Editoriale

Quella farsa tragicomica chiamata Esame di Stato

Non la definiscono più maturità forse perché di maturo c'è solo il degrado della scuola italiana e di gran parte dei suoi attori diretti e indiretti

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

aturità? Ma di chi?

Viene da chiedersi se l’esame di maturità, oltre e più che gli studenti (per i quali ora si usa la più asettica formula di “esami di stato”)  non dovrebbero farlo in diversi, prima di riversare la propria carica distruttiva sui ragazzi.

A partire dai “saggi”  (!!!???)  del ministero: queste entità strane e non meglio identificate, che ogni anno  si mettono a “cucinare” le prove da somministrare a docenti  e candidati.  Sarebbe opportuno fare a costoro un bell’esame, giusto per capire se capiscono qualcosa di dinamiche scolastiche, di programmi, di lezioni.

Possiamo disquisire sino alla nausea – e alla noia mortale – se, come e quanto la scuola italiana sia invecchiata. Tutto quel che si può dire è che sino ad adesso tutti o quasi i tentativi di riforma dal secondo dopoguerra a oggi non hanno fatto che peggiorare la situazione (riforma Gelmini compresa, anzi in prima posizione), tanto che se mai c’è da chiedersi con stupore come faccia il malato a esser ancora vivo.  Ma è un malato di cui, dichiarazioni demagogiche a parte, non importa nulla a nessuno: non produce moneta sonante, anzi costa.  C’è un piccolo particolare: dovrebbe produrre cervelli e garantire il futuro della nazione.  Ma un cervello pensante, specie per la classe politica odierna a tutte le latitudini, è peggio di una pantegana.  Quindi: si derattizzi e si elimini la scuola, tanto più cretini ci sono in giro e più possibilità ha questa democrazia fasulla di  tenersi in piedi e mantenere nel lusso i propri grotteschi boiardi.

Ma per tornare agli autori della tracce: quelle della prima prova di quest’anno hanno brillato per una grande assente:  la letteratura italiana. Forse i “saggi” del ministero non sanno che fra le istituzioni scolastiche sopravvivono ancora i licei, nei quali si fa appunto,  quella “ridicola e dannosa cosa che si chiama letteratura” , come la definì in un momento di sconforto Italo Svevo ( salvo poi ripensarci, per sfortuna di chi non ama la Coscienza di Zeno)  ma che in fondo è una delle poche cose che ancora ci impediscono di trasformarci del tutto in un gregge di pecore informatiche dedite esclusivamente al consumo di nozioni e informazioni globalizzate, indigeste e soprattutto non digerite.  Ed è veramente curioso un “ambito artistico letterario” in cui si parla molto di individuo e società di massa ma in chiave molto più sociologica che letteraria, mentre poi per il resto  si naufraga (tanto per cambiare) tra stato mercato e democrazia,un cocktail di omicidi politici male assortito e peggio assemblato, e per l’ambito tecnico scientifico quello che nel ministero della Pubblica Istruzione (e non solo) sembra essere il grande assente: il cervello.

I genitori: mamme, babbi, nonne, zie e pure il gatto di casa sull’orlo di una crisi di nervi. Il mammismo, altra piaga quanto mai purulenta dell’italico orbe, scatena i suoi tentacoli.  Sembra che i “bambini” e le “bambine” che sono tutti o quasi ormai con patente e diritto di voto (difficile dire quale delle due sia la iattura maggiore) debbano partire per il fronte e negli zaini invece di libri e vocabolari vi siano tende, moschetti e bombe a mano.   Vero è che certe stupidaggini che si sentono agli esami sono peggio di mine anti uomo, ma in quel caso le vittime sono piuttosto gli esaminatori …   E non è questione di ordine di scuola, istruzione, ceto sociale etc.: anzi, a volte i peggiori sono proprio professionisti, dirigenti e docenti di vari ordini e gradi, magari implacabili con i figli altrui, ma pronti a difendere la propria prole anche a colpi di avvocato se necessario …. E soprattutto quando del tutto superfluo, assurdo e indecoroso. Non è un atteggiamento generalizzato, ovviamente, ma sin troppo diffuso sì.

Docenti: galassia quanto mai variegata e variopinta. Ovviamente ci sono professionisti seri, convinti che l’esame sia tante volte il primo impegno importante per un giovane e cercano di abbinare serietà ed equilibrio,  mettendo lo studente a proprio agio ma senza fargli le coccole da un lato o mostrargli le tenaglie dall’altro. Né tate né aguzzini, insomma, e cercando soprattutto di capire quanto è stato proficuo per il giovane il corso di studi: non solo in termini di conoscenze ma anche di sicurezza di sé, capacità di muoversi, proprietà di linguaggio. Questo è, o dovrebbe essere, “maturità”.

Per fortuna è una categoria meno scarna di quel che si possa pensare, compresi tanti giovani precari guardati magari con assurdo “nonnismo” e sprezzante superiorità da parte di qualche collega che confonde il ruolo e l’anzianità di servizio con la qualità dell’insegnamento.  Purtroppo però, come in tutte le categorie, professionali e non,  c’è anche “altro”:

Frustrati: gente che magari ha collezionato un anno di pernacchie e sberleffi nella propria scuola e non sarebbe capace di tenere la disciplina  neppure  in una classe di educande monache di clausura . Di solito forniti di preparazione superficiale, si sentono in dovere di mettere sotto processo studenti, docenti, dirigenti scolastici e già che ci sono pure i custodi delle scuole che hanno la disgrazia di averli come commissari esterni.

Massaie: categoria altrettanto esiziale, frequente (in modo unisex) soprattutto tra i docenti  di materie letterarie. E’ gente che da dopo la tesi di Laurea, per solito, non ha scritto niente di più della lista della spesa e al massimo ha pubblicato il necrologio di qualche parente . Eppure, gente siffatta, per un triennio e poi come commissari d’esame, dovrebbe tanto per dirne una  insegnare agli studenti il “saggio breve” e “l’articolo di giornale”, per poi giudicarlo anche in sede d’esame.  Un po’, insomma, come chiedere a un radiologo di effettuare un’operazione chirurgica, tanto sempre di medicina si tratta.   Darebbero a tutti il massimo dei voti, perché si sa, ogni scarafone è bello a mamma sua e ogni somaro è un’aquila per  la sua fattoressa. 

Sessantottini in servizio permanente effettivo: sono quelli/e per cui non il sei politico è ampiamente superato: ora bisogna passare al sei e mezzo, meglio ancora se al sette e già che ci siamo anche all’otto. Come la sciagurata categoria precedente (ma per motivi diversi)  vorrebbero dare tutti voti “agli estrogeni”, con il risultato che poi, quando  i giovani geni sono davvero messi alla prova, si sgonfiano clamorosamente e spesso indecorosamente.  E’ incredibile la fantasia con cui cercano cavilli per” fertilizzanti”:  quello più  comune è che il candidato è un bravo ragazzo/a, quasi l’esame debba essere un certificato di buone maniere. Senza contare che la valutazione del percorso scolastico è data dal cosiddetto “credito” e dai voti di ammissione: il voto d’esame dovrebbe riguardare l’atto finale e basta. Certo, un minimo di considerazione alla persona e alla storia dello studente è legittima e pure auspicabile, ma non può diventare il fattore determinante: anche perché queste figure/i di solito non brillano per imparzialità e il loro criterio è spesso la simpatia o la tonalità di “rosso” che lo studente professa ….

E per chiudere in positivo, c’è poi una categoria particolarmente sfortunata, che potremmo definire “dei carrozzieri”. Sono quei disgraziati insegnanti che si trovano con classi  il cui livello medio è decisamente sotto quello del mare e che un disgraziato si trova a “ereditare” magari proprio all’ultimo anno da qualche collega fedifrago, emigrato verso lidi più fortunati.  Le cause della condizione di diffuso semianalfabetismo cronico  possono essere di vario genere e non è detto che siano sempre attribuibili ai ragazzi (anzi), anche se qualche “tonno” (per seguitar la metafora marina) avrebbe fatto meglio a farsi inscatolare in qualche altro ordine di scuola: inutile insistere con il liceo classico se non si riesce distinguere l’italiano dal cinese mandarino. In ogni modo in fondo ormai ci sono e bisogna cercare di fargli fare un esame almeno decoroso e senza …. sprofondare dalla vergogna. A volte, soprattutto quando non la colpa non è dei ragazzi, si hanno però risultati (e soddisfazioni) insperate.

Resterebbero gli studenti, ma qui all’alta fantasia manca la possa …. O ci vorrebbe un capitolo a parte.

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