Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
l presidente Napolitano, a modo suo, ha forzato la democrazia per farla sopravvivere a sé stessa. Bene, viva la democrazia, ma - sia chiaro - tutti coloro che, normalmente da sinistra, fanno professione dell'elogio feticistico della Costituzione, è bene che riflettano.
Con la nascita delle Commissioni e la nomina dei dieci
saggi-saggi (come se fossero super ministri di una grande coalizione virtuale,
o un comitato di indirizzo), il capo dello Stato ha certamente superato lo
stallo al quale Bersani aveva ottusamente obbligato tutta la politica italiana,
ma commissariando - di fatto - il presidente del consiglio e i
ministri tecnici; ha innegabilmente accelerato verso una forma prodromica
di presidenzialismo e ha, nel contempo, mostrato tutta l'inadeguatezza della
Carta costituzionale nel rispondere alle istanze del nostro tempo.
Il paradosso se diviene metodo, forse cessa di essere paradossale, ma non
diventa ancora norma. Rimango dell'idea, quindi, che la cosa più
ragionevole, in un momento come quello che stiamo vivendo, sarebbe stata una
legislatura costituente. Ma non avendo noi italiani una classe politica in
grado di governare in modo condiviso, figuriamoci se si possa mai arrivare in
tempi ragionevoli a un tale esercizio di rappacificazione complessiva. La
sinistra, lo abbiamo visto, è totalmente prigioniera delle ideologie, che se se
ne liberasse, perderebbe addirittura quel poco di identità che le è avanzata
dal dopoguerra.
Sta di fatto che ora ci troviamo con un esecutivo Monti ampiamente stagionato,
scaduto alle elezioni legislative, con qualche pezzo in meno (il titolare del
Ministero degli Affari esteri), chiamato (sull'esempio del governo Pella)
ad attuare i compromessi che le commissioni di tipo conciliatorio tra le
diverse forze politiche sapranno trovare: nell'auspicio che non indulgano ad
iniziative di macelleria sociale sperimentate in tempi recenti.
Anziché rievocare "governicchi" di raffreddamento delle tensioni che, nella Prima Repubblica, permettevano, con formule balneari, di far riprendere il dialogo tra le forze politiche, siamo giunti ad una forma di governatorato del Commonwealth: il ruolo del governo? Ripeto, puramente onorifico. Il Presidente Napolitano, non potendo, per limitazione di poteri secondo Costituzione, condannare la legislatura, ha individuato un percorso che, a suo giudizio, consenta di trasferire al suo successore una situazione aperta e potenzialmente non compromessa, perché le determinazioni del caso.
Vedremo. Un nuovo modello di governo, che alcuni commentatori hanno definito "alla belga in salsa olandese", ma cucinato - a dire il vero - secondo i dettami della cucina grillina. La fisiologia della democrazia avrebbe suggerito elezioni politiche anticipate dopo la caduta del IV governo Berlusconi, così come in Grecia si è tenuto a distanza di settimane un secondo turno elettorale dopo che il primo aveva condannato alla ingovernabilità. Chissà se la creatività istituzionale e costituzionale in Italia non è ancora esaurita, chissà se i dieci saggi si trasformeranno a breve in dieci ministri di un vero governo del presidente. Chissà, se, invece, non si vada quanto prima a nuove elezioni. L'unica vera forma di democrazia che forse ancora bisognerebbe con forza evocare. Perché, al di là della pietra tombale sulle illogiche ambizioni di Bersani e la torsione presidenzialista che, come ho detto, vedo di buon grado, l'operazione di Napolitano rimane un'acrobazia tanto politica che istituzionale. Una acrobazia sull'abisso.
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