Editoriale

La destra sparita. Un meritato disastro culturale e politico

Occorre riflettere sull’annichilimento di un patrimonio di idee, e pensare come provare a rifondarlo

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

ochi o nessuno ne parla, ma la vera rivoluzione uscita dalle urne non è solo l’affermazione di Grillo e, come ha scritto benissimo Ida Magli, la bocciatura dell’Europa attraverso i partiti che fino ad ora avevano sostenuto una politica extranazionale, Monti in testa. Il vero cataclisma prodotto dalle elezioni è stata la sparizione della destra.

Non era mai successo da dopoguerra a oggi, il misero, per quanto onorevole viste le condizioni, 2% di Fratelli d’Italia è un risultato che deve far riflettere.

A oggi la destra che significava valori sociali (rappresentati da una visione antiliberista, ma non assistenzialista), culturali, politici, non esiste.

Il Pdl, diciamolo chiaramente, non è destra, è una faccenda che un pochino le si avvicina, ma per negazione più che per affermazione. Non è destra in senso tradizionale l’impronta violentemente mercatista, il liberismo selvaggio del tutti contro tutti, dell’ “operaismo” eletto a sistema della produzione che guarda alla quantità e non alla qualità. La dottrina economica del partito di Berlusconi predica una finta meritocrazia basata sulla produzione materiale secondo un sistema antimarxista, certo, ma uguale e contraria al marxismo, quindi ancora una volta irricevibile da chi abbia del mondo anche una visione che vada oltre la produttività di beni materiali.

È ovvio che in tempi di crisi economica che morde con violenza, il problema di una soluzione indirizzata a risollevare le sorti delle famiglie italiane sia al primo posto. È ovvio che non ci si può trastullare in bizantinismi intellettuali quando la povertà incombe.

È però altrettanto ovvio che visto il fallimento registrato fino ad ora, occorrerebbe una visione politica di più ampio respiro che riaffermando i valori, su di essi costruisse un’alternativa che non può essere il vecchio approccio marxista, fallito su tutti i fronti, ma neppure quello liberista-capitalista che ha ugualmente fallito. Le due visioni avevano un loro motivo di esistere e la possibilità di funzionare fin quando, entrambe in campo fronteggiandosi sullo scenario internazionale, fungevano l’una da equilibratore dell’altra.

Crollato il marxismo il capitalismo è penetrato ovunque anche là dove era più avversato, provocando il disastro che stiamo vivendo.

In Italia non ci siamo sottratti al trend internazionale, con l’aggravante di aver dovuto fare i conti con una classe politica così corrotta, autoreferenziale, vuota di passione e di visione del futuro da diventare l’esempio della dissoluzione, dell’annichilimento, della desertificazione di ogni spinta alla crescita morale, civile, economica e culturale.

In questo panorama la destra ha la responsabilità più grande. Avrebbe dovuto rappresentare la sentinella del buongoverno, avrebbe dovuto mettersi al servizio del benessere del paese (chè la sua presunzione di nobiltà di valori e intenti a tanto doveva indurla), avrebbe dovuto guadagnare quella piccola parte di potere che le consentisse di far fronte al declino almeno in qualche settore, e in generale essere la guardiana di una moralità ed etica nella gestione della cosa pubblica che in qualche modo salvaguardasse almeno qualcosa.

Non è accaduto. L’Msi trasformato in An invece di rappresentare una forza moderna, svincolata dai cascami di un passato nostalgico che appesantivano e bloccavano la possibilità di un’interlocuzione con le altre forze politiche, è diventata omogenea a ciò a che era avversario.

Ha voluto il potere per gestirlo personalmente, per ottenere prebende e favori che non creassero un sistema di consenso sui valori ma sugli affari. Senza rendersi conto che in questo modo bastava, come è successo, che arrivasse qualcuno che offriva di più in termini materiali per perdere il consenso così malamente ottenuto.

Volete un esempio eclatante? Il caso della Rai. I maggiorenti di An o ex An per anni hanno brigato per ottenere posti per ballerine, amanti, sciacquette, o famigli e non per cercare di proporre la realizzazione di un progetto culturale sul quale veramente fondare almeno un’ipotesi di consenso. Un tempo a proposito delle spartizioni nella maggiore azienda culturale di Stato si diceva che il sistema 30-30-30 fosse: un democristiano, un socialista e uno bravo.

Con l’arrivo della destra a quel piccolo potere è sparito quello bravo.

E così la destra è giustamente scomparsa, cancellata, annichilita.

È un meritato disastro culturale e sociale, ma pur sempre un disastro sul quale riflettere seriamente.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da ghorio il 02/03/2013 18:12:47

    La parola "destra" ha sicuramente un certio fascino pari alla parola "sinistra". La brava Simonetta Bartolini fotografa una situazione reale, per colpa dei cosiddetti politici di centrodestra o dell'area di riferimento. Il romaticismo in politica è stato oscurato dal dio danaro e dagli affari. Mi piacerebbe che gli intellettuali del "Ritorno ad Itaca" aprissero un dibattito e un confronto per una rinascita, almeno delle idee, in omaggio a tanti personaggi del mondo letterario e del giornalismo. Giovanni Attinà

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