Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
font face="Times New Roman" size="3">Nella sua splendida poesia “Ad un aviatore irlandese che prevede il giorno della propria morte” William Butler Yeats canta: “non fu la politica né l’applauso della folla a spingermi in questo tumulto fra le nubi, ma un impulso di gioia, un impulso solitario in paragone a questa vita, a questa morte”.
Ora mi chiedo, quanti tra gli operatori ed amministratori della cultura della destra conoscono l’opera di Yeats? Quanti lo hanno mai letto? Eppure è uno dei più straordinari poeti che l’Irlanda abbia dato al mondo, un premio Nobel per la letteratura come Borges. Invece si continua a veder citare, ma forse anche questo soltanto per comodità di lettura bignamesca, i soliti Tolkien, Lewis, Chesterton. Infatti ormai siamo sul “politically correct” da anni e persino il povero Evola, insieme con Mishima sono troppo scomodi. Fastidiosi Degrelle, Horia e tanti altri. René Guenòn troppo filoislamico per carità.
Hanno mai letto, mi domando, i nostri uomini di politica e cultura di destra, pensatori come Panikkar, Panunzio, Florensky; conoscono l’opera di Berenson e Longhi in modo tale da poter avere almeno acquisito un minimo di senso estetico? Hanno mai sentito il nome di William Morris e di John Ruskin? O si sono fermati piuttosto a pagina novantadue del “Signore degli Anelli”, tanto poi c’è il film, piuttosto che affrontare “Il serpente Ouroboro” di Eric Rucker Eddison? Mi domando imperterritamente se i nostri “intellettuali politici” di destra, che attivano eventi culturali ad ogni pie’ sospinto soprattutto in prossimità delle perenni campagne elettorali, conoscano Duccio e Simone Martini, il Beccafumi o Jan Van Eyck. Andranno mai ad un concerto di musica barocca o rinascimentale? Ne conosceranno l’esistenza? Certamente però sanno a memoria le canzoni di Lucio Battisti. E i madrigali del Palestrina? O vogliamo parlare di interessi spirituali? Tanto siamo tutti fintamente ecumenici, ci vogliamo bene, però il Tebèt viene ancora massacrato come la Palestina, l’Ulster ed i Lao Gai. Nessuno mai che alzi un dito o la voce per gridare contro lo scempio di certe Sette che agiscono impunemente nel nostro paese. Tutti ben attenti a non toccare i poteri forti della Massoneria anticristica, a volte travestita anche da sedicenti psicocattolici. Strano, e pensare che anche questo sarebbe Cultura. Avessero il coraggio di dire “sì sì, no no” e smetterla di servire due padroni, a volte Dio e Mammona, altre Dio no ma Mammona e Poltrona sì.
Sarebbe auspicabile smettere di sentire parlare con evidente convinzione, ma grande ipocrisia certamente involontaria, di “meritocrazia”.
No, la “meritocrazia” non esiste e non appartiene di certo a questa destra, che con conosce il Merito perché mai, e ripeto mai, ha saputo valutare e far valere qualcosa che produca il merito, che lo preveda e ne sia fonte prima: la capacità e la competenza.
Quale merito, quale competenza se chi occupa posti e si occupa di cultura è ivi collocato in base alle dinamiche del partito basate su una follia chiamata orgogliosamente “militanza”?
Vi chiedo: andreste mai da un medico incapace soltanto perché è un vostro militante di partito oppure preferireste andare da un buon specialista che magari vota a sinistra? Abbiate il coraggio di darvi una risposta sincera.
La destra ha avuto occasioni splendide, in questi anni, di poter ri-costruire una base culturale, tradizionale, etica ed estetica reale e nobile, ma non ne è stata capace, o forse gli amministratori non l’hanno voluto fare perché era più comodo così. Hanno negletto tutti gli uomini d’”intelletto” – e uso il termine in senso dantesco - che la destra ha ancora, relegandoli nella penombra, perché in realtà scomodi, non organici, liberi. Non controllabili.
La destra ha sempre avuto ed ha ancora, in ogni campo delle Arti e della Cultura grandi ingegni, ma li hanno rifiutati sempre perché è più semplice vivere di autoincensamenti ed autoreferenzialismi, il sentirsi dire bravi da altri simili nella speranza di ricevere qualche vostra briciola. Per i nostri “addetti alla cultura”, appare invece che sia proprio la politica e l’applauso della folla, non come l’aviatore irlandese che va in cerca del suo destino sull’alto delle nubi, a segnare il paragone tra la vita e la morte.
Ricordate William Butler Yates. Almeno questo imparatelo.
Inserito da NewBalance547 il 15/11/2014 10:53:47
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Inserito da Claudio il 16/04/2013 18:43:44
il commento era: eh già. Che non vuol dire soltanto che hai ragione, ma che è cosa assai indegna che "ci vincan d'intelletto le nazioni che noi da selvagge abbiam fatte domestiche". Chissà chi lo ha detto?
Inserito da claudio il 16/04/2013 18:40:16
Non possiamo nn dirci conservatori, e allora attenti con la santificazione della tecnologia
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