Editoriale

La Caporetto economica della maggiore industria italiana: i Beni culturali

Il ministero è alla canna del gas per insolvenza debiti, non esiste un piano industriale di sfruttamento dei nostro patrimonio e i sindaci ne approfittano svendendo ai privato alla faccia dei cittadini

Giovanni F.  Accolla

di Giovanni F.  Accolla

entre i sindaci delle grandi città d’arte italiane affittano un tanto al chilo o meglio, al metro quadro, i beni artistici delle loro città - Matteo Renzi sequestra Ponte Vecchio e lo trasforma in location per una festa della Ferrari, tanto per fare un esempio eloquente - la cultura, la più grande, forse l’unica risorsa italiana di sviluppo complessivo, ha il ministero deputato a gestirla e a promuoverla letteralmente alla “canna del gas”.  ll Ministero per i beni culturali rischia, infatti, quasi il tracollo economico per morosità e per il drastico taglio dei finanziamenti, al quale continua a essere sottoposto dai governi di ogni colore susseguitesi da ben oltre vent’anni.

Gli ultimi dati forniti dal ministro Bray sono drammaticamente emblematici: quasi 10 milioni di euro in meno rispetto al 2012 per le spese per interventi urgenti per le emergenze; una disponibilità per il “programma ordinario dei lavori pubblici” che passa dai 70,5 mln di euro del 2012 ai 47,6 mln del 2013 (nel 2004 erano 201 milioni), il sostegno dal gioco del Lotto che dai 48,4 mln di un anno fa, precipita ai 25,4 di quest'anno.

In tale desolante scenario, non c'è da stupirsi se i musei sospendono le aperture, se il Colosseo - per esempio - resta chiuso per una vertenza dei custodi, e se persino il ministero è costretto a chiedere un intervento straordinario al Tesoro per poter pagare bollette e canoni inevasi per un totale di 40 milioni.  “Le risorse relative alle principali programmazioni per l'esercizio dell'attività di tutela - si legge nel documento presentato dal ministro - hanno subito una riduzione del 58,2% passando da 276.636.141 a 115.632.030”.

Non è un allarme, è quasi un certificato di morte quello riassunto dal ministro Massimo Bray, nei dati inviati alle Camere a corredo delle linee guida del suo dicastero. Dieci pagine di tabelle in cui numeri e percentuali - tanto sono perentori - non hanno bisogno di commenti. Il bilancio del ministero, per iniziare, quest'anno è sceso a 1.546.779.172 euro, oltre 100 milioni di euro in meno rispetto a un anno fa, il 24% in meno se si prende in esame il 2008, quando la voce “previsione di spesa” segnava 2.037.446.020 di euro.

I tagli riguardano ora, come allora, tutti settori di intervento e tutte le voci di finanziamento: il fondo per le emergenze - in sintesi - ha subito una riduzione di oltre 58% rispetto al 2008, per le risorse per il programma ordinario di tutela del patrimonio la decurtazione è del 52% rispetto al 2008 e del 76% se si come rifermento il bilancio del 2004.

Neanche le entrate provenienti dal Lotto, come si diceva, fanno sperare un’ipotesi di incremento, anzi. Le somme programmabili per il 2013 ammontano ad appena 15.047.923,00 contro i 50,6 nel 2012. Qui il taglio in percentuale è del 71% rispetto al 2008 (134,7 mln di euro) e addirittura dell'81% rispetto al 2004.

Le conseguenze si vedono anche dalla ripartizione dei fondi: il restauro perde il 31% rispetto alla dotazione 2008 e per il 2013 può contare su soli 15.047.923,00 (erano 50,6 nel 2012).

Non c'è pace per gli Istituti culturali, quelli rimasti ancora in vita e in attività, si intende. Nelle riduzioni il sostegno del Mibac per questi scende a 14.670.000,00 (-18% rispetto al 2009). Al momento, poi, è previsto anche un  ampio taglio per il Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus), che con gli attuali 398.847.077,00  è in calo di quasi il 15% rispetto al 2009.

Lo stesso funzionamento del ministero è a rischio, visto che gli stanziamenti relativi, come si legge nella relazione di Bray, "ammontano complessivamente a circa 23 mln di euro per il 2013, a fronte di una esigenza di circa 50 mln, comprovata anche - si legge nelle tabelle - dalla recente ricognizione che ha evidenziato un debito per circa 40 mln di euro (già comunicati al ministero dell'economia e delle finanze per l'eventuale ripianamento) dovuti principalmente al mancato pagamento di utenze e canoni".

E non sembra affatto che ci attenda un futuro sia più roseo. E' un vero precipitare, un raschiare il fondo senza fine. Vien da chiedersi con quale faccia questo Governo, insidiatosi con sacrosanti proclami tutti incentrati sulla cultura come volano dello sviluppo economico complessivo della nazione e come motivo di incremento dell'occupazione giovanile, possa permette questo sfacelo. E c’è da chiedersi anche perché l’opposizione su questi temi latiti. La situazione generale sarà "ancora più critica a decorrere dal 2014, che presenta uno stanziamento di circa 14,5 mln, con un decremento pari ad oltre il 37%". Dulcis in fundo, l'emergenza personale per il quale rimane il blocco delle assunzioni in vigore fino al "riassorbimento dell'esubero di personale in I area- addetti ai servizi ausiliari (267 persone) e nell'area dirigenti (4)", rende quasi impossibile, anche sul piano operativo, una ripresa.

E se lo Stato pare abbia abbandonato i beni culturali e la cultura tutta al suo destino, gli enti locali, sindaci in testa, li stanno commercializzando come una qualsiasi merce di consumo. Con un atteggiamento di sudditanza rispetto ai privati, forse dettata da una impellente necessità economica, che li fa apparire  senza remore e privi di un qualsiasi autentica strategia o regia in chiave nazionale.

Di Firenze si è detto, ma vanno aggiunte le modelle di Scervino che hanno sfilato nella chiesa di Santo Stefano al ponte, i guerrieri masai a fare da coreografia, le cene goderecce e di gusto discutibile sul terrazzo sul terrazzo degli Uffizi. Medesimo spirito in tutta Italia. A Venezia, la Punta della Dogana è stata da tempo trasformata nella showroom personale di François Pinault, e l'anno scorso niente spazio per i veneziani, storicamente abituati a vedere in quel luogo i fuochi d'artificio per la Festa del Redentore, perché il miliardario francese, proprietario di Christie's (e ora anche di Loro Piana), dava una cena privata, in quello che in tutti i sensi è uno spazio pubblico. A Roma sulla sponsorizzazione di Della Valle per il restauro del Colosseo si sa tutto, ma meno si conosce quanto anche la Curia si stia attrezzando: don Alessio Geretti, sacerdote organizzatore di mostre assai vicino al cardinal Bertone, per esempio, da tempo celebra numerose serate mondane a pagamento alla Galleria Borghese. A Napoli, l’affitto di spazi pubblici avviene in chiave nazional-popolare. Piazza Plebiscito è stata recintata e resa accessibile solo a pagamento per il concerto di Bruce Springsteen, tra polemiche di ogni specie.

Si chiede ora l’intervento dei privati, ma senza una disciplina che ne armonizzi i rapporti con lo Stato e con la Pubblica amministrazione, rea - a dire il vero - di una totale incapacità di fare sistema al suo interno.  Ci sarebbe forse bisogno di un nuovo patto tra le parti, ma la politica purtroppo non riesce ad esserne il garante, né è capace, al momento, di sviluppare un piano nazionale e quindi di internazionalizzazione, per rendere l’unica, forse ultima nostra risorsa, la piattaforma economica, occupazionale e di promozione complessiva dalla quale ripartire. Perché con la cultura non solo ci si mangia, ma si fa sviluppo e anche politica estera qualificata.

Il prossimo governo (perché questo, purtroppo, pare abbia già mostrato di non avere la forza di dare un’autentica discontinuità con il passato), personalmente, lo valuterò da quanto saprà mettere in campo e da quanto scommetterà su questo tema. Il resto saranno chiacchiere. Al solito.

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.