Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
empi duri per i movimenti e per lo stesso Beppe Grillo: una proposta di legge firmata da Anna Finocchiaro e dal capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, prevede la piena attuazione all'art. 49 della Costituzione sui partiti, dando loro “personalità giuridica”. La proposta vuole stabilire, spiegano i proponenti, “i contenuti minimi dello statuto, alcuni principi generali, ai quali dovranno attenersi tutti i partiti che intendono concorrere alla determinazione della vita politica, pena la perdita dei rimborsi per le spese elettorali o di ogni ulteriore eventuale forma di finanziamento pubblico”. Una serie di obblighi che confligono, ad esempio, proprio con il tipo di organizzazione statutaria del Movimento 5 Stelle, tenendoli fuori dalle elezioni. “Questo - dicono Finocchiaro, Zanda e gli altri proponenti - non impedirà a una semplice associazione o movimento di fare politica, ma il mancato acquisto della personalità giuridica precluderà l'accesso al finanziamento pubblico e la partecipazione alle competizioni elettorali”.
Che ci volesse una “messa a punto” all’art. 49 della Carta costituzionale, quello - per intenderci - che recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, è fuor di dubbio, anzi, tale modifica potrebbe davvero diventare, se ben modulata, la riforma dalla quale partire per ripensare complessivamente l’impianto costituzionale e senz’altro potrebbe inaugurare l'inizio di un nuovo rapporto con i cittadini in termini di diritti e doveri della politica. Ciò nonostante, qualche perplessità, però, la proposta Finocchiaro-Zanda la suscita. E non certo perché fa sbraitare i rappresentanti dei Movimento 5 stelle. In effetti, al lorosolito, un po’ egocentrici.
In realtà, va ricordato, nella sottocommissione della Costituente che aveva redatto quel testo si era dibattuto se l’espressione “metodo democratico” avesse valore esterno, la competizione dei partiti da svolgersi con metodo democratico, o anche interno: l’organizzazione dei partiti. Ma fu proprio Palmiro Togliatti a fare le barricate. “Domani potrebbe svilupparsi un movimento nuovo, anarchico, per esempio”, disse. “Non si potrà negargli il diritto di esistere e svilupparsi, solo perché rinunzia al metodo democratico”. E’ evidente che in realtà il “migliore” voleva difendere il centralismo democratico del Pci. Venne così bloccato un emendamento del democristiano Costantino Mortati, secondo cui i partiti avrebbero dovuto uniformarsi “al metodo democratico nell’organizzazione interna e nell’azione diretta alla determinazione della politica nazionale”, che avrebbe reso il testo della Costituzione italiana abbastanza simile all’articolo 21 della Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania, secondo il quale, a proposito di partiti, non solo “il loro ordinamento interno deve corrispondere ai principi fondamentali della democrazia”, ma “devono rendere conto pubblicamente dell’origine e dell’utilizzazione dei loro mezzi finanziari e dei loro patrimoni”. Ma “i partiti, che per le loro finalità o per il comportamento dei loro aderenti si prefiggono di danneggiare o eliminare l’ordinamento fondamentale democratico e liberale o di minacciare l’esistenza della Repubblica federale tedesca, sono incostituzionali”, e “sulla questione d’incostituzionalità decide il tribunale costituzionale federale”. Insomma democratici non solo nell’azione, ma anche nella struttura interna e negli obiettivi. E infatti il tribunale costituzionale mise fuori legge il neonazista Partito socialista del Reich nel 1952 e anche il Partito comunista nel 1956.
La storia passa, nessuno, al solito, ci fa i conti e ora proprio il partito erede del Pci vuole reinterpretare la Costituzione (lo aveva già annunciato Bersani) in un modo che valorizzi la propria specificità di ultimo partito non personale e (al meno per ora) rigidamente strutturato rimasto nel Paese.
Il caso Lusi e disciolta Margherita docet, ma non solo. C’è un problema di sistema: non può più esistere che un partito prenda il finanziamento senza una certificazione dei bilanci e senza meccanismi di trasparenza e di partecipazione, ma la riforma deve riguardare l’interno e l’esterno dei partiti. E ciò vuol dire pensare una modifica della Costituzione che ponga limiti, regole, garanzie, metodi ai partiti e nei partiti. Sul rapporto tra elettori ed eletti, sulle candidature, sul finanziamento e i costi della politica, sui diritti degli iscritti e sui doveri della classe dirigente. Parliamo della riforma della nostra democrazia politica. Una riforma necessaria anche per interrompere il progressivo, e a tratti drammatico, distacco dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni.
In giro c’è troppa semplificazione di problemi complessi, e la semplificazione riduce il naturale dibattito politico a banali parole d’ordine di intolleranza niente affatto democratiche. Bisogna, invece, saper incidere sulla carne degli stessi partiti, arrivando ad una riforma radicale che abolisca o modifichi profondamente i meccanismi di finanziamento. Il rischio di procedere per gradi è già tutta nella parzialità del metodo
Per la cronaca, alla proposta del Pd non tarda la replica piccata da “Casa 5 Stelle”. “Cose da Partito Democratico”. Inizia così il post immediatamente pubblicato da Roberto Fico, sulla sua pagina facebook. “Anna Finocchiaro invece di discutere dell'ineleggibilità di Silvio Berlusconi - scrive Fico - magari stabilendo una linea dura e una battaglia senza precedenti nella giunta delle elezioni preferisce presentare un disegno di legge anti-movimenti al fine di attaccare il movimento cinque stelle. Complimenti vivi alla Senatrice della Repubblica!! Il movimento cinque stelle sta preparando con forza il percorso e le motivazioni da presentare in giunta per l'ineleggibilità di Silvio Berlusconi”, conclude Fico. Semplificando, appunto. Ma ognuno - ineluttabilmente - è la misura di sé stesso.
Inserito da pietro46 il 23/05/2013 00:27:22
Senatore Zanda...daccordo la fronte larga ,ma il dentro?Ma come,aveva questo scheletro nell'armadio e 'proprio Lei si lancia così spericolatamente a chiedere l'ineleggibilità di Berlusconi?Ma veramente in quel 2003,dopo la morte del senatore Lavagnini,è stato candidato da Rutelli in quel collegio di Frascati?E poi farsi raccomandare da Cossiga di cui Lei era segretario,che chiese a Berlusconi di aiutarla?Lo sa che il Cav(come ne parla oggi 22/5 "il Giornale"con un articolo di Laura Cesaretti)tanto brigò che non fece raccogliere le firme di presentazione della candidatura al Suo candidato,per quel favore a Cossiga?Ma veramente Lei fu eletto senza avversari e ...col 6,7% dei votanti?Ma l'hanno inscritta nel 'guinnes" dei primati per la mondiale bassa percentuale?E veramente poteva pensare che con "Lui"per come si è comportato "Lei",la storiella non sarebbe venuta a galla?...diciamo meglio che sta perdendo qualche colpo...e complimenti per la smentita.
Inserito da ghorio il 22/05/2013 16:46:03
Per il vero l'applicazione dell'art.49 della Costituzione era "un cavallo di battaglia" dell'area cosiddetta di centrodestra, prima dell'avvento di Berlusconi. Ricordo che i giornali, dagli anni 70 alla fine degli 80, vicini a quest'area(ne esistevano anche di settimanali, adesso, dopo 12 anni di centrodestra, non esistono più) ,portavano avanti questa posizione, strada facendo dimenticata. Mi ricordano le battaglie sulle regioni che poi si dotavano di ambasciate e poi strada facendo anche il centrodestra si è adeguato con le delegazioni oceaniche , ambasciate e sperpero di danaro pubblico. Come del resto un altro "cavallo di battaglia" era l'articolo 39 sui sindacati, poi dimenticato. Adesso è il Pd che riscopre questa esigenza: non è mai troppo tardi. Certo è che i partiti debbono avere un riconoscimento giuridico, con regole democratiche , statuti, congressi ogni due anni e così via. Queste sono le regole per una nazione che rispetti la democrazia. Se vogliamo poi fare dell'Italia uno stato moderno, prendiamo i sistemi collaudati, testo di diritto costituzionale comparato, e agiamo di conseguenza. Per esempio non ho capito perché il Pd vuole il sistema elettorale francese a doppio turno e poi si scandalizza per la repubblica semipresidenziale. Non parliamo poi della repubblica presidenziale, tipo Stati Uniti, è considerata una scelta "fascista". Lo stesso centrodestra questo tipo di repubblica strada facendo l'ha dimenticata. Poi nessuno si scandalizza della durata della carica del Presidente della Repubblica, 7 anni, sembra una monarchia. C'è da sperare che veramente si cambi e la classe politica si rinnovi veramente e finisca di stare ancorata a vecchi schemi. Ogni tanto ci si attacca a qualche personaggio, vedi Renzi, e poi quest'ultimo si pente della "rottamazione" e nessuno dice più niente. Giovanni Attinà
Inserito da Franco il 21/05/2013 12:02:18
Non concordo con Maria. mentre il Governo DEVE fare rapidamente "il suo" il Parlamento DEVE cominciare ad eleborare le riforme (condivise) che portino questo Paese "fuori da guado" istituzionale nel quale lassismo ed interessi personali l'hanno portato. Regolamentare finalmente, anche per quanto riguarda bilanci e trasparenza, partiti e sindacati é un passaggio ineluttabile ed urgente.
Inserito da maria il 21/05/2013 07:22:43
... in questo momento di grave difficoltà per il paese, con la necessità di riforme ben più urgenti che incalzano, pensare a proporre una riforma del genere è solo un atto di arroganza , di prepotenza, di ottusità politica, o meglio di paura nei confronti di quelli che chiedono trasparenza, tagli ai privilegi e agli sprechi di denaro pubblico e una revisione della gestione di tutto l'apparato politico e amministrativo.
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