Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
“Trovo il risultato italiano abbastanza entusiasmante perché credo che un Paese il cui Pil sostanzialmente non è cambiato da quando l’unione monetaria è partita nel 1999, ha bisogno di cambiare qualcosa di importante”, “un segnale dell’inizio di qualcosa di nuovo”, “per le élite consolidate dell’Italia ma anche per gli altri centri di potere dell’Europa, in particolare Berlino e Francoforte, questi risultati sono molto vicini a un incubo”.
Queste che sembrano essere quarti di copertina presi dalle dichiarazioni dei più ferventi intellettuali “grillini”, altro non sono che le parole di Jim O'Neill, un nome piuttosto anonimo: quanti Jim O'Neill ci sono nel mondo? Moltissimi! Ma questo non è un Jim O'Neill “qualsiasi”, questo è IL Jim O'Neill, l'uomo che non ti aspetti, il responsabile di Goldman Sachs Asset Management, il colosso finanziario più volte preso di mira proprio da Beppe Grillo (il quale accusava lo stesso Mario Monti di esserne un adepto).
Un onore delle armi messo nero su bianco da O'Neill nel suo rapporto “Riforme non vuol dire austerity” che fa notare, tra le altre cose, come l'economia italiana non sia affatto cresciuta negli ultimi quattordici anni circa. Una vera e propria “promozione” che arriva dopo le dure dichiarazioni del candidato Cancelliere del SPD Steinbrueck, della Cancelliera Merkel che, visti i risultati delle Politiche commentava “attenzione ai populismi” e naturalmente univa commenti sferzanti sui politici di casa nostra.
Rispetto a un'Europa che teme un “contagio grillino” di Paesi come Portogallo, Spagna, Irlanda e Grecia (i così detti Pigs), sembra che l'alta finanza mondiale abbia preso coscienza del vero significato di quanto accaduto in Italia dopo le elezioni: mai come adesso, infatti, il Parlamento della Repubblica è stato così aperto a persone che, non aderendo ad un partito politico, vedevano le porte di Palazzo Montecitorio e Palazzo Madama saldamente chiuse, a “custodire” vecchi politici stanziati ormai saldamente nelle stanze del potere.
Tra pochi giorni, infatti, si insedierà il Parlamento più giovane d'Europa (e di sempre in Italia), con un'età media di circa 48 anni e anche il più “rosa” del Continente, col 33% composto da donne. A questo si unisce il fatto che tutti i così detti “grillini” provengono dalla società civile vera e propria: molti sono gli studenti, le casalinghe, i liberi professionisti e anche i disoccupati; una società civile ben diversa da quella millantata da Monti & Co. in cui si aveva difficoltà a trovare qualcuno che non fosse un imprenditore, un manager, un cattedratico etc.
Una vera e propria rivoluzione civile, per parafrasare il nome del partito fondato da Ingroia, causata dal malcontento, esasperato anche dalla crisi, ma già latente nei confronti di politici che, tra accordi, “inciuci” e improbabili alleanze si sono scambiati le poltrone per venti anni.
Adesso il Paese sembra volere una chance di cambiamento rispetto alla vecchia e desueta classe politica che ha lasciato molto a desiderare in questi anni; un rinnovamento che parte proprio dal basso, con una cittadinanza finalmente protagonista e non più distaccata osservatrice di scontri tra persone che poi univano le forze per rimanere ancorate alle loro poltrone.
A questo proposito sono emblematiche le parole di Don Gallo che ha commentato così il sorprendente risultato del Movimento 5 Stelle: “i grillini hanno avuto consenso perché sono scesi in piazza tra la gente, sono entrati in politica dal basso. È la piazza che conta, l'agorà che conta, si parte di lì! Per mesi Grillo ha riempito le piazze e gli altri non capivano. Ecco la sua vittoria”. I vecchi gerontocrati dovrebbero fare un mea culpa ed esaminare molto attentamente il perché della loro mai ammessa sconfitta (Bersani in primis), anziché lusingare i vincitori per avere ancora un'altra occasione.
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