Editoriale

Un Gatto in Campidoglio! Meglio dei candidati sindaco custodirebbe la cultura e l'arte a Roma

Sono i felini gli unici e veri custodi della cultura capitolina maglio di qualunque altro amministratote scombinato e arrogante

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

li unici, veri e saggi custodi dei luoghi d’arte in Roma sono i gatti.

Il popolo silente che si muove invisibile come un’ombra, lungo i secoli e le pietre dell’Urbe, ha da sempre compreso la Bellezza Assoluta della città, contrariamente ai suoi passati e presenti amministratori.

Ci vorrebbe un gatto come sindaco, un gatto come soprintendente ai Beni Culturali, un gatto in ogni luogo di potere ed allora sì che vedremmo tutto andare meglio.

Questo perché i piccoli felini non sono democratici ma gerarchicamente aristocratici e pur sempre liberi nell’azione e nel pensiero, liberi da correnti partigianerie e clientelismi. I gatti, per loro natura, partecipano della Bellezza e come tali sanno, diversamente da certi politici, distinguere ciò che è esteticamente commentabile da ciò che ripugna al bene.

Avete mai visto un gatto vicino alla “teca” di Meyer? Invece c’è da molti anni, una meravigliosa colonia di tali creature, in Largo Argentina, tra i millenari ruderi ed un’altra, meno nota, vicino alla “Porta Alchemica” di Piazza Vittorio. Altri stanno al Teatro di Marcello dove vivono da anarchi, nobili ed indifferenti alle miserie umane.

I gatti erano Dei al tempo degli Egizi e da sempre “numi tutelari”, “geni del luogo” di Roma.

Seguissero i gatti lungo le vie della città, gli amministratori del bene pubblico, imparerebbero a vedere le cose da un’ottica ben più alta di quella, estremamente bassa, alla quale sono adusi.

A nessun gatto sarebbe mai venuto in mente di promuovere orrori su orrori nelle periferie urbane, di parlare ipocritamente di “riqualificazione”, o di indire concorsi urbanistici “ad hoc” per i soliti noti, o di promuovere finti e fasulli “carnevali” indegni di Disneyland.

I piccoli dalle lunghe code passeggiavano per le vie e gli orti della città quando vi regnavano i grandi papi del Quattro e del Cinquecento, ne guardavano lo sfarzo e la ricchezza, loro hanno visto cadere e risorgere la città molte volte, immutabili e gentili, tra Lanzichenecchi e violenze, ma anche assistendo allo splendore artistico che soltanto a Roma esiste.

C’erano i gatti nella bottega d’orafo di Benvenuto e nello studio oscuro di Michelangelo Merisi. I loro fratelli hanno passeggiato sulle trabeazioni della Sistina mentre il Buonarroti ci perdeva la vista, si facevano accarezzare da Lucrezia Borgia sotto gli affreschi del Pinturicchio in Vaticano.

Tutti luoghi e personaggi che i nostri, passati, presenti e di certo futuri, amministratori mai hanno pensato di guardare con occhi nuovi.

Gli occhi dei gatti vedono anche nell’oscurità, infatti, anche in quella senza fondo degli animi umani.

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    3 commenti per questo articolo

  • Inserito da ines il 03/05/2013 07:17:22

  • Inserito da antoniaccia il 01/05/2013 19:52:16

    ...e ci guardano proprio dall'Iseo del Campidoglio, dalle pietre della chiesa dell'Aracoeli dove Isis diventa la Madonna col Gatto.

  • Inserito da ines il 01/05/2013 16:06:21

    Conner al Campidoglio!

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