Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
E’nata prima la corruzione della “società civile” o quella politica ? Il quesito è tutt’altro che retorico, viste le recentissime vicende che hanno portato ad evocare la stagione di Tangentopoli, la madre di tutte le corruzioni nazionali., di fronte al dilagare dei fenomeni di corruzione, che hanno colpito il settore bancario, i vertici di alcune, grandi imprese industriali, bei nomi del gotha produttivo e poi, via via, livelli sempre più ampi e profondi della “società civile”. Oggi la corruzione dilaga negli studi professionali, nelle ditte di costruzione, tra i piccoli e grandi appalti pubblici, colpisce la sanità, si insinua (a colpi di false pensioni d’invalidità) negli strati popolari.
Come ha dichiarato il procuratore regionale della corte dei conti della Lombardia, Antonio Caruso, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario: “La piaga della corruzione, ben più grave rispetto a 20 anni fa (l'epoca di Tangentopoli, ndr), si è ormai annidata nel profondo del tessuto sociale e costituisce un'intollerabile distorsione del sistema”.
Il procuratore Caruso ha posto l’accento sui fenomeni corruttivi e concussivi nella pubblica amministrazione, scaricando sulla burocrazia e sulla politica gran parte delle “distorsioni del sistema”. Basta, questa denuncia, per salvare il più vasto sistema-Paese ?
Francamente le facili assimilazioni con il passato, attraverso la più volte citata stagione di Tangentopoli, ci lascia perplessi.
Intanto perché consolatoria rispetto appunto ad “un sistema” che non tocca solo il mondo della politica, ma travolge banchieri ed imprenditori, professionisti e gente comune. Rispetto al passato protagonisti non sono i partiti, ma i singoli individui, i funzionari pubblici da una parte e i rappresentanti della sempre più cosiddetta “società civile” dall’altra. La “mazzetta” non serve ad alimentare – come un tempo – i costosi apparati partitocratici, ma garantisce vite dorate ai corrotti ed ai corruttori, uniti dalla comune appartenenza al “partito dei furbi”.
Giuseppe Prezzolini, che dei nostri mali nazionali se ne intendeva, non a caso, già novant’ anni fa (nel suo Codice della vita italiana) distingueva i cittadini italiani in due categorie: i fessi ed i furbi. Scrive Prezzolini: “Non c’ è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia; non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente sulla magistratura, nella pubblica istruzione, eccetera; non è massone o gesuita; dichiara all’agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, eccetera, questi è un fesso”.
Facile –a questo punto – individuare chi siano i “furbi”: quelli che evidentemente si comportano all’opposto, arrivando – nota sempre Prezzolini – a fare la figura di mandare avanti il Paese, pur non facendo nulla, spendendo e godendosela: del resto il furbo si interessa al problema della distribuzione della ricchezza, mentre il fesso a quello della produzione.
Di questa Italia-doppia è purtroppo disseminata la nostra Storia. Negli Anni Cinquanta del ‘900 “L’Espresso”, rivista del radicalismo di sinistra, pubblicava un’ampia inchiesta, dal titolo “Capitale corrotta = Nazione infetta”, dedicata al dilagare della speculazione edilizia nella Roma postbellica. Faceva il paio con questa inchiesta la sistematica opera di denuncia, portata avanti, sul fronte politico-giornalistico opposto, da “il Borghese”, con le grandi inchieste a firma Mario Tedeschi e Gianna Preda.
Al fondo l’idea prezzoliniana di un popolo abituato al piccolo inganno e alla corruzione, per fame e “sporcizia”, a cui purtroppo – a differenza di quanto sperava Prezzolini – l’aumento della ricchezza e l’acqua pulita non hanno portato l’auspicata “redenzione”.
La politica in tutto questo c’entra, ovviamente, senza tuttavia esaurire il quadro delle responsabilità. La questione è più sottile. Richiama il nostro essere italiani. Fa emergere il non sciolto rapporto tra cittadini e Stato, rapporto storicamente mal sopportato e segnato da una dilagante sfiducia. Si coniuga con una sorta di relativismo straccione, in cui l’etica è a misura degli interessi individuali. Ha della politica una visione “bassa”, tutta giocata sugli egoismi personali, di classe, di casta, visione trasversalmente incarnata da sinistra a destra, passando per il centro. Si accontenta di una visione formalistica della democrazia, dietro cui nascondere le sue debolezze strutturali.
Quando si parla di nuova stagione della corruzione, anche di questo bisogna parlare e tenere conto, sgombrando finalmente il campo dalle facili denunce ad effetto. Qualche ragione ci sarà pure se venti anni da Tangentopoli sono passati invano.
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