Anno lunare 1434, mese di Ramadan

Il mese in cui tacciono le armi. Dovrebbero. E' stato così in antico, fino all'altro ieri, ad ieri, a prima

a Democrazia da noi concepita è un'idea alta, molto alta. E' lontana meta da raggiungere. E' evoluzione di un popolo

di Marika Guerrini

Il mese in cui tacciono le armi. Dovrebbero. E' stato così in antico, fino all'altro ieri, ad ieri, a prima

Anno lunare 1434, mese di Ramadan.

E' iniziato in quest'alba del 9 luglio e la parola non si traduce con, digiuno, come per lo più l'occidente dice, scrive, ma è nome a sé che, probabilmente ha a che vedere con l'elemento del calore. Calore terreno indirizzato al divino. Ed è nel mese di Ramadan la notte della Rivelazione, quella del 16, la notte in cui il cielo si apre e in una via di luce gli angeli  vanno avanti e indietro tra cielo e terra, così,  fino alle prime luci dell'aurora. E' la luminosa notte della serenità. 

E' il tempo della messa alla prova di se stessi Ramadan, tempo di autocontrollo, di superamento dell'istintività insita nella natura umana. E autocontrollo include l'astensione da ogni cibo dai primi bagliori dell'alba al tuffarsi della luce nel tramonto, al canto di chiusura del muezzin. Autocontrollo è svincolarsi dalle brame, è castità, è sciogliersi dai vincoli degli appetiti carnali. I bambini, puri in sé, non ne hanno bisogno, così le donne gravide o in giorni di fragilità fisica. E non ne hanno bisogno gli affetti da patologie del corpo come della mente. Già provati dalla vita vengono dispensati da ulteriore prova.

Ramadan è il mese in cui tacciono le armi. Dovrebbero. E' stato così in antico, fino all'altro ieri, ad ieri, a prima. Ora, in quest'anno lunare 1434, come nel 1433, come nel 1432 e andando indietro di anni ormai, le armi non hanno taciuto, non tacciono, non più.

In Siria, Turchia, Libano. Egitto, per limitarci a questo Mare Nostrum che è anche loro, oggi hanno fatto fragore.

E' sul punto di deflagrare la guerra in Egitto. L'Egitto potrebbe seguire la Siria. Lo farà se non s'arrende al disegno tracciato in altro loco, messo in atto in loco. Solito disegno stantio: divide et impera.   
E gli elementi sono gemelli di elementi altrui, altrove. E le dinamiche, fotocopie di dinamiche altrui, altrove. Le città hanno perso identità. Le piazze, le vie sono specchio della non identità di quelle stesse città che l'hanno persa. E i volti, i volti che riempiono le piazze, le vie della non identità, sono maschere di volti affogati nella rabbia, nel dolore, nella disperazione. E maschere di volti s'accalcano alle telecamere, s'affacciano al mondo "civile", alla sua curiosità. E il mondo civile sta a guardare quando la guerra internazionale che flagella la Siria da un tempo che s'è fatto troppo, quando, quanto dilaghi.

E i particolari, come sempre danno la chiave. Così la strage di ieri, lì, al Cairo, dinanzi al quartier generale della Guardia Repubblicana, il luogo dov'è trattenuto agli arresti il deposto Mohammad Morsi. A detta dell'esercito, anti Morsi, strage in risposta ad attacco terroristico, azione non prevista, non voluta. A detta dei Fratelli Musulmani, pro Morsi, azione di guerra compiuta all'alba dall'esercito su uomini donne bambini pacificamente dimostranti in un sit-in. Vittime 77 o 55, non s'è capito, feriti 500 circa, s'è capito. Sette donne, otto bambini, due erano neonati. S'è capito.

E quel che s'è capito perché visto, mandato in onda dalla ripresa satellitare di al-Jazeera, è che i colpi sui corpi defunti sono alla testa. al collo, al petto. Vuol dire spari dall'alto, vuol dire cecchini, vuol dire azione studiata, voluta.
Sì, il particolare fa la differenza, differenza con la Siria. L'esercito siriano risponde agli ordini del capo di Stato. L'esercito egiziano è golpista, risponde agli ordini di chi? Di se stesso? Soltanto? L'esercito egiziano è economicamente indipendente dallo Stato. L'esercito egiziano lo scorso maggio ha ricevuto 1 miliardo di dollari da Washington, la parte di quest'anno. Troviamo un consiglio sul Wall Street Journal, un consiglio per il popolo egiziano, per la propria felicità: permettere ai propri generali di agire come Pinochet che, assumendo il potere nel caos, nominò dei riformatori per: "... creare un libero mercato e portare il paese verso la democrazia". E qui il particolare parla. E il libero mercato canta. E molto. Mentre alla Democrazia non crediamo, da tanto ormai. 

Non crediamo se odora di zolfo, ha fragore di tuono e si tinge di rosso. Men che meno se suggerita, sponsorizzata dagli States, oltre che esportata perché trabocca di zolfo, tuono e rosso. La Democrazia da noi concepita è un'idea alta, molto alta. E' lontana meta da raggiungere. E' evoluzione di un popolo.  E' superamento dei limiti per un'armonia di popolo. Superamento che parte dall'autocontrollo. E in questo ricorda il Ramadan. Ancora non è degli uomini. Forse.

 

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