Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Tipico esempio di perdente, a sinistra, e vincente, a destra
L’Inter, la società Inter, ha dimostrato ampiamente di non avere la mentalità vincente di altre grandi italiane ed europee.
Tre anni fa era sul tetto del mondo e ora fuori da tutte le competizioni internazionali e, addirittura, in attesa di un calendario di Coppa Italia che la vedrà disputare le qualificazioni con compagini di serie B.
Tutti i grandi team di calcio attraversano momenti di crisi, però grazie alla loro mentalità e ossatura di alto livello riescono comunque a dare dei ben assestati colpi di coda e vincere, magari, il campionato o una coppa internazionale o della propria nazione, o semplicemente a rimanere in zona Champions League.
Né Bayern, né Real Madrid, né Barcellona, né Juventus, né Milan, solitamente restano all’asciutto senza partecipare a qualche competizione.
Ormai è una consuetudine accertata, le solite note possono avere delle cadute, ma poi si rialzano e riprendono il loro glorioso cammino.
No, l’Inter non è annoverabile tra queste elette del calcio internazionale, è una squadra che sembrava aver costruito un’impalcatura solida, vincente e duratura, ma che poi, invece, si è dimostrata poggiare le sue basi su sabbia friabilissima, quasi inconsistente.
La società si è accontentata di aver vinto tutto e dietro la scusante del budget ha messo in piedi una serie di campagne acquisti degne di una squadra di serie C.
Dalla fatidica “alzata della coppa dei campioni” all’arrivo, a grappoli, di ex o pseudo giocatori quali Castaignos, Alborno, Jonathan, Forlan, Alvarez, Palombo, Rivas, Zarate, Silvestre, Rocchi, Schelotto, Pereira, Gargano, Mudingayi, Kutzmanovic, Carrizo.
Una congrega di raccattacipollebuona, a stento, per il torneo dei bar.
Una cosa è certa, il futuro non si dipingerà per molto tempo, se continua così, di nerazzurro.
La dirigenza continua a ricordare gli arbitraggi e i tanti infortuni, a difendere come può Stamaccioni, colui che ha fatto giocare centravanti Samuel contro il Cagliari, ma ancora non si è sentito un mea culpa da nessuno dei capi interisti, o certune dichiarazioni improntate ad un immediato riscatto.
Sappiamo, però, tutti che tale atteggiamento nuoce molto alla società che sta inasprendo il rapporto con i tifosi, improvvisamente tornati a respirare quell’effluvio malsano del centro classifica.
L’Inter è completamente da rifondare, dal settore tecnico fino a quello medico, e per farlo occorre l’arrivo di persone determinate con idee vincenti e belluine, perché l’Inter non può permettersi di perdere 16 partite e di subire più goal di quelli fatti.
Non può presentarsi davanti ai suoi tifosi con un tridente d’attacco composto da Schelotto Rocchi e Guarin, non può permettersi di prendere cinque rete in casa dall’Udinese, non può ogni santa domenica accampare scuse per questo o quel torto ricevuto senza menzionare la deficienza cronica sotto porta.
Per ritornare lo squadrone del 2010, oltre ad un allenatore con quattro palle enormi, occorre una dirigenza convinta ancora a spolparsi per creare una compagine subito pronta a vincere lo scudetto, perché se, per caso, non rialzerà subito la cresta si ripeterà il lunghissimo periodo di astinenza dalla vittoria, alla quale i tifosi nerazzurri non vogliono più assuefarsi.
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