Generazione nonni

I giovani sapranno costruire ponti sul baratro

I ragazzi con gli stivaloni nel fango di Genova rappresentano la possibilità di un futuro

di Matilde de Pasquale

I giovani sapranno costruire ponti sul baratro

I giovani riusciranno a costruire un ponte sull'abisso?

Cara Giulia e cara Simonetta vorrei avere accesso al vostro colloquio intenso e affettivo in nome della mia appartenenza alla generazione dei nonni , a quella generazione a cui Simonetta attribuisce ancora punti di riferimento e disegni condivisi. La mia generazione ha la responsabilità di aver tentato di cambiare il mondo con il 68 (ma anche di essere rimasta indifferente al momento epocale) per assistere poi all’appropriazione del movimento da parte di chi del movimento aveva visto o solo una strada per un successo personale o un mezzo di lotta da radicalizzare verso la violenza istituzionalizzata come valore a sé.

Negli anni di piombo delle spinte innovative e delle motivazioni ideali del movimento non è rimasto più nulla, solo appunto il terrore sia quello delle strade sia quello di chi si vedeva espropriato della propria lotta. La conseguenza è stata per molti di noi un abbandono amareggiato del pubblico, come dimensione dell’azione, un rinchiudersi nella propria frustrazione nel lasciar fare a chi sa muoversi nel torbido.

Che ruolo ha avuto in tutto ciò il sapere? E soprattutto che cosa intendete voi che, sull’uso dei termini sembrate concordare, con sapere e cultura? La mia cultura e il mio sapere non mi consentono di pensare questi due termini avulsi da una visione politica, da un impegno sociale, dalla conoscenza dei fatti economici. La cultura può essere intesa sia come patrimonio di saperi e conoscenze sia come un habitus comportamentale che deriva dall’essere parte di una tradizione, accettata per scelta autonoma, all’interno della quale il nostro agire acquista senso e diventa testimonianza.

Così il sapere a mio giudizio non esiste se non come un insieme di saperi che forse sarebbe meglio definire conoscenze selezionate secondo un piano personale di quella che i tedeschi chiamerebbero Bildung. Ora non credo che lo studio e la frequenza di una facoltà come Lettere sia sufficiente a garantire la formazione, o almeno non più e non meno di qualsiasi altra Facoltà o corso di studio.

Io stessa in un breve incontro con Giulia ho espresso la mia commiserazione per la scelta di una Facoltà che oggi si direbbe ‘improduttiva’, che non garantisce altro se non la disoccupazione o la sottoccupazione. Ma questo rientra in una visione realistica della situazione italiana, confermata ad es. da una risposta letta su un settimanale (dal parrucchiere) della Latella ad una lettrice in cui le consiglia di abbandonare ogni velleità di diventare giornalista perché l’editoria è ormai alla frutta.

Ritengo che ai giovani non si possano dare risposte legate all’immanenza di un presente, che è per loro il passato e per noi il futuro mancato. Loro sono il ponte verso un futuro che non ci appartiene e su cui noi, nonni e genitori, abbiamo gettato solo ombre e paure.

Il baratro che Giulia vede davanti a sé ci appartiene, lo abbiamo scavato noi, ma sono fiduciosa- e del resto i ragazzi con gli stivaloni che spalavano il fango a Genova ne sono la più convincente testimonianza – che Giulia e i suoi coetanei sapranno costruire quei ponti oltre il baratro attivando le potenzialità che le nostre generazioni hanno soffocato coniugandole con i nuovi saperi della loro epoca.

La cultura non è un patrimonio bloccato in banca ma è una linfa che va alimentata ed arricchita, anche leggendo i giornali…e, aggiungerei, i poeti.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Antonella Cristofani il 25/11/2011 11:40:32

    Sono una nonna che non si perdona “di aver lasciato fare a chi sa muoversi nel torbido”. La de Pasquale ha trattato questo tema difficile esprimendo quanto ognuno di noi sente, ma non è capace di tirar fuori. La ringrazio dunque per averci indicato il ponte che i giovani stanno costruendo per sanare i nostri baratri. Loro sì che sanno far muovere il patrimonio culturale.

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