Editoriale

Quando la Destra era cultura dello spirito, valori etici e morali, tradizione contro il conformismo sciatto

Un viaggio affascinante, culturalmente iniziatico se vogliamo, attraverso autori le cui opere erano poste ai margini dei dibattiti culturali, incomprese, spesso demonizzate

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

he cos’è la destra ? – mi chiede un amico, sulla scia di un mio intervento dedicato alla “diaspora” postelettorale. La domanda è tutt’altro che peregrina e retorica.

Da più parti è forte la tentazione di considerare superate le vecchie appartenenze. La deriva dell’antipolitica pare rendere superflui i richiami identitari, nel nome di un’omologazione partitocratica, la quale  vede paradossalmente schierati sulle stesse trincee i rappresentanti della tecnocrazia finanziaria ed i nuovi cittadini del populismo targato Cinque Stelle.

L’impressione è che la confusione regni (a destra) sovrana, insieme ad una sorta di spossatezza spirituale, determinata dai recenti fallimenti politici ed elettorali.

In molti stanno alla finestra. Altri l’hanno chiusa, ritirandosi in buon ordine.

Da qui l’invito a riprendere il filo di un discorso, che ricominci a “tessere” se non proprio un’identità, almeno un “percorso”, cercando di rispondere alla  domanda iniziale: che cos’è la destra ?

Evitando le riflessioni troppo sofisticate e rimandando ad una ricca letteratura sul tema, forse non è banale partire domandando a se stessi come ci si è finiti “a destra”. Per cercare che cosa ? Per provare a fare o a dimostrare che cosa ?

La prima scelta, parlo ovviamente per me, è d’istinto:  nata e sviluppatasi, a cavallo degli Anni Settanta del ‘900, in un periodo di passioni ideologiche “assolute”, allorquando la “via breve”, offerta a chi non voleva condividere l’accomodante sistema liberal-borghese, era l’ideologia del filosofo di Treviri, il suo materialismo storico, la sua “coscienza di classe”. Tutte idee e modelli che allora parevano destinati al trionfo, ineluttabili, destinati a vincere, tanto erano “moderni”, e che tuttavia – ripeto – “d’istinto” non riuscivano a soddisfare tutte le mie giovani domande, non placavano il mio desiderio di ricerca e di comprensione del mondo, non solo della realtà culturale e politica corrente, ma anche della vita, dell’esistenza, chiusi com’erano entro confini troppo angusti, fatti di materialismo e di decadentismo, superficialmente “democratici”e troppo razionalistici. C’era, doveva esserci qualcosa d’altro, che non fossero né quelle idee, né quelle offerte dal mondo borghese, perbenista e sfatto, formalista e pur esso essenzialmente materialista.

Quel “qualcosa d’altro” lo trovai a destra, in una ricerca di verità e di anticonformismo non facilmente sintetizzabile in formule o etichette “scolastiche” o in programmi preconfezionati in cui specchiarmi. Fu un viaggio affascinante, culturalmente iniziatico se vogliamo, attraverso autori le cui opere erano poste ai margini dei dibattiti culturali, incomprese, spesso demonizzate.

Erano opere ed idee che andavano letteralmente cercate, attraverso canali distributivi minoritari, poi assunte ed assimilate per diventare, nello stesso tempo, fardello intellettuale, utile all’interpretazione del mondo e della società, ed insieme  “progetto esistenziale”.

E’ grazie a quelle letture, a quegli autori che il rifiuto “d’istinto” nei confronti degli stereotipi dominanti ha preso forme positive, più compiute e coerenti, pur non votandosi esclusivamente ad una “scuola”, ad un filone unico, ad un autore esclusivo, volendo sperimentare  la contraddittorietà creativa di una cultura che offriva ed offre cento diversissime espressioni, cento anime, cento definizioni.

E’ anche in questa apparente contraddittorietà che ho vissuto il mio essere “a destra”,  avendo qui trovato le ragioni di una ricerca, nella consapevolezza delle idee e dei diversi stimoli intellettuali che “da lì” giungevano e si dilatavano.

Qui ho rintracciato le “ragioni” di una scelta non semplicemente topografica, offerta dalle suggestioni evoliane, dalla “rivolta contro il mondo moderno”, dall’aspirazione all’uomo integrale, dalle sue sollecitazioni antiborghesi, nella sua proposta culturalmente ed esistenzialmente organica.  Quella stessa che faceva scrivere ad Adriano Romualdi, fratello maggiore di una generazione: “Per il vero uomo di destra, prima della cultura vengono i genuini valori dello spirito che trovano espressione nello stile di vita delle vere aristocrazie, nelle organizzazioni militari, nelle tradizioni religiose ancora vive e operanti”.

Ho colto nuove “ragioni” nell’inquieta esperienza intellettuale ed umana di Drieu La Rochelle, nel suo “romanticismo fascista”, che lo portava a scrivere: “Repubblicano ma preoccupato di scambi sociali, laico ma per nulla antireligioso, patriota ma non senza ironia e non senza uno sguardo inestinguibile al di là delle frontiere, e sempre desideroso, a proposito di ogni evento, di mettere alla prova un’opinione mediante l’opinione opposta. Disprezzavo profondamente lo spirito ristretto delle destre, il contrasto tra il loro calore patriottico e la loro freddezza sociale: ma apprezzavo la vaga ispirazione da esse nutrita per il contegno. Disprezzavo la sciatteria delle sinistre, la loro diffidenza nei confronti di qualsiasi fierezza fisica e tuttavia assaporavo la loro stessa amarezza”.

Ho vissuto la contradditorietà di quella cultura attraverso l’ardente stagione di idee e di lotta della Konservative Revolution, attraverso le Leibilder , le “idee conduttrici”, dei suoi autori: la grande visione ciclica dello Spengler de Il Tramonto dell’Occidente, la jungeriana “mobilitazione totale”, il “politico” schmittiano, il Moeller van den Bruck della democrazia come destino, la loro coscienza dell’interregnum: “il vecchio ordine è crollato e il nuovo non è ancora visibile”.

Suggestioni, stimoli intellettualmente incontenibili, come l’indefinibile stagione dei movimenti nazional-rivoluzionari tra le due guerre: da quella ardente e pura di Josè Antonio a quella popolare dell’ex comunista Doriot.

E poi certamente la Tradizione italiana, quella del primo interventismo, del mito della Patria che incontra il Lavoro, dell’Idea di una più grande giustizia sociale, in grado di costruire autentici processi partecipativi e distributivi (altro che il marxismo !), a partire dalle categorie produttive organizzate, nel segno di quell’ autentica dottrina universale che è il corporativismo, alternativa reale rispetto ai bassi orizzonti dell’individualismo liberal-borghese.

A destra ho trovato la “complessità” della vita e la sua integralità. A destra la libertà in quanto coscienza della diversità, ma anche dell’appartenenza, problema aperto per l’uomo e per i popoli. A destra un’Idea alta di Europa, olimpica e dorica, di templi e di dei, romana ed imperiale, audace e guerriera. Cervello socratico e cuore cristiano – come scrisse un grande europeista spagnolo (Salvador de Madariaga).  Capace di specchiarsi nei vetri delle sue cattedrali, segno d’una epoca splendente  d’oro, d’argento, d’azzurro, di rossi e di verdi, fiammeggiante –  scrisse, ancora  l’incompreso  Drieu  – sui portali delle chiese, nei saloni dei castelli, nelle case dei borghesi e dei fattori. Europa d’incunaboli e di immaginazioni futuriste, nel lungo rosario di genialità artistiche, scientifiche, drammaturgiche, che sanno parlare ai cuori.

Tutto questo e molto altro ancora è stata  ed è – per me – “la destra”, insieme alla speranza (illusione ?) di dare a tutto questo un senso politico, una “concretezza”, capace d farsi strumento di cambiamento. Ed oggi ?

Che cosa rimane di quel “viaggio”, insieme personale e generazionale ? Come viene percepito quel messaggio identitario? Quanto di quella nobile tradizione ideale è in grado di suggestionare ancora, soprattutto le giovani generazioni? Quanti di quei messaggi sono utilizzabili?

Le domande restano volutamente appese, su un panorama politico e culturale ombroso ed incerto. In fondo, è il tempo del crepuscolo, il tempo dell’attesa.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Kusunoki Masashige il 22/06/2018 10:45:56

    La destra etica è un luogo dell'anima dove taluni individui si incontrano anche a decenni di distanza seguendo le linee di vetta tracciate dai grandi spiritualisti di questa religione laica, in cui la visione del mondo è ispirata dalla nostra stessa natura divina. Purtroppo, data l'esiguità del nostro numero, non ci resta che ritirarci nella nostra cultura e nei nostri ideali, Guardiani di una destra aristocratica e ribelle che non morirà mai se continueremo a tenere accesa la fiaccola del confronto e dell'incontro almeno tra di noi, attirando per magnetismo, quanti, nel mondo profano, sono di destra senza averne ancora consapevolezza.

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