Editoriale

An 2.0: la chance di ricominciare, la speranza di non tradire

I numeri darebbero ragione alla necessità di soggetti politici di destra separati ma contigui, i valori da conservare rendono indispensabile una ricostruzione

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

sondaggi – si sa – non sempre  “c’azzeccano”. Consensi che parevano inattaccabili sfarinano alla prova del voto. Maggioranze blindate vengono smentite dai fatti. 

Ciò premesso, con le dovute tare del caso, il recente sondaggio di Datamonitor, dedicato agli orientamenti degli elettori di centrodestra, non va sottovalutato, offrendo un’ulteriore, utile base di riflessione, in vista della rinascita (rimandata) di Forza Italia e della ricostruzione (auspicata) di Alleanza Nazionale. Sondaggi alla mano i due soggetti politici, per quanto ancora “virtuali”, raccoglierebbero 7.800.000 voti  F.I.  e 2.500.000 voti A.N.:  un aumento di ben 3.000.000 di consensi rispetto ai potenziali 7.300.000 che sceglierebbero il PdL. Significativo anche il recupero sull’area del non-voto, stimata, alle scorse elezioni politiche, al 22 per cento per il bacino di A.N. e al 30 per F.I.

In attesa di conoscere i tempi e le modalità della ricomposizione del quadro politico del centrodestra, il sondaggio di Datamonitor  offre qualcosa di più di una semplice “percezione”, peraltro riscontrabile tra gli elettori di centrodestra in generale e “di destra” in particolare.

Al di là di qualsiasi visione depoliticizzata, se non “qualunquista” (secondo cui i partiti e quindi le distinzioni, all’interno di una stessa coalizione, contano poco)  la domanda di identità è forte. In particolare da parte di chi ha sempre orgogliosamente rivendicato un’appartenenza ideale, non meramente programmatica.

E’ questo, al di là dei numeri elettorali, che pure contano, il “valore” dell’opzione A.N. 2.0, dalla quale occorre  ripartire, riprendendo consapevolezza del percorso compiuto,  individuando i reali “punti di forza”, rivendicando l’originalità delle proposte, fissando chiare “opzioni”.

Pensiamo all’idea di Patria, insieme alla ricchezza delle culture locali, al senso del Sacro, al valore del Bello. Consideriamo  questi elementi come i fattori costitutivi della nostra Storia, quella che ci parla agli angoli dei nostri borghi, dall’alto dei mille campanili, nelle piazze, nelle feste, nei riti dell’Italia profonda. E proviamo a mettere tutto questo patrimonio in confronto dialettico con la nostra realtà contemporanea: radicamento vs. spaesamento; pathos vs. disincanto; partecipazione vs. egoismo; comunità vs. burocrazia; sacro vs. materialismo; merito vs. egualitarismo; bellezza vs. degrado e così via. Vi troveremo più di un’ipotesi di lavoro, nel segno di un’idea politico-culturale, intorno alla quale avviare un confronto reale ed insieme una profonda opera di ricostruzione nazionale, che non può non passare da una  destra “ritrovata” nella sua essenza.

Nella misura in cui è inderogabile portare i problemi reali della gente al centro del confronto, passando finalmente dalla critica corrosiva ed antipolitica alle scelte “di sostanza” appare bene evidente come il ruolo di una rinnovata azione “di destra” possa diventare centrale ed aggregante rispetto al generale riposizionamento delle forze politiche. E ciò proprio a partire dai problemi, dalle risposte che essi realisticamente sollecitano, evitando ideologiche riproposizioni,  prendendo finalmente coscienza che il mondo, negli ultimi anni, è profondamente cambiato e che sono quindi urgenti risposte all’altezza dei nuovi scenari.

L’individualismo non basta, se poi si incrina il senso dello Stato, se si sfarina la burocrazia, se la corruzione dilaga, se la Scuola non riesce più a svolgere il suo ruolo primario, se la famiglia è in affanno. C’è bisogno di una nuova coesione sociale e di un nuovo “popolarismo”. E c’è ancora bisogno di un’idea di Patria coniugata con una visione non demagogica di giustizia sociale, con una ritrovata dignità popolare, che sia fatta di tradizioni ma anche di aspettative condivise, di reale partecipazione. 

Decisionismo, legalità, rigore, riforme, merito, partecipazione,  senso dello Stato, equità fiscale, giustizia sociale, identità nazionale, destini comuni, coesione, ruolo della famiglia: può essere questo il reale valore di un’ A.N. 2.0. 

Per ora si tratta di un’aspettativa, di uno “stato nascente”, segnato dalle discussioni on-line, dagli incontri che vengono organizzati in varie parti d’Italia, dalle domande della gente.  In tempi di bassa tensione politica ed ideale è già qualcosa. E’ un’ottima base di partenza.






 


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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da Gian Galeazzo il 15/07/2013 00:07:48

    Aldilà dei sondaggi e dei sondati ritengo improcrastinabile la costituzione di una rinnovata autentica formazione di destra nazionale. Purtroppo più che un'iniziativa autonoma (del tipo di quella che Veneziani assunse tempo fa) i contatti attualmente in corso rischiano di apparire imposti dall'imminente ritorno del PDL a Forza Italia secondo l'espresso e piuttosto arrogante desiderio di Berlusconi e dei suoi falchi. Con tanti saluti (o meglio con il più sovrano disinteresse) verso la componente ex AN che anche dopo la scissione Fini era rimasta in netta prevalenza all'interno del PDL. Ma l'esigenza di una vera componente di destra nella scena italiana, in una fase di drammatica crisi come la attuale, trascende le minute faccende partitiche. Parlare di semplice richiamo al senso di identità sarebbe riduttivo. La destra con i valori e le sensibilità che le sono propri deve ricostituire un luogo autonomo di confronto e di progettazione politica per dare i un apporto più significativo al tentativo di riscatto della Nazione italiana. Perchè non farlo in Forza Italia senza rischiare ? Semplice, perchè la destra non avrebbe la necessaria autonomia. Il bipolarismo non può essere posto in discussione, l'alleanza con Berlusconi deve essere accettata ma alleanza non significa sudditanza. Per dare il suo apporto originale la destra ha bisogno di maggiore autonomia. Quanta autonomia ? Almeno pari a quella che la Lega di Maroni sta esercitando in questo momento. E' verosimile che ripartiremmo dal 5 % ma non si dovrebbe disperare. Per quello che si sente in giro, buona parte dei non votanti delusi dalla politica non sono contrari alla destra.

  • Inserito da Franco il 10/07/2013 11:38:20

    A mio avviso il sondaggio é fasullo, e non per colpa dei sondaggisti ma dei "sondati". L'ipotetico soggetto di destra, al di là della condivione o meno degli ideali e degli idealismi, si schianterebbe con la realtà del "pane quitidiano" e con i "tradimenti ed abbandoni" degli ultimi 20 anni. Credo che i cittadini, gli elettori, a maggior ragione di area moderata, vogliano proposte serie e concrete e "personale politico" nuovo e diverso da quello che hanno visto all'opera e che si ripropone sotto nuove o diverse sigle pensando basti per richiamare il "perduto gregge". Credo una nuova e semplice riproposizione di una destra, mai stata perltro unita, non andrebbe oltre un 5% di consenso.

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