Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
nni fa, uno spirito ameno definì il nazismo come la sommatoria del pensiero di René Guénon più i carri armati. Su questa linea surreale, il Movimento Cinque Stelle, oggi più che mai alla ribalta delle cronache, potrebbe essere definito come la ripresa dello spirito sessantottino più i computer. Naturalmente, come tutte le definizioni, anche questa sconta la brutale semplicità di una sintesi forzata, ma esprime, alla fine, un fondo di verità.
Nel DNA dei seguaci di Grillo, figurano infatti la stessa forte carica protestataria, la stessa richiesta di cambiamento globale che fu all’origine del “Maggio francese” e, più in generale, di quel rinnovamento culturale diffuso dalle università e nelle piazze e penetrato via via nell’informazione, nella scuola, perfino in alcuni centri di potere. Altro dato comune: la preferenza per la democrazia diretta a scapito di quella per delega e la rivendicazione, per il cittadino, di una personale partecipazione alla politica, facendo leva sul “discorso pubblico” che si articola sul web.
Ora, a differenza dei loro predecessori “sessantottini”, gli animatori del Movimento Cinque Stelle sono chiamati ad assumersi concrete responsabilità proprio all’interno di quelle Istituzioni che contestano e pretendono di rinnovare in profondità. Al di là della durata delle sue fortune politiche, questo fenomeno di massa, inventato da Grillo e dotato di strategie e spessore dottrinario da Casaleggio, rischia di radicarsi nella nostra società, fino a costituirne una componente quasi tribale, destinata a durare e ad influenzare il costume. Proprio come, almeno in Italia, è avvenuto con il “Sessantotto” (in questo caso, non tanto con “la fantasia al potere”, quanto con la perdurante crisi del principio di autorità e della connessa accettazione dei ruoli, sia sociali che familiari).
In questi giorni, abbiamo visto le prime facce di questi nuovi protagonisti della vita politica italiana e ne abbiamo raccolto le prime dichiarazioni. Queste impressioni iniziali fanno pensare a un blocco sociale con precisi tratti comuni: molti provengono da quel “popolo viola” con una forte carica antiberlusconiana, che riempì le piazze e fu corteggiato da politici come Antonio Di Pietro, nel nome di un giustizialismo, che sembra essere ancor oggi uno dei connotati salienti del Movimento; la prosecuzione di questa linea è attestata, fra l’altro, dalla intenzione – più volte ripetuta - di provvedere in via prioritaria al varo di una disciplina giuridica del conflitto di interessi, la cui marca antiberlusconiana è trasparente.
Tutt’altro che trascurabili sono poi le radici che affondano nel terreno della sinistra antagonista e nel fondamentalismo ambientalista: basti pensare alle posizioni “anti-TAV” e, più in generale, alla contrarietà verso tutte le grandi infrastrutture; ma anche un altro dei cavalli di battaglia della campagna “Cinque Stelle”, vale a dire il salario di cittadinanza, lascia trasparire l’ostilità verso la grande industria: dove attingere infatti le corrispondenti, ingenti risorse finanziarie, se non da quella Cassa Integrazione che, nel nostro Welfare, tutela sia i lavoratori che le imprese, soprattutto di notevoli dimensioni?
Certo, l’indubbia novità rappresentata da questo soggetto politico - a torto, fino a ieri, incasellato nella cornice dell’antipolitica - non consente facili collocazioni nella politica tolemaica, stretta nella confortevole contrapposizione fra una destra e una sinistra, fin nella disposizione dei gruppi negli emicicli delle Camere. Tanto è vero che, in contrasto con le citate matrici, non trascurabili capisaldi del verbo grillesco potrebbero non dispiacere all’attuale “centrodestra”, a partire dallo sfoltimento della “casta” e dal “dimagrimento” delle Istituzioni politiche, fino alla polemica contro i sindacati e le banche, passando per la semplificazione burocratica, grazie al web. Senza dimenticare che né Grillo né Casaleggio si sono mai dichiarati “patrioti della Costituzione”…
Tutto questo peserà nelle decisioni dei prossimi giorni, quando si tratterà non già di approvare questo o quel provvedimento – come hanno ripetuto i nuovi “onorevoli” nelle prime, golose e curiose interviste – bensì di votare la fiducia al Governo che si presenterà alle Camere, illustrando un programma globale. La sensazione diffusa è che la legislatura appena nata avrà vita breve: lo ha più volte dichiarato lo stesso Grillo – presenza assente in Parlamento – e non diversamente si sono espressi anche i più accreditati esponenti del PD, Bersani per primo. E’ anche per questo motivo che, specialmente negli ultimi giorni, non è stata spesa una parola per illustrare le linee della politica estera, fatta eccezione per la polemica contro “questa” Europa (altra affinità con il centrodestra!): non dovrebbe esserci tempo, infatti, per le grandi questioni internazionali, dai rapporti con il mondo arabo alle missioni dei nostri militari all’Estero, dalla polveriera del Medio Oriente al rilancio dei nostri rapporti con le potenze emergenti.
Indubbiamente, questi nuovi parlamentari andranno valutati in funzione della loro capacità di risposta alla realpolitik, al di là delle petizioni di principio (già smentite, del resto, dal sindaco “grillino” di Parma, costretto a dare il via al termovalorizzatore e ad aumentare l’IMU) . D’altra parte, “Cinque Stelle” non è un partito: i legami interni sono tenuti più sul web che sul territorio, non c’è una struttura gerarchica, se si prescinde da quel FÜhrerprinzip che ha comportato l’espulsione per gli incauti colti a disubbidire al Capo; tutte caratteristiche destinate a rendere problematica l’indispensabile disciplina di partito, regola che da sempre consente il funzionamento delle Camere e della stessa politica, pur fra non trascurabili eccezioni. Staremo a vedere.
Per ora, ci culliamo nell’incubo lieve di un popolo in marcia contro il Palazzo d’Inverno: molti sono in bicicletta, hanno Il Fatto Quotidiano sotto il braccio, vengono da impieghi “normali” o da un precariato lavorativo magari con una o due lauree, comprano quasi soltanto prodotti bio o messi in circolazione dalla rete del “commercio equo e solidale”, hanno letto Latouche e Thoreau.
In questo quadro, manca il popolo della Destra, che sembra aver perso di vista perfino le “Guardie bianche” del Potere Costituito. La “maggioranza silenziosa” si è smarrita, fino a diventare minoranza, e nei laboratori della metapolitica alcuni frutti hanno se non provocato, almeno accompagnato e legittimato il “tradimento” di alcuni vecchi leader, gettando nella confusione e nello sconforto perfino gli elettori più fedeli. Insomma, che fine ha fatto quel popolo? Ne parleremo presto.
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