Il primo rogo d'arte

Egon Schiele :«Ostacolare l'artista è un crimine, significa uccidere vita in germoglio»

Il pittore adottò i tipici atteggiamenti che contraddistinsero le sue opere e la sua vita: ostinazione, rivolta e provocazione

di Daniela Lombardo

Egon Schiele :«Ostacolare l'artista è un crimine, significa uccidere vita in germoglio»

Egon Schiele

“Ostacolare l'artista è un crimine, significa uccidere vita in germoglio”, così scriveva Egon Schiele il 23 Aprile del 1912 in uno dei suoi disegni realizzati in prigione.

L'artista venne arrestato per un presunto sequestro di minorenne e, nonostante l'infondatezza dell'accusa, venne ugualmente condannato per “diffusione di disegni immorali” a tre giorni di reclusione. Nel pronunciare la sentenza, il giudice bruciò uno dei disegni in questione con la fiamma di una candela, inscenando il primo rogo d'arte nell'anno 1912.

Profondamente offeso e umiliato dall'ingiusta condanna, il pittore adottò i tipici atteggiamenti che contraddistinsero le sue opere e la sua vita: ostinazione, rivolta e provocazione.

Egon Schiele nacque il 12 Giugno del 1890 a Tulln, a circa trenta chilometri da Vienna, da una famiglia borghese, il padre Adolf, capostazione, morì prematuramente quando Egon aveva quindici anni. Nel 1905, la tutela di Schiele fu affidata allo zio Leopold Czihaczek, ispettore generale delle ferrovie settentrionali dell'imperatore Ferdinando, che incarnava l'immagine del perfetto borghese: pedante, benestante, appassionato di musica e teatro. L'arrivo del nipote, dibattuto tra amara  povertà e la rivendicazione del suo genio, scosse profondamente le fondamenta di questo mondo così ordinato. Nonostante la soddisfazione quando apprese che Egon passò brillantemente l'esame d'ammissione all'accademia d'arte di Vienna, lo zio rinunciò all'incarico di cotutore e interruppe i rapporti con il nipote.

L'arrivo del pittore a Vienna non fu facile, soprattuto considerate le sue spartane condizioni esistenziali che lo costrinsero a condurre una vita precaria. Nella seconda metà del XIX secolo, la capitale austro-ungarica conobbe una fase di incredibili rivolgimenti, la borghesia andò acquistando un potere sempre maggiore, diventando la terza forza accanto alla nobiltà e alla Chiesa mentre la galoppante industrializzazione, nel contempo,  creò un'ondata migratoria di manodopera che venne ammassata nei comuni limitrofi in condizioni misere. Furono soprattutto gli artisti a percepire questi drammatici rivolgimenti sociali, primo fa tutti Gustav Klimt, erroneamente considerato pittore di un mondo decadente, fu uno dei primi a ribellarsi alla cosiddetta epoca di Makart (pittore che con i suoi quadri ridondanti rappresentò il periodo della grande borghesia).

Nel 1897 gli artisti viennesi dettero vita alla “Secessione”, volta a protestare contro la concezione ufficiale dell'arte, da cui nel 1905 si staccherà il gruppo di Klimt.

Questi anni videro anche la rivoluzionaria teoria psicoanalitica di Sigmund Freud e i quadri ricchi di violento cromatismo e attenta riflessione psicologica di Kokoschka, tra l'altro autore del tanto discusso libro “I fanciulli sognanti”.

Schiele, nel frattempo, si rese presto conto che l'accademia delle Belle Arti non era il luogo adatto per poter compiere i suoi esperimenti artistici,  l'ambiente ultraconservatore  opprimeva l'artista che ebbe difficoltà ad esprimersi,  entrando in conflitto continuo con il suo insegnante che in un accesso di collera gridò al riottoso Schiele: “Lei ha cagato il demonio nella mia scuola”.

Dopo aver lasciato l'accademia, diplomandosi con il misero voto di “sufficiente” , nel 1907 incontrò Gustav Klimt che incoraggiò senza invidia il pittore, riconoscendo le sue straordinarie doti.

Anni dopo Schiele dipinse il quadro “gli Eremiti”, rappresentando Klimt come “padre” ovvero “maestro” ed egli stesso, debole e morente con le stigmate, come un “figlio” elaborando il loro rapporto in chiave religiosa.

Schiele, nei suoi quadri, mostrò soprattutto una passione per le figure femminile, rappresentò familiari come la cara sorella Gerti, spesso ritratta senza veli o la sua amante Wally che fu protagonista di disegni intensamente erotici, ma anche modelle di professioni, prostitute e ragazzine del popolo che assoldava per pochi spiccioli.

Fu proprio l'attenzione verso le bambine, che rappresentava nude o semi svestite e questa sua attenzione verso la sessualità che gli spalancarono le porte del carcere e gli valsero l'etichetta spregiativa di “pornografo”.

I suoi amici più cari furono presi alla sprovvista dalle accusa rivolte al pittore: presunto sequestro di minorenni, provato impiego di modelle bambine, rappresentazioni di rapporti di natura saffica e offese alla Chiesa Cattolica, come il quadro “Cardinale e suora” (abbraccio) che rappresentava l'amplesso appassionato tra una suora e un cardinale in abiti religiosi.

Egon Schiele nonostante la sua vita travagliata e breve, morì a soli 28 anni insieme alla moglie al settimo mese di gravidanza per la Grande Influenza, rimane l'esponente assoluto del primo espressionismo viennese e uno dei pochi che riuscì a rappresentare la sessualità  e il corpo femminile in modo magistrale.

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