticato il suo forte legame con i Re Magi, tant’è vero che nel 1903, il cardinale Ferrari riuscì ad ottenere da Colonia alcune reliquie che vennero sistemate a Sant’Eustorgio in un urna dell’antica Cappella dei Magi. Ebbene, il 6 gennaio vi si celebra  l’Epifania con il grande “Corteo dei Re”. La tradizione ambrosiana, ripristinata nel 1972 dopo alcuni decenni di oblio, risale al  1336 quando per la prima volta la processione dei Magi sfilò da piazza del Duomo  alla basilica di Sant’Eustorgio dove si concluse con una sacra rappresentazione.

Un cronista dell’epoca, Galvano Fiamma, ha descritto con ogni particolare il corteo, con l’arrivo dei Magi a cavallo preceduti dalla stella,  il loro incontro con Erode e infine l’adorazione di Gesù e l’offerta dei doni: “I Tre Re, incoronati di aurei diademi, recando in mano dei vasi d’oro, d’incenso e di mirra, e preceduti dalla stella che si avanza per aria, dai giumenti, dai servi che suonavano delle trombe e dei corni, da scimmie e da babbuini e da altri diversi animali, con meraviglioso accompagnamento di popolo arrivarono alla chiesa di Sant’Eustorgio e offrirono a Cristo i loro regali...”.

Un altro corteo in costume, con i Tre Re a cavallo,  angeli, pastori, contadini e  altri personaggi legati  alla storia dei  Magi, sfila ogni anno nel giorno dell’Epifania per le vie  di Taino (Mi): un documento del XVI secolo, conservato presso la Curia Arcivescovile di Milano, spiega che i doni portati dai Re Magi in corteo, rappresentavano la “decima” che la popolazione di Cheglio portava ogni anno il 6 gennaio al curato di Taino per i servizi resi alla comunità. L’usanza è arrivata fino alla Svizzera italiana dove il regale corteo dei Tre Cavalieri viene detto “Cavalcata dei Re Magi”: a Mendrisio, Chiasso, Roveredo Grigioni e Castel San Pietro i Re distribuiscono pacchi a bambini e anziani.

 Corteo dei Re Magi a Milano

Anche in Provenza  il tradizionale Corteo dei Magi è chiamato la “Cavalcata dei Re Magi” (“Chevauchée des Rois Mages”): d’altronde in Francia i Tre Re sono tuttora i portatori dei regali ai bambini la notte della vigilia dell’Epifania. E così anche in Spagna dove  il 6 gennaio è detto “El dia de los Reyes Magos”, “il giorno dei Re Magi”: il più atteso e importante dell’anno per i bambini.

La “Cabalgata de los Reyes Magos” arriva in ogni città della penisola iberica  al pomeriggio della Vigilia con i  carri pieni di sogni e un seguito di inservienti pronti ad aiutare i sovrani dell’Oriente  a lasciare i doni in ogni casa dove ci sia  un bambino. E la mattina del 6, dopo l’apertura dei regali, tutta la famiglia  fa colazione  con  il “Roscón de Reyes”, la tipica  “Ciambella dei Re”.

Secondo l’antropologo spagnolo  Julio Caro Baroja (1914-1995) il tradizionale ciambellone   trova le sue origine nei “Saturnali” dell’antica Roma, le feste dedicate al dio Saturno al solstizio d’inverno: un’ipotesi condivisa da tanti altri studiosi europei. In quei giorni i Romani nascondevano una fava secca all’interno di una focaccia e se veniva trovata da uno schiavo costui acquistava in libertà durante i giorni della festa;  oppure se a trovare la fava era un uomo libero  veniva nominato “Re del festino” con ampi poteri decisionali.

La festa dell’Epifania, che vuol dire “Manifestazione”, e infatti il 6 gennaio si celebra la “Manifestazione di Dio agli uomini nel suo Figlio Gesù”, è d’altronde l’anticamera del vicino Carnevale, che comincia ufficialmente  il 17 del mese festa di Sant’Antonio Abate,   e perciò in molti  luoghi si celebrava con  mascherate, questue e  falò propiziatori.  E perciò inoltre, nell’antico  Ducato di Parma, si nascondevano due fave, una bianca e una nera, nell'impasto della tipica “focaccia  della Befana”: chi trovava la nera diventava il “re della burla”, chi la bianca la Befana vera e propria e entrambi sedevano a capotavola nel pranzo del 6 gennaio.

Roscon de Reyes

 Tuttora d’altronde, all'interno del “Roscón de Reyes”  viene nascosta una “sorpresa” che una volta era una fava secca - poi diventata di  porcellana o di metallo - e infine  una figurina che raffigura uno dei Re: chi la trova viene incoronato  “Rey de la epifania”, “Re dell’Epifania”. In alcuni luoghi gli oggetti nascosti nel ciambellone, sono due, una figurina e una fava: chi trova la figurina sarà appunto il “Re” e chi trova invece la fava dovrà pagare il dolce per tutti.

In Portogallo, dove  in alcune zone  sono i Re magi a portare i regali ai bambini, la mattina del 6 gennaio si consuma un dolce speciale  detto  “Bolo Rei”, la “Corona dei  Re”, confezionato con la pasta delle brioche ma arricchita con  cioccolato e decorato con i frutti canditi e  zucchero a velo: un vero e proprio inno al solstizio d’inverno!

Anche in Italia la festività dell’Epifania, con l’arrivo della vecchia Befana, chiamata anche la Vecchia,  la Vecia o la Stria, la Pasquetta e altro ancora, è celebrata con alcuni dolci tipici: per esempio nel Triveneto c’è la “Pinza”, una  sorta di  focaccia con fichi secchi e  uvetta, talmente grossolana  che di una persona testarda si dice tuttora in dialetto che “se dura come na’ pinza”. Invece a Vicenza la “Pinza”, preparata anche la  farina gialla, prende il nome di “Putana”: una volta i contadini l’avvolgevano nelle foglie  di verze e la cuocevano all’aperto sotto le ceneri del  falò che ardeva lento nella notte del 5 gennaio. E mentre le fiamme salivano al cielo i ragazzi del luogo cantavano: “Pane e vin/ la pinza sul larin”.

In  Toscana la focaccia dell’Epifania  è detta  “Tordellone” perché la sua forma a mezzaluna ricorda un tortello o raviolo; mentre i tipici biscottini per i bambini, chiamati “Befanini”, hanno le fogge più svariate e fantasiose: animaletti, fiorellini, stelline.

Pinza della Befana

L’usanza di consumare un pane dolce il 6 gennaio  esiste anche in Provenza, dove    il dolce, che  è ornato da frutti canditi e granelli di zucchero come fossero le perle  e le pietre preziose di una vera corona regale,  si chiama   “La Couronne”.  Naturalmente, come accade in Spagna, all'interno è nascosta la tradizionale “fava” per l’effimera elezione  del Re o della Regina della Festa che verrà incoronato con la coroncina di cartone dorato posta al centro del tipico  ciambellone.

Ma in genere il popolare dolce  viene chiamato in Francia la “Galette des Rois”,  ed è l’elemento più importante della “Festa dei Re” tant’è vero che una filastrocca per bambini chiamata proprio  “La Galette des Trois” spiega che i Tre Magi, ai quali si è storpiato i tradizionali  nomi di Melchiorre, Gaspare e Baldasarre,  non hanno inseguito una stella bensì una luna rotonda come una galette: “Meltapar, Gastazar et Balthachior/ ne poursuivent pas une étoile. /Eux ce qu'ils veulent décrocher, c'est la lune!/ Cette lune ronde comme un galette”.

Invece in Alsazia il tipico dolce, protagonista indiscusso delle feste indette dalle Confraternite dei Re Magi alsaziane,   è detto   “Kougelhopf”   ed è una sorta di parente germanico  della “Galette des Rois”  a forma però di corona rovesciata. La ricetta originale è di Ribeauvillé, la cittadina dove è ambientata la bella  leggenda di un  vasaio della gamba di legno e dei Tre Re giunti dall’Oriente. Eccola, per la gioia di grandi e piccini.

«Si racconta che un giovane vasaio con una gamba di legno che abitava a Ribeauvillé, un lindo paese del nord dell’Alsazia, sull’Alto Reno, si chiamava Kougel e fabbricava ogni tipo di vasi, piatti e oggetti di ceramica in terracotta verniciata.

Una sera di giugno chiamarono alla sua porta tre misteriosi viaggiatori, vestiti con abiti sgargianti e con degli strani copricapo in testa: uno aveva la pelle bianca e una lunga barba candida come la neve; un altro era di colorito giallognolo e la sua corta barba era castana; infine l'ultimo non mostrava nemmeno l’ombra di una peluria sul suo bel volto scuro. Dissero di chiamarsi Gaspard, Melchior e Baltazard, di provenire dall’Oriente e di aver percorso tanti chilometri perché stavano tornando dalla Palestina dove avevano reso omaggio a uno straordinario neonato di nome Gesù.

Il buon Kougel, nonostante la sua povertà, non dubitò un attimo nel dare ospitalità ai tre viandanti offrendo loro quel poco che aveva da mangiare.

I  Re Magi, perché di loro si trattava, mangiarono con appetito e poi andarono a dormire tutti e tre nel lettone del generoso vasaio.

Mentre Kougel si affaccendava da un lato all’altro della grande cucina per rimettere tutto a posto, nel silenzio della notte si udiva soltanto il suono della sua gamba di legno sul pavimento: “hopf, hopf, hopf”!

Al mattino dopo, quando Kougel scese in cucina di buon’ora per preparare la colazione ai suoi tre regali ospiti vide sul tavolo uno strano stampo di terracotta a forma di corona rovesciata all’interno del quale c’era un dolce ancora caldo.

Un bigliettino diceva: “Diventerai celebre in tutta l’Alsazia con questo dolce che abbiamo realizzato per te con questo stampo speciale. E si chiamerà, perché nessuno mai dimentichi il tuo buon cuore, “Kougel-hopf”».

Del tradizionale pane dolce chiamato, appunto, “Kougelhopf” esistono molte ricette, secondo i luoghi, ma dappertutto gli elementi costanti sono l’uvetta all’interno e le mandorle e lo zucchero a velo in superficie: una sorta di tronco di cono tondo con delle scanalature e col buco al centro, che esternamente somiglierebbe a un pandoro.

Ma torniamo all’ispanico “Roscón de Reyes” che, insieme con tante altre usanze natalizie, è giunto in America latina sulle tre caravelle di Cristoforo Colombo: da secoli infatti, “El dia de los Reyes Magos” del 6 gennaio è la data più attesa dai bambini di tutti i Paesi di lingua ispanica, nonostante la vicinanza con l’America del Nord dove il principale “portatore di doni solstiziali”  è il   bonario Santa Claus o Papá Noel.

Nell’America Latina regnano invece incontrastati “Sus Majestades los Reyes” con il loro carico di belle storie e di regali per tutti. E, come in Spagna, il dolce tipico del “Dia de los Reyes” è la “Rosca de Reyes”:  all’interno c’è una sorpresina che farà incoronare “Re de la Casa” il fortunato che la troverà, mentre chi avrà nella sua porzione una fava secca verrà castigato a pagare il dolce per tutti i commensali.

In Messico s’introduce nella “Rosca de Reyes” un  pupazzetto – “El Niño”  o  “El Muñequito” - di ceramica o di terracotta: chi lo troverà dovrà pagare ai presenti la tradizionale  “tamalada”, il tipico cibo a base di  mais della Festa  della Candelora del 2 febbraio. Quel Niño simboleggia il Bambino scappato alla Strage degli Innocenti: perciò il momento di tagliare la focaccia è pieno di suspense poiché la lama del coltello potrebbe ferire Colui che invece è riuscito a sfuggire Erode!

In altri luoghi al posto del pupazzetto c’è un “monito”, una figurina a forma di scimmietta, che ha lo stesso ruolo del Niño e che simboleggia la “burla” fatta da Magi ad Erode andando via di nascosto.

E ora, per festeggiare “El dia de los Reyes Magos”,  vi darò a continuazione la ricetta originale dell’ispanico “Roscón de Reyes”, da consumare   per la colazione o il pranzo del 6 gennaio.

Preparatelo anche voi questa notte per i vostri bambini, figli o nipoti: così avrete un alibi per rimanere alzati fino a buon ora e poter ascoltare gli animali di casa che probabilmente parleranno in questa notte magica dell’Epifania, o della Befana, quando una volta si credeva anche che i morti s’incarnassero.

La Notte della Befana vien detta anche “La Dodicesima notte” di  shakespeariana memoria : una notte che conclude il periodo di passaggio dal vecchio anno al nuovo cominciato col Natale. Si tratta dunque di una sorta di capodanno, e come ogni “capo dell’anno” è colma di sortilegi, e perciò afferma un proverbio che  “La notte della Befana nella stalla parlano il bue e la cavalla”. Ma anche i gatti e i cani e i criceti e gli uccellini: perciò occorre stare attenti a quel che diranno questa notte, perché in genere sono lamentele e pettegolezzi su di noi umani...

Ecco dunque la tradizionale ricetta del  “Roscón de Reyes”.

Ingredienti per 10  persone:

500 gr di farina

3 uova

3 cucchiai di zucchero

50 g di burro

latte

3 cucchiai di essenza di fiori d'arancio

1 arancia

30 g di lievito di birra

150 g di frutta candita varia

3 cucchiai di granella di zucchero

2 cucchiai di sciroppo di zucchero

ciliegine candite

1 fava secca oppure una figurina di porcellana

cartoncino dorato

Con la farina messa a fontana sul tavolo, le uova, lo zucchero, la scorza d’arancia tritata, l’acqua di fiori d'arancio, il burro ammorbidito a temperatura ambiente e il lievito sciolto in poca acqua tiepida, cominciare a impastare energicamente finché si formerà una pasta come quella del pane. Lasciarla lievitare per 3 ore coperta con un panno.

Poi spennellare una teglia tonda di circa 30 cm di diametro e trasferirvi la pasta dandole la forma di un rotolo a corona, all’interno del quale sarà stata inserita la fava secca, la monetina o qualsiasi sorpresina. Spennellare la pasta con lo sciroppo e cospargerla con la granella di zucchero: coprire di nuovo e lasciarla lievitare ancora un’altra ora.

Infine cuocere nel forno a 180° per 40 minuti circa.

Nel frattempo confezionate con del cartoncino dorato una coroncina da mettere al centro della ciambella prima di consumarla.

Poi, quando il “Roscòn de Reyes”  sarà dorato e gonfio togliere dal forno e, ancora caldo,  ornarlo con la frutta candita a strisce , le ciliege e ancora granella di zucchero, facendo aderire tutto bene. Volendo, a fine cottura, una volta freddo, lo si può farcire  con la panna montata o la crema pasticciera.

Consumarlo per la Festa dell’Epifania e, se la fortuna vi assiste,  potrete  diventare Re o Regina  anche soltanto per un giorno.

Ah, e BUONA EPIFANIA a tutti i lettori!

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