Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Le Regioni sono uno dei tabù del sistema costituzionale italiano. Non è concesso parlarne male (salvo poi prendere atto dei gravi scandali che le hanno colpite negli ultimi anni). Ancor meno evidenziarne l’inefficienza. Proibito chiedere un allineamento tra Regioni “ordinarie” e Regioni a “statuto speciale” (con la conseguente perdita di privilegi da parte di quest’ultime).
Ad essere onesti, evitando sul tema la retorica che ne ha accompagnato, nel 1970, l’istituzionalizzazione, le Regioni non sembrano avere realizzato, in questo quarantennio, l’auspicata riforma politico-amministrativa del sistema-Italia. Al contrario, viste le difficoltà di bilancio e di capacità di governo del territorio manifestate, esse si sono trasformate in una sovrastruttura burocratica, costosa ed inefficiente.
Lo confermano gli studi della Società Geografica Italiana, che da anni sta analizzando la nascita, la crescita e il reale impatto delle Regioni sull’assetto nazionale, denunciando come esse siano - di fatto – degli enti “artificiali”, dei semplici compartimenti statistici, elaborati a tavolino. A queste “elaborazioni statistiche” si adeguò l’ Assemblea Costituente (1946-1948) fissando i confini dei nuovi enti e le stesse denominazioni, non basandoli su motivi storici o economici e nemmeno culturali, con il risultano di creare dei piccoli mostri amministrativi, disomogenei, spesso ipertrofici. Da qui la proposta choc della Società Geografica: abolire tutte le Regioni, anche quelle a statuto speciale, accorpando le province e trasferendo ad esse i poteri regionali.
La proposta dei geografi nasce dagli studi che, negli ultimi vent’anni, la Società Geografica ha sviluppato a partire dal “progetto 80”, (un documento che fu redatto dalla parte più sensibile e innovativa dei territorialisti che, a metà degli anni Settanta, pensò di ridisegnare l’assetto italiano per adeguarlo alla modernizzazione del sistema insediativo e dell’apparato produttivo).
Le ragioni del territorio si sommano ad oggettivi risparmi economici. Basti considerare che l’abolizione delle Regioni rispetto a quello delle province porterebbe a 182 miliardi di risparmi contro 11. Infine c’è la possibilità, definendo i nuovi enti territoriali (35 secondo le previsioni) sulla base dell’omogeneità storica, geografica ed economica, di costruire reti infrastrutturali (legate alla mobilità, ai trasporti e alle comunicazioni), presenti sul territorio o in avanzata fase progettuale incrociate con le interazioni tra l’ambiente e la società secondo un modello geografico in progressiva evoluzione.
In una fase di ripensamento degli assetti socio-economici e politico-istituzionale del nostro Paese, la scelta coraggiosa proposta dagli studiosi della Società Geografica dovrebbe agitare il confronto piuttosto che essere relegata nelle notizie minori.
Della retorica sul regionalismo gli italiani sono stanchi. Di false promesse sulle istituzioni “vicine” ai cittadini non ne possono più. Se il metro di giudizio per le istituzioni, locali e nazionali, deve essere l’efficienza, il rigore, la capacità gestionale, è tempo che ogni retorica venga abbandonata e con essa un modello regionale che non è mai decollato. Abolite le Regioni, si dia voce ai territori, quelli veri, piuttosto che i soffocanti apparati burocratici, soffocanti, inefficienti e spendaccioni.
Inserito da gigi il 18/02/2017 18:49:37
in Trentino s'è creata una casta parassitaria peggio che in Sicilia, è meglio abolire lo statuto speciale
Inserito da ghorio il 27/03/2013 16:32:35
La Società geografica italiana scopre l'acqua calda. In realtà la vicende della nascita delle Regioni(anche se la minuscola sarebbe d'obbligo) evidenzia la mancanza di"memoria sirica" nell'area di centrodestra. A suo tempo alla fine degli anni Sessanta, i partiti che rappresentavano la destra allora, Pli, in primna fila, Msi, Monarchici, fecero una grande battaglia contro la nascita delle Regioni e poi, strada facendo, si sono dimenticati, in particolare durante il periodo del centrodestra al potere. Non parliamo poi delle lotte dell'ex on. Raffaele Costa contro le Regioni a Statuto Speciale o Autonome o le province autonome di Trento e Bolzano, poi rimaste inapplicate con il centrodestra al potere per vent'anni. La stessa cosa riguarda le province, enti inutili e costosi, che continuano ad esistere, anche se, a gran voce, da tutte le parti, viene chiesta la loro abolizione che riguarda anche l'uso spropositato di gionarnali e tv di fare rifereimento alle province, in caso di cronaca nera o cronaca bianca. Ben venga allora la proposta della Società geografica di abolizione o ridimensionamento delle Regioni, diventate delle macchinette mangiasoldi, non solo per la sanità che non funziona. Quanto alla parola "territorio" che Bozzi Sentieri richiama, forse bisognerebbe chiarire che è scandalosa l'esistenza di 8.100 comuni in Italia. Vanno dinezzati i comuni e con quest'operazione c'è il controllo di un vasto territorio, anche se sarebbe ora e tempo che da parte dei comuni non si continui a piangere sul taglio dei fondi. Semmai bisogna abolire gli sperperi: regola principe, per il vero, anche per lo Stato Italiano e non solo per la cosiddetta Casta ma per la burocrazia, i privilegi e sperperi a tutti i livelli. Lo Stato italiano dovrebbe essere tutto ridisegnato e c'è da sperare che vanga fatto al più presto: il provincialismo, il regionalismo successivo non giova ad uno Stato che deve essere ultra moderno. Giovanni Attinà
Inserito da Loredana il 27/03/2013 10:17:50
In effetti, da questo punto di vista le regioni assomigliano ad un'ulteriore e perversa manifestazione della Casta e delle sue caratteristiche di inefficienza e avidità. Ed è vero, è proprio tabù proporre di abolirle o modificarle: troppi "cadreghini" salterebbero, troppe radici di corruzione e di comodità da tagliare. Ma in questa situazione attuale di sfascio e marciume diffuso, l'unica soluzione possibile è proprio un taglio netto, chirurgico.
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