SOCIAL-CENSURA

Gli stupidi algoritmi di Facebook

Controlla, pedina, spia, esamina, approfondisce l’oceano di dati alla ricerca ossessiva di scurrili e infami espressioni idiomatiche

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Il procedimento purificatore di Facebook è sempre presente.

Controlla, pedina, spia, esamina, approfondisce l’oceano di dati alla ricerca ossessiva di scurrili e infami espressioni idiomatiche da censurare e cancellare in nome del decoro collettivo.

Non esiste modo che possa, in qualche maniera, ammorbidire il giudizio di questi terribili supervisori e, basta, un vocabolo appena sopra le righe affinché sia marchiato come esortazione al turpiloquio.

Tale procedimento ci va giù molto pesante, e i caporioni del network non ci stanno a far passare ciò che a loro non quadra, in questa lindissima fogna della conoscenza a mezzo web.

Non vogliono rischiare denunce, petizioni da parte di familiari che bloccano l’account del figlio o del nipote.

E, quindi, scelgono loro le parole, le espressioni da censurare.

Tutto ciò, praticamente, si trasforma in una vera e propria autenticazione socio-culturale, una specie di licenza filologica e etica, una sorta di razzismo intellettuale.

Salvo, poi, incorrere all’interno di Facebook, in pagine ove apertamente sì’inneggia al porno, si invita allo scambio di coppie, si mostrano foto di persone completamente nude o di giovani ragazze che apertamente dicono di essere escort.

Ecco, per il network, questo si può fare.

Se uno invia, sbadatamente, richieste di amicizie a persone non conosciute, viene, invece, sospeso dal sito per 30 giorni.

Insomma, queste poche righe, per evidenziare la grande libertà di Facebook che, sempre più, si sta mutando in un buttafuori virtuale di un circolo che di volta in volta diventa più o meno esclusivo.