Editoriale

I fiori avvelenati del giardino di Mario Monti

La manovra del professore che non risponde a nessuno tantomeno agli italiani

Gennaro  Malgieri

di Gennaro  Malgieri

envenuti nel magico mondo di Mario Monti. Nel suo giardino fioriscono incessantemente tasse grazie al concime dell'antipolitica. Gli italiani non sembrano, comunque, apprezzare molto, ma i partiti fanno finta di niente, si turano il naso e non avvertono l'olezzo che emana dai fiori malsani coltivati da tecnici che hanno scambiato il Parlamento per il loro cortile di casa.

Qualche ragione ce l'hanno, a dire il vero. Infatti, è stata la politica  - la cattiva politica - che li ha chiamati a sbrogliare l'intricata matassa e loro hanno  buon gioco nel fare adesso ciò che i professionisti eletti non hanno voluto fare quando avrebbero potuto e dovuto intervenire, un po' per incapacità ed un po' per viltà. Sia chiaro: l'opposizione ci ha messo del suo nel far naufragare un governo che,a detta di qualche testa d'uovo del centrosinistra, una volta uscito di scena come d’ incanto lo spread sarebbe crollato e le Borse avrebbero spiccato il volo. Non sembra.

La giustificazione secondo la quale la politica ha chiesto il loro aiuto, per quanto vera, non basta a legittimare i nuovi oligarchi come soggetti sciolti da qualsiasi vincolo politico delle forze parlamentari e pretendere da esse la fiducia estrema, vale a dire un voto sulla manovra economica che renderà gli italiani più poveri e meno liberi.

Ici o, come si chiama adesso, Imu, imposte sulle case all'estero dove si pagano già fior di tasse, balzelli sui conti bancari, aumento della benzina e perfino del tabacco, liberalizzazioni rimandate sine die, probabile intervento sull'Iva tra qualche mese, innalzamento dei contributi agricoli, congelamento delle pensioni e via seguitando sono i fiori del giardino di Monti. Tra queste giovani e maleodoranti piantine che danno francamente il voltastomaco non s'è trovato spazio neppure per un filo d'erba che assomigliasse alla promessa di quel tantino di crescita che era lecito attendersi.

In compenso, i tecnici hanno fatto loro il paradosso totalitario di Orwell ed hanno immaginato che per stanare gli evasori fiscali lo Stato deve mettere il naso nei conti correnti bancari, come se non bastasse la comunicazione, prevista da una legge del 2005, per  la quale gli istituti di credito sono obbligati a comunicare all'amministrazione fiscale l'apertura e la chiusura dei conti stessi.

Da subito, dunque, il decreto restringerà i nostri già esigui spazi di libertà e chiunque potrà violare legalmente il segreto bancario fin qui ritenuto uno dei capisaldi dei sistemi liberali.

Insomma, ciò che non era riuscito ai governi di sinistra, sembra riuscire benissimo a quello dei professori: la via fiscale al socialismo. Per di più, le banche, di cui il governo Monti sembra essere molto amico, godranno di una gabella nuova di zecca: i correntisti dovranno versare trentaquattro euro al momento del rendiconto annuale, come se non bastassero le ingenti e numerose spese che già sopportano per tenere depositato e in custodia il loro denaro.

Sfido chiunque a trovare un briciolo di equità in questa manovra economica. Soprattutto in considerazione del nuovo sistema pensionistico e della ridicola misura che restringe i pagamenti in contanti a mille euro, costringendo soprattutto anziani che non hanno alcuna dimestichezza con la moneta elettronica ad aprire un conto in banca. Demenziale.

E poi, a che cosa serve tutto questo? L'euro sta naufragando, l'Europa si sta dissolvendo, i debiti sovrani vengono costantemente aggrediti: c'è chi pensa che l'Italia si salverà davvero con misure recessive che deprimeranno l'economia ed i consumi?

Lascio questo interrogativo alle anime belle che, come Monti, ritengono che il fisco possa essere un amico. Qualcosa del genere la disse un po' di tempo fa il professor Padoa Schioppa: fu subissato da critiche e risate. Questa volta non c'è stato nessuno a cui sia venuta la voglia di reagire. L'Italia è stanca.

 

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