Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
C’è di che rimanere allibiti! Non solo la campagna elettorale ci propone scontri fra candidati che sembrano banali battibecchi da pollaio dove la politica, l’economia, i programmi sono parole vuote di significato e di effettivo contatto con la realtà di un paese stritolato da una recessione che fra non molto porterà, gran parte della popolazione, sulla soglia della povertà vera. Ma ora ci si mettono anche i magistrati che litigano e si insultano come lavandaie (con tutto il rispetto per una categoria scomparsa, ma assai più affidabile degli addetti alla giustizia).
Il confronto a distanza, e ovviamente via “media”, perché se non lo sanno i mezzi di informazione che gusto c’è, fra Ingroia e la Boccassini sta assumendo i toni di una pochade patetica di quarta categoria, di quelle che un tempo le compagnie di giro portavano nei teatrini di quartiere fatti di quattro assi pericolanti e un tendone consumato dalle tarme, per intrattenere un pubblico desideroso di grossièreté, ricevendo il più delle volte sonori fischi, apprezzamenti volgari e il lancio di qualche ortaggio (che a quei poveretti tornava pure utile per fare un minestrone).
Purtroppo, oggi è rimasto l’avanspettacolo grossolano, ma è sparito il buon vecchio pubblico capace di reazioni legittimamente sanguigne, doverosamente indignate, sanamente reattive. Siamo rimasti noi, pubblico di elettori consumati dal disgusto ma incapaci di manifestarlo. Costretti ad assistere a scambi come quelli di cui vi diamo breve sintesi.
Antonio Ingroia è stato accusato, praticamente da tutti (tranne da quelli della sua lista), di essere entrato in politica non solo usando il trampolino delle inchieste penali da prima pagina, ma anche di non essersi dimesso dalla magistratura mantenendo così il paracadute di un lavoro che può tornare a fare se le elezioni andassero male, e soprattutto accusato della mancata soluzione della continuità fra l’essere magistrato e candidato.
Dunque il magistrato in aspettativa Ingroia, di fronte alla ennesima legittima contestazione sul suo conflitto di interessi, ha chiamato in sua difesa nientemeno che Giovanni Falcone, assimilando la propria posizione a quella del magistrato ammazzato dalla mafia:
«Non è un caso che quando Falcone iniziò la sua collaborazione con la politica le critiche peggiori giunsero dalla magistratura»
A parte il fatto che Falcone non si è mai candidato e questa è una differenza non trascurabile, il paragone ha fatto sussultare tutti e la Boccassini da Milano gli ha risposto in tono poco conciliante:
«Come ha potuto Antonio Ingroia paragonare la sua piccola figura di magistrato a quella di Giovanni Falcone? Fra loro esiste una distanza misurabile in milioni di anni luce, si vergogni»
Ingroia di rimando:
«L’unica a doversi vergognare è lei che, ancora in magistratura prende parte in modo così indecente e astioso alla competizione politica manipolando le mie dichiarazioni. »
Quindi l’affondo:
«Ilda Boccassini conti fino a tre prima di parlare. Mi basta sapere cosa pensava di lei Borsellino e cosa pensava di me.»
Chapeau, Monsieur Ingroia, questa sì che è una replica da vero gentiluomo!
L’eleganza del magistrato in aspettativa-candidato, non si è fermata alla replica alla collega Boccassini, perché anche alla sorella di Falcone che lo aveva giustamente e legittimamente esortato:
«Non usi il nome di mio fratello Giovanni per fare politica»
L’ineffabile ha risposto:
«Mai usato. Lei sì e non venne eletta!»
Complimenti! Siamo estasiati al pensiero che un siffatto raffinato diplomatico, elegante battutista, cortese interlocutore possa correre per diventare premier (impossibile per fortuna) ma anche solo, per rappresentare i cittadini italiani in parlamento!
Ma il vero problema, oltre a questo non trascurabile, è la misura della credibilità che questi magistrati danno alla loro professione.
Come possiamo aver fiducia nelle loro inchieste, dalle più importanti alle più trascurabili (magari piccole indagini locali che per chi ci si trovi implicato da imputato sono più devastanti delle grandi), se la credibilità della categoria è trascinata nel fango di una arbitrarietà intoccabile e indiscutibile, che invece di essere normata da un codice etico, da una legge sulla responsabilità degli atti che compiono e che si esercita sulle vite degli individui che abbiano la disgrazia di cadere sotto le loro grinfie, è legata solo alla personalità degli individui e dai loro interessi?
Gli interessi di un magistrato ormai non sono più (se lo sono mai stati, ma vorremmo credere di sì) amministrare la giustizia, ovvero far sì che, in base alla legge, la giustizia compia il suo corso colpendo i criminali e difendendo le vittime.
Gli interessi dei magistrati sono ormai solo di andare sulle prime pagine dei giornali e avere il loro quarto d’ora di notorietà, avere il potere di determinare la politica utilizzando la legge come clava da abbattere sulla testa del malcapitato a prescindere dalla verità, o semplicemente dimostrare di chiudere un caso aperto, prima possibile e soprattutto con una condanna in maniera da aggiungere una tacca alla pistola del loro curriculum.
Per tutti ormai quella signora bendata con una bilancia che dovrebbe stare in equilibrio è una escort da utilizzare per il proprio piacere professionale, infondo la poveretta è bendata e non vede chi abusa di lei, la bilancia non può parlare e si sa che ci sono tanti modi per taroccare anche i meccanismi di pesi e contrappesi più sofisticati.
E allora sapete qual è il vero dramma? Non solo quello individuale di chi si trovi stritolato dagli ingranaggi di una macchina governata da questa categoria ormai non più affidabile, il dramma vero, quello che fa male a tutto il paese e a ciascuno di noi, è che non possiamo più credere nelle loro inchieste, MAI, neppure quando abbiamo il sospetto, magari la quasi certezza, che effettivamente quel politico, quell’imprenditore o magari solo quel piccolo comune imputato che non siano stati presi in fragranza di reato (perché questo non succede mai, chissà perché) abbiano effettivamente qualche colpa.
Ormai la magistratura ha talmente compromesso la propria credibilità che ogni volta che sentiamo che tizio o caio noto o ignoto è accusato di qualcosa ci chiediamo se si tratti di un’ennesima operazione spot, di una ennesima intromissione indebita nella politica, o semplicemente di una causa che arricchisca il curriculum di condanne del magistrato titolare dell’inchiesta.
Questo significa che l’unico reato che nessuno sta perseguendo è l’uccisione della Giustizia.
Requiescat in pace! Amen
Inserito da Loredana il 31/01/2013 15:04:32
Io vedo Ingroia e rivedo Azzeccagarbugli, l'indimenticabile e vero personaggio manzoniano. Sono passati poco più di duecento anni dall'epoca, ma in fondo niente è cambiato nel settore, a parte le mode e la tecnologia. Penso che persino le lavandaie dei secoli scorsi avessero più correttezza nell'apostrofarsi e magari tirarsi dietro le ceste di panni l'una con l'altra, dei magistrati italiani che scendono in politica. Scendono perché si abbassano notevolmente i livelli di decenza, di educazione e di onestà, checché ne dica il Prof. Vetriolo Monti. Mi piacerebbe che quella dea bendata un giorno scendesse dal suo piedistallo e cominciasse a menar fendenti alla cieca con la sua bilancia: coglierebbe tutti i colpevoli, senza fallo.
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