Editoriale

Francesco, un papa peronista?

Il peronismo argentino è una categoria della politica impossibile da ricondurre ai nostri parametri

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

lass="NormaleWeb">Molto ha incuriosito la presenza,  tra i “potenti della terra”,  accorsi in Piazza San Pietro per la cerimonia di intronizzazione di Papa Francesco, del rappresentante dei "cartoneros", del Movimiento trabajadores excluidos, Sergio Sanchez. Sanchez, invitato direttamente dal  Papa,   era alla messa vestito con la tuta blu e verde che utilizza per raccogliere i materiali da riciclare, abbandonati dalla gente per le strade di Buenos Aires.
La sua conoscenza con il Pontefice risale a circa cinque anni fa, quando più dura era la lotta per il riconoscimento della dignità dei lavoratori.
"L'unico che ci ritrovammo a fianco – ha detto Sanchez a “L’Osservatore Romano”  – fu padre Bergoglio. Anche lui lottava contro le diverse forme di schiavitù cui erano sottoposti i lavoratori, contro la tratta degli esseri umani usati come macchine da produzione".
L’orgogliosa presenza del lavoratore in tuta blu e verde ricorda un po’ quella dei descamisados, termine che, negli Anni Quaranta,  veniva usato per indicare gli strati popolari di fede peronista.  E’, del resto, impossibile parlare dell’Argentina senza ricordare quello che fu ed ancora è il peronismo, originale movimento politico terza forzista, nato intorno al 1943, e tuttora influente nella società argentina. Il tempo trascorso dalla scomparsa di Juan Domingo Peron, il suo fondatore,  non  sembra averne fatto venire meno il valore suggestivo.  L’Argentina – in fondo – continua ad essere “peronista”, in un eterogeneo mix di populismo e di conservatorismo, di spinte rivoluzionarie e di aspettative riformiste.
Come ebbe a dire lo stesso Peron,  intervistato da un giornale inglese, “…gli argentini sono al 30 per cento socialisti, al 20 per cento conservatori, un altro 30 per cento è di radicali ”. “E i peronisti ?” lo interruppe il giornalista.  “No, no, peronisti sono tutti quanti”, rispose candidamente l’ex presidente argentino.
Lo stesso Santo Padre sembra essere “contaminato” da queste suggestioni: populista – si direbbe agli occhi di un’Europa volteriana – tanto appare caloroso, immediato, diretto, nel linguaggio, nella gestualità, nel rapporto con la gente, capace di abbracciare con uno sguardo le  migliaia di persone assiepate in Piazza San Pietro e quelle in diretta televisiva e, nello stesso tempo, di guardare ognuno.
Non a caso centinaia di manifesti con la foto di Papa Bergoglio e la scritta “Argentino y peronista” hanno tappezzato le strade di Buenos Aires, mentre il quotidiano argentino “Il Clarin” ha ricordato come il neo-sacerdote Bergoglio sia stato vicino al gruppo peronista di destra “Guardia di Hierro”, con cui, negli anni, avrebbe continuato a mantenere un legame spirituale.  Pura strumentalizzazione? Tentativo di rimarcare ancora i difficili rapporti con la presidente Kirchner, espressione del peronismo di sinistra ?
Sfugge ai nostri “parametri” occidentali l’idea di un Papa che sa parlare ai poveri e nello stesso è conservatore sui principi, che sa toccare il cuore della gente senza nulla concedere alle facili mode “progressiste”, che sa ridare fierezza agli umili, i “cartoneros”, parlando di doveri morali. Siamo agli inizi di un pontificato, d’accordo. E’ presto per dare giudizi. Ma come – si diceva una volta – se questo “Ce n'est qu'un début”, non è escluso che i gesti, l’esempio, le semplici parole di Papa Francesco facciano  breccia nei cuori inariditi del nostro tempo, costruendo un ponte ideale tra la passione di  Plaza de Mayo, la piazza delle grandi adunate a Buenos Aires, e Piazza San Pietro, il simbolo della Chiesa universale, riappassionata  dal suo Pastore.

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