A trent'anni dall'arresto di Tortora

Quando lo Stato uccise un uomo perbene

In tre decenni niente è cambiato, la malagiustizia prosegue come allora, i giudici godono di un potere di arbitrarietà indiscusso....

di Simonetta  Bartolini

Quando lo Stato uccise un uomo perbene

Mi ero riproposta di evitare accuratamente il canale 7 del televisore, ieri sera. Di non guardare il film in onda su La7, Un uomo perbene. Non volevo ripercorrere attraverso la finzione cinematografica l'orrore della malagiustizia italiana che 30 anni fa si accanì su un innocente, Enzo Tortora.

Non volevo ripercorrere nei migliaia di dolorosi frame di cui è composto un film le tappe dolorose che 30 anni fa attraversò un uomo ingiustamente accusato, incarcerato, umiliato, da un sistema della ingiusta giustizia italiana che dopo quella ignobile pagina non è cambiato di una virgola.

Non volevo rivedere la spocchia dei giudici che non gli concedono i domiciliari dichiarando Tortora uomo malato ma socialmente pericoloso, senza prove se non le parole di camorristi in cerca di alleggerimenti di pena.

Eppure l'arroganza frutto di frustrazione -  qui non abbiamo i mezzi dei vostri studi organizzati, dice un magistrato agli avvocati del presentatore, quando essi chiedono di vedere una delle cosiddette prove che non possono esibire perché forse perdute o inesistenti - quell'arroganza frutto di un immenso potere di arbitrarietà che il sistema concede ai magistrati, l'ho vista attraverso gli occhi di tutti coloro che, senza chiamarsi Tortora, hanno subito quello che ieri era oggetto di un film-verità.

L'ho vista ieri, l'altro ieri e il giorno prima, e quello ancora prima, attraverso la vita spezzata di tanti uomini perbene che come Tortora sono stati vittima di diffamazioni che i magistrati hanno pensato bene di prendere per buone.

Perché, come spiegano gli avvocati (quelli che dovrebbero difendere un cliente, ma che, soprattutto nelle piccole realtà di provincia e quando un imputato non ha un nome altisonante, si accordano con l'accusa timorosi e proni al potere dei magistrati e indifferenti alla verità) come spiegano gli avvocati, dicevo, il sistema prevede che chi è accusato menta e chi accusa no, dunque chi è accusato è colpevole in partenza a prescindere e deve provare la propria innocenza, faccenda talvolta impossibile come il caso di Tortora ha dimostrato con l' ingiuriosa e vigliacca condanna in primo grado.

Rivedere il film sulla vicenda di Tortora mi ha costretto a ripensare alla ignominia di un sistema nel quale la parola di chi accusa è superiore e più credibile di quella di chi è accusato (anche quando l'accusatore è un pregiudicato camorrista dichiarato).

Perciò mi ero riproposta di non rivedere quel film, perché qualche volta in questo disperato paese è meglio cancellare la memoria della realtà di cui ciascuno di noi può essere vittima, meglio fuggire in un oblio stordito e colpevole (come è colpevole ogni fuga dalla verità ).

E invece l'ho rivisto, tutto.  Ho rivisto la sofferenza, l'umiliazione della gogna giornalistica o in quella dell'inchiostratura dei polpastrelli nella caserma dei carabinieri per le impronte digitali, e poi la prima volta in una cella dove si scopre che i carcerati sono migliori di chi li ha condannati (per quanto magari per giusta causa), i vari Omar, o Tonino, o Vincenzo, o Totò che cercano di consolare la disperazione del novizio con un dolce fatto in cella che lui non riesce a mandare giù tanta è la disperazione per l'incubo kafkiano nel quale il poveretto è precipitato.

Ieri sera La7 ha mandato in onda la storia di un uomo perbene, si chiamava Enzo Tortora, e nonostante alla fine sia stato assolto in appello, quel l'uomo perbene non ha avuto giustizia.

Il magistrato che  ha colpevolmente sbagliato non ha pagato e neppure chi lo aveva accusato. Tortora non ha avuto giustizia.

Tortora è stato torturato dal nostro sistema giudiziario e ne è morto.

Ho rivisto la sua storia nella semplificazione cinematografica, mi ha fatto male come mi hanno fatto male altre storie ignote di ignoti, altrettanto ingiuste.

Mi ha fatto male e fa male sapere che dopo trent'anni da allora niente è cambiato... Mi correggo, qualcosa è cambiato  le carriere dei giudici che hanno sbagliato con Tortora: tutte progredite senza intoppi!

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da SABYDA il 20/06/2013 14:08:51

    Meritocrazia e Giustizia, sono parole e vocaboli che nel nostro Paese hanno perso proprio il significato intrinseco che hanno in loro. In tutte le aule si trova scritto LA GIUSTIZIA E' UGUALE PER TUTTI.........siamo sicuri? Evidentemente ha una sola direzione univoca e quindi dalla parte di che deve giudicare e sentenziare. NN si tratta di sbagliare, qui si tratta di andare a letto la sera e dire se si è fatto tutto come giusto che sia; evidentemente queste sono domande troppo di pretesa per dei Magistrati che credono di fare il tutto con molta razionalita', e quindi poi arriva anche l'aumento di carriera senza essere magari i migliori ma solo perche' hanno fatto clamore in una notizia come sentenziare un UOMO Perbene, che sia in questo caso Tortora o qualsiasi altro malcapitato. Ok, tutto bene quel che finisce male!!!!!!!!!!!!!!!! Scusate la frase sarcastica.

  • Inserito da Loredana il 20/06/2013 09:31:11

    Uno dei misteri italiani più oscuri e abbottonati della nostra storia. Non ho mai capito perché proprio Tortora fosse finito nel mirino perverso dei nostri azzeccagarbugli. Perdonatemi, ma non riesco a chiamarli avvocati. Non ho mai voluto vedere quel film, sono sempre scappata da quel dolore troppo grande da sopportare. Si rinnova sempre, però, ogni volta che sento nominare Tortora, perché non lo si ricorda quasi mai per l'uomo garbato e capace che era, ma per questa infamia scaricatagli addosso, quasi fosse il Giuda del XX secolo.

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