Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
ta spopolando, in Germania, il romanzo di fantapolitica del giornalista Timur Vermes, Lui è tornato. “Lui” sarebbe Adolf Hitler, che, nel libro, si risveglia nella Germania di oggi e rispolvera le sue idee conquistando i salotti televisivi fino a diventare un’icona mediatica. Il libro uscirà il 15 maggio anche in Italia (Edizioni Bompiani) e al fenomeno il Venerdì di Repubblica ha dedicato la copertina, con tanto di inequivocabile ciuffo nero su sfondo bianco, ed un ampio servizio, con annessa intervista all’autore.
Timur Vermes spiega che l’idea gli è venuta per affrontare di petto il “mostro” che il suo popolo ha frettolosamente rimosso: «In Germania sappiamo tutto sul nazismo e l’Olocausto, ma su di lui tendiamo al rituale dell’anatema… Tendenza inconscia all’autoassoluzione da colpe collettive». Rischio apologia? L’autore dice di no, al contrario secondo lui la sua opera serve per mettere in circolo anticorpi, perché la democrazia piace finché ci vivi bene, ma se cominci a vivere male le chance di un dittatore seducente diventano maggiori e sempre più pericolose.
Il servizio sul libro di Timur Vernes è corredato anche da un commento dello storico Giovanni De Luna, secondo il quale un romanzo del genere potrebbe avere tranquillamente come protagonista anche Benito Mussolini. Nella trama immaginaria di un romanzo di questo tipo il Duce scampato a piazzale Loreto avrebbe fondato il Msi e si sarebbe alleato con la Dc, poi dagli anni Novanta in avanti sarebbe diventato una star televisiva, arringando le folle e finendo con il soggiogarle definitivamente attraverso il web, tuonando contro l’aula “sorda e grigia” di Montecitorio.
Un Benito postmoderno dunque, che ha un antesignano nel Benito I Imperatore, romanzo ucronico di Marco Ramperti, uscito nel 1950 e riproposto l’anno scorso dalle Edizioni di Ar. Il Benito di Ramperti, figura esemplare di intellettuale e giornalista “fuori dal coro”, è, rispetto a quello immaginato da De Luna, un vincitore a tutti gli effetti.
Scrive Ramperti nelle prime righe del suo romanzo: «E’ l’alba del 25 aprile 1945 e Benito Mussolini, avendo l’Asse vinto la guerra per impiego tempestivo della bomba atomica, cavalca per la via Appia alla volta di Roma». Poi è tutto un susseguirsi di vicende insieme paradossali e benevoli: Mussolini che concede la Savoia a Vittorio Emanuele III, Pio XII “esploratore” della stratosfera, gli intellettuali servili che sfilano davanti al Capo (tra questi Paolo Monelli e Sibilla Aleramo, Leo Longanesi e Alessandro Blasetti, Mario Missiroli e Sem Benelli, Mario Alicata e Pietro Ingrao, Indro Montanelli e Massimo Bontempelli) , gli antifascisti Parri e Pertini condannati a diventare “badanti” di Carlo Borsani, il cieco medaglia d’oro (nella realtà trucidato, a Milano, dai partigiani), il Maresciallo Badoglio “costretto” a vivere nell’infamia. E tutto in un’Europa fascista, con la Russia, non più sovietica, tornata in mano ai “Bianchi” e gli Stati Uniti, dove a comandare sono le donne.
Germania o Italia che sia, non si fa politica con la storia immaginaria. Il Dottor Mengele e le illusioni cinematografiche (stile “I ragazzi venuti dal Brasile”) di riuscire a clonare il fuhrer sono morte e sepolte. Mussolini non ha eredi politici. D’altro canto però, per quanto si sforzino di utilizzare la forza dei media, i politici europei non hanno l’appeal del “Lui” tedesco e di quello italiano, che, pur demonizzati da quasi settant’anni, continuano a tenere desti , con i loro fantasmi, giornalisti ed intellettuali.
L’invito finale di Timur Vermes, rendere attraente la democrazia, troverà interpreti all’altezza? O piuttosto – per dirla con il suo “Lui” – solo partendo dalla considerazione che “non tutto era sbagliato” si potranno evitare nuovi tragici errori e pericolose “derive”? Un dato è certo: l’attuale sistema democratico rischia di non essere più all’altezza della crisi non solo economico-sociale quanto soprattutto della rappresentanza politica che il Terzo Millennio ci ha portato. Prenderne atto significa sgombrare il campo da ogni ipocrisia politica e cercare – come afferma Timur Vermes – le possibili vie d’uscita sulla via di una vera e partecipata democrazia, più “attraente” e capace di rispondere ai reali problemi della gente. Il rischio – al contrario – è che qualche “uomo nero” torni a fare capolino…
Inserito da Meertaire il 20/11/2024 00:02:44
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Inserito da NewBalance547 il 15/11/2014 10:44:41
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Inserito da Sparviere il 13/05/2013 17:24:30
Dr. Bozzi Sentieri, Lei ha compreso bene che la mia era solo una osservazione provocatoria per dire che gli eredi di coloro che hanno approvato questa costituzione non cambieranno mai ciò che ritengono perfetto, alla stregua del decalogo del monte Sinai, oltre che funzionale ai propri interessi. La realtà ovviamente è alquanto differente ed andrebbe affrontata in modo opportuno, in analogia a quanto scrive oggi, sul Corriere della Sera, Galli della Loggia laddove afferma che, per una certa parte politica, “La Carta … incarna un inveramento etico da adempiere”. Concordo con il Suo auspicio di “un’applicazione più puntuale della vigente Costituzione (a partire dall’ art. 46 …)”. Constato, però, l’assoluta incapacità dei partiti di riformare se stessi e le istituzioni e temo che, rebus sic stantibus, molto difficilmente, in assenza di un qualche evento traumatico, potremo avere delle riforme sostanziali; spero vivamente di sbagliarmi ma i continui solleciti a cambiare la legge elettorale e la contemporanea, ingombrante, assenza di proposte di riforma istituzionale confermano i miei timori. La ringrazio per il tempo è l’attenzione che ha voluto dedicarmi.
Inserito da MARIO BOZZI SENTIERI il 13/05/2013 13:27:28
Caro Sparviero, nessuna “apologia” – per carità ! Mi limito solo a registrare quanto scrivono – in questi mesi – “insospettabili “ come Marco Revelli (“Finale di partito”), Aldo Schiavone (“Non ti delego”), Sergio Romano (“Morire di democrazia”).) Tutti fascisti ? Non credo ! Da parte mia auspico un’applicazione più puntuale della vigente Costituzione (a partire dall’ art. 46 dedicato alla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende) nella prospettiva di un nuovo/reale progetto partecipativo.
Inserito da Sparviere il 13/05/2013 07:40:55
"L’attuale sistema democratico rischia di non essere più all’altezza della crisi non solo economico-sociale quanto soprattutto della rappresentanza politica che il Terzo Millennio ci ha portato". Attenzione, dr. Bozzi Sentieri, i guardiani del regime potrebbero ricordarsi che è ancora in vigore il reato di apologia di fascismo. Perché va bene il libero pensiero, come scriveva Trilussa, “ma a condizione che t’associ a l’idee der presidente e a le proposte de la commissione!”. Ce lo ripetono periodicamente, quei signori, cha abbiamo “la più bella costituzione del mondo”. Possibile che Lei non se ne sia ancora reso conto?!!
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