Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Se non è un annuncio di facciata, quella “sobria” del professor Monti, a breve (?) il ristorante di Montecitorio dovrebbe lasciare il posto ad un self-service. Di conseguenza lieve alleggerimento delle spese, sia per il minor impiego di manodopera, sia per la necessaria semplificazione dei menù. In tempi di crisi la notizia ovviamente è la benvenuta.
Non tanto per l’effettivo risparmio, quanto per quel minimo di pudore che deve avere chi chiede o vota, facendoli chiedere ad altri) sacrifici ai propri elettori.
Da mesi abbiamo sentito dire che la riduzione dei costi della politica (da intendersi nelle sue forme di rappresentanza o di vitalizi) non avrebbe portato a sostanziali risparmi, tali insomma da invertire il trend del nostro bilancio.
Già, e chi se lo era mai figurato! Nessuno con un po’ di buon senso ha mai pensato che tagliando le spese di onorevoli e senatori si sarebbe risolto il debito pubblico. Non risolve, ma aiuta!
Altrimenti qualunque manovra che non sia il dissanguamento dei cittadini è inutile.
Inutile l’aumento dell’iva al 21%, infatti non ha risolto e ha fatto aumentare i prezzi; e non ci dicano di no, chi fa la spesa per la famiglia lo sa bene.
Inutile le tasse sui carburanti, anche quelle non risolvono, ma gravano doppiamente sul portafoglio di ciascuno di noi, direttamente perché ci costa di più viaggiare in macchina, indirettamente perché ancora portano aumenti nei prezzi delle merci trasportate su gomma (in Italia praticamente tutto).
Vogliamo dire che trasformare il ristorante di Montecitorio in self-service rappresenta un risparmio irrisorio (soprattutto se non aumenteranno i prezzi agli onorevoli e ai giornalisti che ne usufruiscono)? È innegabile, ma come insegna l’economia spicciola di zio Paperone, si riempie un deposito di monete se si comincia con risparmiare un cent.
E poi facciamoci due calcoli.
Immaginiamo che la Camera, per esempio, rinunci alla sua Fondazione, dorato parcheggio per ex presidenti dell’Assemblea dei deputati. I quali dopo aver terminato il mandato tornino comuni mortali senza scorta, super ufficio auto di servizio e budget da gestire per affermare la propria esistenza di ex.
Immaginiamo che i parlamentari, invece di ricevere, oltre il loro emolumento non proprio da fame, un contributo per i loro assistenti (pari allo stipendiuccio di un insegnante delle elementari di prima nomina), vengano rimborsati delle medesima cifra dietro dimostrazione di avvenuto pagamento. Spesso i parlamentari rinunciano all’assistente o se ne prendono uno in comune e intascano la differenza, oppure pagano in nero i poveri portaborse con quel che ne consegue.
Immaginiamo che invece di ricevere un vitalizio (ai 65 anni) anche solo per una legislazione portata a termine, i parlamentari ricevano nello stipendio quanto versato per loro in contributi e scelgano se farsi una pensione o usarli come meglio credono, ma finito il mandato fine della giostra nessuno paga più niente a nessuno.
A questo proposito abbiamo già scritto come l’on europea Serracchiani abbia difeso i vitalizi, a lei si è aggiunto l’ex presidente Bertinotti che,alla Zanzara di Radio 24, ha candidamente detto che dopo aver lavorato una vita ritiene di aver diritto alla pensione! Per carità giusto, ma siamo sicuri che debba essere una pensione privilegiata come quella che avrà pagata da tutti noi che invece non l’avremo?
Buuuu, sento già le proteste, questa è antipolitica, qualunquismo spicciolo, magari anche invidia sociale. Facile linciaggio di pochi ecc ecc.
Può darsi. Può darsi che sia antipolitica, ma qualcuno mi può spiegare perché dovremmo stare dalla parte della politica dopo il disastroso fallimento che essa stessa ha riconosciuto cedendo e applaudendo un governo tecnico che li ha commissariati come incapaci?
In un paese serio sarei la prima a battermi per i privilegi economici e di status di chi ha diritto al titolo di onorevole. Mi farebbe orrore pensare ad un deputato o un senatore in fila ad un self service.
In un paese serio le istituzioni e persone serie hanno diritto alla serietà e al decoro, anzi più che al decoro.
In un paese serio la forma è sostanza.
Appunto in un paese serio, purtroppo non nel nostro.
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