Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
ra i tanti parametri utilizzati per fotografare lo stato di salute dei singoli Paesi europei, quello demografico è il più sottovalutato, in particolare dagli osservatori italiani.
Su di esso pesa evidentemente un certo complesso ideologico, determinato sia dal radicalismo d’impronta maltusiana, che, a partire dagli Anni Sessanta, ha condizionato prima il mondo accademico poi il costume collettivo, individuando nell’ansia della sovrappopolazione della terra una delle grandi emergenze del mondo moderno, sia dall’idea che, parlando di crisi demografica, si finisca per evocare i fantasmi del numero-come-potenza, con gli immancabili corollari del colonialismo e dell’imperialismo.
Lasciando da parte le anticipatrici analisi del bavarese Riccardo Korherr, autore di Regresso delle nascite: morte dei popoli, prefato nell’edizione italiana del 1928 da Benito Mussolini e da Oswald Spengler, la questione in realtà è ben più semplice. E riguarda proprio temi di stringente attualità, quali il “declassamento” dei singoli stati, la crisi economica, il ricorrente argomento dell’emergenza pensionistica.
Del resto, l’aumento delle tasse (in particolare per pensioni e sanità) è strettamente legato all’invecchiamento della popolazione, mentre è un dato di fatto che la diminuzione delle nascite non ha provocato l’innalzamento della ricchezza degli stati interessati al fenomeno, i quali , negli ultimi venti anni, hanno, al contrario, visto un aumento del loro indebitamento.
Numeri alla mano, si può parlare perciò di un rischio collasso per decine di stati interessati al fenomeno, con conseguenze gravissime per l’intero equilibrio globale.
E purtroppo l’Italia è tra questi, visto che la frequenza delle nuove nascite si colloca ormai stabilmente sotto quota 600mila l'anno, 150mila in meno della quota necessaria a garantire l'attuale dimensione demografica e quindi sotto la soglia di equilibrio, mentre la fecondità è scesa sotto la linea che consente il ricambio generazionale, cioè 1,4 figli per donna. Il risultato è che in Italia gli under 20 sono ormai in numero pressochè uguale agli over 65, da qui l’affannoso spostamento delle “finestre” previdenziali e le continue richieste di innalzamento dell’età pensionabile.
Perciò serve “una revisione radicale delle priorità”, che riporti al centro famiglia e maternità, con un’ampia “presa di coscienza” sull’argomento ed una conseguente assunzione di responsabilità dell’intera società nazionale, a tutti i livelli, dalla politica, alla cultura, all’economia.
Il quadro non è ancora irreparabilmente perduto. Nel Paese è ancora forte il desiderio di famiglia e di maternità. Ma è un dato di fatto che siano molti, troppi, i fattori di ordine sociale e culturale che frustrano tale desiderio, lo depotenziano, lo riducono nell’ambito delle dispute morali o “di fede”.
Come evidenziano certi parametri il problema riguarda invece la stessa tenuta del nostro sistema economico e sociale, la bontà dei nostri bilanci, quello pubblico e quello delle famiglie, la possibilità di affrontare e reggere le sfide future.
Più che un costo i figli vanno insomma visti come una grande risorsa, spirituale e materiale, su cui credere ed investire. Al di là delle scaramucce elettorali, dei programmi “in fotocopia”, delle alleanze future su questi crinali si gioca il futuro nazionale, pena un’inarrestabile decadenza, insieme economica, sociale e culturale. Speriamo che – tra tante liste e listarelle elettorali – qualcuno se ne accorga.
Inserito da ghorio il 23/01/2013 10:07:12
Tutto bene quello che scrive Bozzi Sentieri: solo però che poi in Italia non si registrano politiche dirette all'incremento della natalità. Ci vorrebbe un po' di coerenza nei programmi dei vari partiti.Quanto all'invecchiamento della popolazione c'è un altra incoerenza perchè i cosiddetti anziani vengono considerati un peso dalla società: basta guardare alle difficoltà di occuparsi dei cinquentenni.Guardiamo agli Stati Uniti come modello, poi razzoliamo sempre peggio.Pertanto:l'incremento della natalità deve essere considerata una grande risorsa ma poi è necessario adottare programmi e riforme che la favoriscano inculcando nella mente dell'italica stirpe, a tutti i livelli, politici, imprenditori, etc, che bisogna operare in questa direzione. Giovanni Attinà
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