Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
assata la manifestazione in Via del Plebiscito, smontato il palco, riavvolte le bandiere, reso l’onore delle armi a Silvio Berlusconi, a quale prospettiva politica vuole lavorare il centrodestra per non essere travolto dalle vicende giudiziarie del proprio leader?
Per quanto partecipata, ma oggettivamente non più di tanto, la “chiamata alle armi” dell’ “Esercito di Berlusconi” non è andata oltre il puro e semplice appello ai sentimenti. Gli inni, le bandiere, gli slogan appartengono al livello emozionale dell’agire politico. Così come i “dolori” di Berlusconi, il suo abbraccio paterno, le sue angosce, espresse, insieme alla propria innocenza, alla folla, radunata di fronte alla sua abitazione romana.
Al di là della scontata difesa del Cavaliere, del richiamo alla sua figura di contribuente, dei suoi 41 processi, degli attacchi verso il regime dei magistrati, dell’elogio dei partiti della Prima Repubblica, stroncati – secondo Berlusconi - più che dalla loro congenita corruzione dalle trame oscure dei togati in rosso, le prospettive politiche del centrodestra appaiono nebulose. Tanto più, vista la dichiarazione di fedeltà nei confronti del governo delle “larghe intese”, che lega il PdL alle scelte del Quirinale, prima ancora che a quelle di Enrico Letta e del Pd, e che, in attesa dell’auspicata “riforma della giustizia”, lo tiene sotto scacco.
La stessa scelta di volere unire i destini politici del partito a quelli personali del proprio leader espone il PdL ad un’inevitabile usura.
Se l’idea dell’uomo-solo-al-comando, incarnata da Berlusconi e condivisa dal gruppo dirigente del PdL, è stata, nel passato, il più grande limite del centrodestra, con evidenti ricadute negative sul territorio, sulla selezione del personale politico e sulle sfide elettorali amministrative, legare, oggi, l’insieme di una battaglia politica ad una sentenza passata in giudicato rischia di trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Intanto perché la condanna – per quanto considerata sbagliata – rimane e, a meno di improbabili “colpi di spugna”, pesa e peserà sulla tenuta, anche psicologica, del popolo di centrodestra.
E poi perché la stessa struttura-partito, “debole” per scelta e vocazione, non sembra essere capace di reggere una lotta di lunga durata, appesantita com’è dalle tante delusioni politiche accumulate in questi anni, delusioni che – non dimentichiamolo – hanno portato il PdL a perdere, alle ultime elezioni politiche, quasi sei milioni di voti rispetto al 2008.
L’emozione per il “martirio” di Berlusconi può invertire la tendenza? O piuttosto sono ben altri i temi ed i problemi verso i quali gli italiani, anche vicini al centrodestra, vorrebbero una maggiore attenzione? E che dire della completa mancanza di dibattito interno e di autocritica da parte dei vertici pidiellini? I vent’anni dalla prima “discesa in campo” possono essere archiviati senza un minimo di valutazione sulle cose fatte e su quelle mancate, nel nome del “ritorno alle origini”, del marchio-salvagente di Forza Italia ?
Al di là degli aspetti emozionali, legati alla manifestazione di Via del Plebiscito, sono molti – come si vede – i nodi non sciolti con cui il centrodestra dovrà fare i conti, non ultima la disaffezione degli italiani, di tutti gli italiani, verso i partiti e la domanda di discontinuità rispetto ad usurati modelli politici.
Storia non nuova, a ben guardare, che ricorda quanto avvenne tra il 1993 ed il 1994, gli anni della “discesa in campo” del Cavaliere. Allora c’era un “vuoto da riempire”, in termini politici e “di valori”, che Berlusconi riuscì a cogliere e ad occupare. Oggi il “contesto” seppure mutato appare percorso da un’analoga domanda di cambiamento. Con una differenza non di poco conto: il Berlusconi di oggi, sentenze o meno, non è più quello di allora. E gli italiani sembrano essersene accorti.
Inserito da ghorio il 05/08/2013 17:03:23
A furia di annunciare sfide poi il centrodestra si trova sempre "vedovo". Diciamo la verità: i politici alla moda di centrodestra sono da vent'anni "Berlusconi dipendenti", senza , per il vero, nessuna delle rivoluzioni annunciate.
Inserito da stefano o il 05/08/2013 14:20:55
Questa può essere l'occasione per creare un vero centro-destra, che possibilmente non sia personalistico. Non dico di liberarsi di Berlusconi in malo modo, né tantomeno di rinnegarlo, ma solo dando un taglio netto a questa storia sarà possibile in futuro non essere tacciati di essere una mera prosecuzione del berlusconismo (questa parola non mi piace, ma la uso per capirci). Insomma non dobbiamo aspettare ulteriori "strazi" giudiziari: il centro-destra dovrebbe chiudere adesso con Berlusconi, anche se capisco che non è facile stabilire le modalità di questo "taglio". Berlusconi, volontariamente o meno, e con tutti gli "effetti collaterali" del caso, ha comunque fatto emergere a livello politico un corpo elettorale e sociale che non deve essere diviso e abbandonato. Qualunque sia la configurazione futura del cosiddetto centro-destra, l'importante è che si dia voce a questa gente (prevalentemente la più produttiva del paese), facendo finalmente qualcosa di destra, intendendo per destra quello che viene inteso in tutte le altre nazioni progredite: la riduzione del perimetro dello Stato, e conseguentemente la difesa dell'individuo (non soltanto a livello economico, ma anche a livello religioso, culturale, ecc.), lasciando alla sinistra la bandiera dello statalismo.
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